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ACLI TRENTINE – COORDINAMENTO DONNE * “LAVORARE DIS/PARI“: « SEGNALÀTI 83 CASI PROBLEMATICI NEI PRIMI MESI 2023, ALLO SPORTELLO PROMOSSO DALLA PAT »

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14.44 - mercoledì 24 maggio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Quando il lavoro è dispari. Guardando alla situazione del lavoro femminile e alla condizione della donna nella cosiddetta società della precarietà e della flessibilità, è tornata in auge la parola “rivoluzione”. Il termine è stato evocato da Chiara Volpato, responsabile del Coordinamento Nazionale Donne delle ACLI nel corso della conferenza di presentazione del rapporto “Lavorare dis/pari, un’indagine sulla disparità salariale di genere” promossa nell’ambito degli “Approfondimenti di primavera”.

La conferenza si è svolta ieri sera per iniziativa del Coordinamento Donne Acli Trentine presso la sala del Vigilianum di Trento.
Il messaggio di Chiara Volpato è stato chiaro e perentorio: così come si presenta il mondo del lavoro è contrassegnato da profonde ingiustizie che vedono la donna in una posizione svantaggiata e penalizzante rispetto ai maschi. Il problema, evidenziato dall’interessante indagine promossa dall’Area lavoro e dal Coordinamento Donne delle ACLI nazionali, riguarda lo svantaggio retributivi di genere (Gender Pay Gap) che si verifica quando le donne guadagnano meno rispetto agli uomini pur svolgendo le stesse mansioni. Il fenomeno, questo il dato sconcertante messo in evidenza dall’iniziativa aclista, è molto più diffuso di quello che si pensa anche perché si intreccia con altre forme di discriminazione ed ingiustizia che colpiscono le donne più povere e meno garantite ad iniziare dalle immigrate.

Come portare in superficie un fenomeno dilagante? L’indagine delle ACLI ha scoperchiato una situazione di sfruttamento, prevaricazione ed ingiustizia sociale che colpisce milioni di lavoratrici in Italia e nel mondo. Una situazione insostenibile che spesso travalica in veri e propri ricatti e soprusi salariali e nella totale mancanza di rispetto dei diritti della donna per quanto riguarda la maternità e l’integrazione sociale. L’immagine che emerge è pertanto quella di una società che ha ridotto il lavoro a merce senza considerazione per la persona, per la famiglia e per le relazioni. Una situazione che, sempre secondo Chiara Volpato, necessita di una nuova iniziativa anche da parte delle ACLI. Per questo il Coordinamento Donne trentino ha accolto la proposta della coordinatrice nazionale di promuovere, in occasione del prossimo Festival dell’economia, un momento di approfondimento, conoscenza e dibattito sulle tematiche connesse alla disparità salariale di genere. Un’iniziativa che potrà accompagnarsi da un intervento continuativo del Coordinamento anche in sintonia e collaborazione con altre associazioni e organizzazioni del lavoro che operano in provincia di Trento.

Creare cultura e politiche per umanizzare il lavoro e la società. Nel mondo, secondo il World Economic Forum, se un uomo guadagna 100 la donna si ferma al 67% del suo stipendio: è questa la media globale della discriminazione salariale di genere. Il tema è entrato da alcuni anni nell’agenda della politica con la legge nazionale N° 162 del 2021 che di fatto vieta queste forme di discriminazione anche se la normativa ha bisogno di essere applicata con coerenza, finanziamenti ed azioni molto più concrete.
I dati riferiti alla situazione italiana sono stati presentati da Federica Volpi, coordinatrice della ricerca realizzata attraverso la somministrazione in tutta la penisola di questionari presso di servizi aclisti di CAF e Patronato. I risultati evidenziano una realtà davvero preoccupante: la discriminazione in Italia raggiunge la media del 36% con punte che arrivano addirittura al 45% nelle libere professioni.

Le conseguenze sono pertanto l’esposizione della donna a rischi sempre più evidenti alla povertà, specie in età matura. Tutto questo è all’origine della discriminazione pensionistica in quanto, non potendo ottemperare ad adeguati livelli previdenziali, la donna si troverà penalizzata al termine della carriera lavorativa. Questa situazione è infine destinata a riversarsi in maniera negativa anche sul bilancio dello Stato in quanto, mancando le risorse contributive femminili, viene meno anche la possibilità di finanziare il sistema pensionistico generale in favore delle future generazioni.

Fatto 100 il numero delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti in Italia, le donne sono in maggioranza nelle fasce meno retribuite e garantite, vale dire in quelle categorie a rischio povertà. Per i redditi che non arrivano a 9.000 euro l’anno le lavoratrici si attestano sulla percentuale del 19,2%, mentre i lavoratori non superano il 6%. Nella fascia dagli 11.000 ai 15.000 euro annui, le femmine arrivano al 21,7% e i maschi al 18,5% a conferma della posizione svantaggiata della donna anche dal punto di vista economico. Questo significa che il mondo femminile si trova più esposto alla perdita di autonomia ed indipendenza economica e quindi maggiormente esposto a rischi di ricatto contrattuale e lavoro nero.

Un aumento preoccupante delle discriminazioni e delle povertà. La situazione non è poi tanto diversa in Trentino, come testimoniato dalla relazione di Matteo Borzaga, Consigliere di parità nel lavoro per la Provincia autonoma di Trento. Presso lo sportello legale gratuito promosso dalla PAT sono stati affrontati nell’ultimo anno 109 casi legati a problemi di conciliazione fra vita lavorativa e famiglia, flessibilità, precarietà e mobbing con un aumento del 28% rispetto al 2021. Il dato preoccupante riguarda quindi l’aumento delle richieste di intervento e di mediazione se pensiamo che nei primi mesi dell’anno sono stati già segnalati ben 83 casi problematici.

Di lavoro povero delle donne ha parlato infine Paola Bassetti che per la CGIL segue la FILCAMS, la categoria dei lavoratori del commercio, turismo e servizi. Bassetti ha parlato di “part time involontario”, di “povertà legalizzata” e di “tempo pieno forzato” in riferimento ai diversi casi di assenza di diritti e di sfruttamento della donna in questi settori. «In molti casi – ha spiegato Bassetti – ci si trova di fronte a persone con una retribuzione lorda di 7 euro l’ora e un salario che non supera i 400 euro, con un’evidente esposizione al ricatto e al lavoro nero».

Su queste tematiche le ACLI dovranno intervenire, hanno concluso la responsabile del Coordinamento Donne Acli Donatella Lucian e il Presidente Luca Oliver, creando un laboratorio di proposte utili alla conoscenza del fenomeno e al miglioramento delle condizioni lavorative di tutte le donne.

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