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L'INTERVISTA

INTERVISTA “OPINIONE” A LORENZO DELLAI * FOCUS SU: « PATT / FUGATTI / GRISENTI / CAMPOBASE / AMMINISTRATIVE 2023 / AUTONOMIA / COMMISSIONE 12 / CONTRIBUTI COMUNI CONFINE »

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08.08 - domenica 13 novembre 2022

Di Luca Franceschi

 

1) PATT – PARTITO AUTONOMISTA TRENTINO TIROLESE

Presidente Dellai, il Partito autonomista trentino tirolese potrà ancora condizionare gli equilibri destra-sinistra, data la forte crescita anche locale di FdI e l’abbandono di Dallapiccola e Demagri?

Non voglio mettere becco nelle vicende interne di un partito che non è il mio.
Osservo tuttavia che il tema oggi non mi pare più quanto un partito può “condizionare” gli uni o gli altri, ma in che modo partecipa alla costruzione di una proposta politica e di governo di lungo periodo.
Se non si vuole finire nell’angolo angusto della pura tattica, con il clima di forte mobilità del voto e di trasformazione della politica, nessuno può più credersi “ago della bilancia”. Tutte le forze politiche e le tradizioni culturali sono chiamate a costruire, con trasparenza e generosità, progetti solidi ed innovativi, capaci di proporre credibilmente ai trentini un nuovo ciclo dell’Autonomia. Non congetture tattiche.
Il tema riguarda tutti, anche il PATT.

 

 

2) AREA AUTONOMISTA

Onorevole Dellai, si nota un certo affollamento attorno alle Stelle alpine, sia di fuorusciti che di nuove aggregazioni. Lei come vede questa strutturazione al centro centro-autonomista?

Penso che il “centro” (per usare questa allocuzione invero piuttosto consumata) non sia il luogo di chi alza bandierine centriste, ma quello di chi riesce a guidare i processi politici secondo i due capisaldi tipici della storia del Centro: visione evolutiva della democrazia, della società e della politica da un lato e capacità di inclusione, di mediazione “in avanti”, di gestione non massimalista e demagogica delle istanze e delle esigenze della comunità. Questa attitudine è ciò che differenzia la vera “cultura del Centro” dalla fugace apparizione dei vari “centrini” autoreferenziali che via via nascono e muoiono ormai ricorrentemente dopo la fine della Prima Repubblica.

Quanto alla bandiera dell’Autonomia, stiamo attenti che non diventi né una specie di coccarda di comodo che ciascuno si mette al bavero nelle campagne elettorali, né un vessillo che qualcuno pretende di issare in modo esclusivo e “proprietario”.

In Trentino abbiamo una pluralità di culture politiche che hanno costruito, servito e onorato la nostra Speciale Autonomia, anche con idee e percorsi anomali rispetto alle appartenenze nazionali. Cito per tutti Bruno Kessler, di cultura popolare e democristiana, fautore indiscutibile del progetto autonomistico, assieme a Alcide Degasperi, Flaminio Piccoli ed agli esponenti di quella tradizione, nella quale mi sono riconosciuto e mi riconosco. Così come posso citare altri personaggi della cultura laica e di sinistra.

In questo mix di culture politiche fondatrici del pensiero autonomistico vi è senz’altro anche quella di derivazione “asarina” (chiamiamola del “radicalismo autonomista”), che il Patt ha inteso ereditare e che ha una importanza non certo marginale.

Ho avuto l’onore di guidare una lunga fase di Governo della Provincia Autonoma con gli esponenti di questa tradizione, dopo che, proprio nel rapporto con la Margherita Trentina e con il centro sinistra, il Patt aveva ritrovato se stesso ed anche – proprio attraverso questa esperienza – una fratellanza, che si era interrotta, con gli amici della Svp.

Tocca al Patt decidere se proseguire questo cammino comune delle tradizioni autonomistiche trentine oppure no. Il cammino di queste culture comunque non si può interrompere e andrà avanti con chi ha la voglia ed il coraggio di starci.

 

 

3) PROGETTO TRENTINO

Lei conosce bene, anche per il suo passato di Presidente della Provincia di Trento, Silvano Grisenti: come pensa che si posizionerà in occasione della amministrative 2023?

Con Silvano Grisenti ho fatto un lungo e positivo cammino politico e di governo (in Comune di Trento ed in Provincia). È stato per me – in quei periodi – un compagno di strada prezioso. Per questo gli sono molto grato.
Poi, purtroppo, le strade si sono separate, per varie ragioni, politiche e non politiche.
Non ho la più pallida idea di ciò che Progetto Trentino intenda fare. So quello che leggo e sento in giro.
Mi pare comunque che, ad oggi, Progetto Trentino (così come altri movimenti attorno ai quali si fonderebbe la suggestione del “centro/centro autonomista” di cui alla Sua precedente domanda) sia saldamente ancorato alla maggioranza che sostiene la Giunta Fugatti. E che, dunque, si ponga in una prospettiva di sostanziale continuità, non certo di alternativa. Non è la prospettiva di Campobase e della Alleanza Democratica per l’Autonomia.

 

 

4) AMMINISTRATIVE 2023: QUALI LEADER?

Presidente Dellai, lei scorge “nomi” autorevoli per assumere la candidatura di presidente della Provincia, sia nel campo della destra che nella sinistra?

Per quanto riguarda la Destra, mi pare che tutte le congetture attorno alla eventuale non ricandidatura del Presidente Fugatti siano più che altro tattiche per accrescere le posizioni di influenza dentro una coalizione di Destra che sarà unita anche nel 2023. Ma non è il mio campo, dunque mi limito a questa valutazione.
Quanto al candidato di Alleanza Democratica per l’Autonomia, credo che non ci saranno insuperabili problemi, al netto delle ovvie difficoltà nel ricercare una sintesi magari tra proposte diverse. Del resto, la leadership – se tale è – emerge di suo. Non è il frutto di un “concorso per titoli ed esami”. In larga parte, la leadership è di chi ha le idee, il carisma e la forza di convincere, in una logica inclusiva e plurale.
L’importante è non metterci mesi; non affidarsi al mantra illogico (in questa situazione) delle primarie; non far prevalere le pur legittime diatribe interne ai singoli partiti sul bene superiore di una possibile proposta competitiva e credibile per la maggioranza degli elettori. La Politica ha questo compito, sopratutto in tempi come questi. Con la lungimiranza e la generosità che servono. E poi, ovviamente, è importante che chi sarà riconosciuto come leader abbia doti di capacità ma anche di “empatia” con la comunità. Appunto, non è un “concorso per titoli ed esami”, ma una battaglia politica che deve da subito dare prospettive e speranze ad una Comunità Autonoma sul ciglio di una fase pericolosa di involuzione e di sfiducia nel valore stesso della sua Speciale Autonomia.

 

 

5) AUTONOMIA OGGI

Reputa che dai tempi nei quali lei e Durnwalder (era il 2009) vi occupavate dell’Accordo di Milano, l’autonomia si sia rafforzata o meno? Conferma che da allora vi siano state maggiori competenze con minori dotazioni finanziarie con compressione della Finanza derivata?

L’Autonomia è storia di negoziati e di accordi, anche difficili. È storia “pattizia”.
L’Accordo di Milano è dentro questa storia. Lo Stato era alle prese con una drammatica crisi fiscale e con lo Stato le due Province Autonome hanno fatto una intesa di interesse reciproco. Hanno ottenuto il pagamento dei crediti arretrati (Roma ci doveva più di 3 miliardi di Euro e non intendeva darceli: invece sono state poi le entrate che hanno sostenuto i bilanci provinciali per una decina di anni); hanno visto garantite le devoluzioni dei 9 decimi dei gettiti statali su imposte prima riservate totalmente a Roma ed un meccanismo di garanzia per il gettito IVA riscosso fuori provincia; hanno ottenuto – in alternativa ad una ulteriore diminuzione delle risorse – alcune deleghe di funzioni a proprio carico, che hanno rinforzato enormemente il profilo istituzionale dell’Autonomia. Si pensi solo, per Trento, a quella relativa all’Università. Ed altro ancora, come ad esempio il principio – poi non più sviluppato – di una intesa tra Ministro delle Finanze e Presidenti delle Province Autonome per la definizione degli obbiettivi della attività di verifica sul territorio da parte della Agenzia delle Entrate.
Le due Province Autonome, per contro, hanno rinunciato ad entrate (solo teoriche, peraltro, diciamolo sottovoce) relative a gettiti non più considerabili come “territoriali” (ad esempio l’IVA all’importazione) e alla partecipazione alle Leggi Statali di settore (se si è autonomi anche finanziariamente, non si compete con le altre Regioni Ordinarie per spartirsi i fondi statali di settore: principio che vedo oggi, con mio grande sgomento, violato in molte circostanze).
Poi, come tutti gli Accordi, anche quello di Milano ovviamente ha dovuto essere adeguato nel tempo alle nuove situazioni: ma resta una pietra miliare sulla strada di una Autonomia sempre più responsabile e matura.

 

 

6) COMMISSIONE DEI DODICI

Come ex Presidente di Regione e Provincia e parlamentare, ritiene che la Commissione dei Dodici potrà assumere un maggior ruolo istituzionale per consolidare i rapporti tra Trento e Bolzano e la Capitale? Se sì, come?

Dovrà avere, spero, un ruolo sempre più centrale. Le Norme di Attuazione dello Statuto sono essenziali non solo per “attuare” concretamente le previsioni statutarie, ma per ampliare le funzioni di autogoverno, oltre la lettera dello Statuto, come è stato anche nel passato, secondo una visione dinamica e tendenzialmente integrale della nostra Autonomia. Esse servono oggi sopratutto per tutelare le competenze statutarie di fronte al pericolo della loro erosione ad opera di un sistema giuridico europeo e nazionale che – in alcuni campi trasversali come il coordinamento della finanza pubblica, la concorrenza, gli aiuti di stato, l’ambiente – tende a stabilire regole assolute e comuni senza distinguere la specificità dei territori di montagna come il nostro. È la vera partita autonomistica del prossimo futuro.

 

 

7) CONTRIBUTI COMUNI CONFINANTI

Ad oggi ha ancora senso concepire che la Provincia autonoma di Trento sia il “bancomat” dei comuni confinanti con il Veneto e la Lombardia ?

Non è affatto così. Non esiste alcun “bancomat”. E mi meraviglio che qualche esponente della Giunta Provinciale sia uscito con dichiarazioni che dimostrano una scarsa conoscenza delle cose e servono solo a far crescere l’ostilità dei territori veneti e lombardi di confine verso la nostra Autonomia.
Gli 80 milioni all’anno che Trento e Bolzano mettono nel Fondo per i Comuni di confine non sono “soldi nostri”. Sono una parte dei soldi che nell’Accordo di Milano le due Province si sono impegnate a dare allo Stato in base al compromesso di cui dicevo prima. Solo che Roma, in base all’Accordo, non li può usare nel “calderone” della finanza statale: li deve usare a favore delle aree di confine tra Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige/Südtirol. Cosa che dovremmo rivendicare nei confronti dei nostri amici confinanti, ancora troppo spesso poco propensi a capire le nostre ragioni.
Tutto era nato dall’Accordo tra me e l’allora collega Galan del 2007, quando sottoscrivemmo il Patto tra Trentino e Veneto, a fronte dello stillicidio di Referendum comunali per il passaggio a Trento, anche da parte di Comuni che non avevano alcun motivo storico per farlo.
Ciò stava creando una pressione ostile verso di noi, anche in quotidiane iniziative mediatiche nazionali all’insegna del mantra della “ormai insopportabile forma di privilegio di Trento e Bolzano”. Stabilimmo con legge un fondo comune (10 milioni noi e 4 il Veneto) per finanziare progetti di infrastrutturali e di sviluppo locale a favore delle aree di confine Veneto-Trentino. Con l’obbligo che fossero progetti di interesse “comune”: per far sì che la linea di confine diventasse occasione di cooperazione e di sviluppo condiviso e non di inimicizia.
Nel 2009 questa iniziativa – soprattutto su spinta dell’allora sottosegretario Brancher – fu messa a sistema (anche per Bolzano e per il versante lombardo) come parte dell’Accordo di Milano.

 

… Adesso però alcuni Trentini lamentano forme di concorrenza, quasi che i territori privilegiati siano ora quelli veneti di confine…

Li capisco benissimo. Infatti, nel frattempo, da un lato la Provincia di Trento ha molto diminuito le disponibilità sui Fondi di investimento liberi per i Comuni Trentini e, dall’altro, il Fondo Comuni di Confine ha preso una direzione diversa, a mio parere sbagliata.
In un primo tempo, la logica era quella di progetti si sviluppo locale veramente di “interesse comune”. Cito solo qualche esempio: la galleria tra Magasa/Valvestino e le Giudicarie; la pista ciclabile attorno al Lago di Garda; la sistemazione della viabilità tra Primolano ed il Primiero (giustamente ricordata in questi giorni dal Sindaco di Sovramonte).
Dal 2014 in poi, su spinta dello Stato e di qualche territorio veneto, le cose sono cambiate anche sul piano regolamentate. Si è stabilito un “sottofondo” di 500.000 Euro all’anno per ognuno dei 48 Comuni confinanti, utilizzabile per opere “locali”.
Ed anche per quanto riguarda la parte rimanente del Fondo (quella riservata ad iniziative teoricamente di sistema sovra regionale) le procedure decise e le spinte politiche “di bottega” non hanno consentito di far prevalere la logica dell’interesse strategico comune. Ognuno ha fatto i suoi progetti senza nessuna condivisione. È stato ed è un grande errore. Una occasione perduta.
Anziché reclamare la soppressione del Fondo (comunque quei soldi non tornerebbero in ogni caso alle due Province Autonome, come spiegato prima), scatenando la polemica ai nostri confini, una polemica assurda e inutile, della quale proprio adesso non abbiamo proprio bisogno, sarebbe meglio che Trento e Bolzano lavorassero per ripristinare lo spirito originario di questa intesa con lo Stato.
Oltretutto ci sarebbero tante partite “sui confini” con Veneto e Lombardia che potrebbero essere rilanciate anche (parzialmente) attraverso lo strumento del Fondo.
C’era quella delle Olimpiadi invernali. Ci sarebbero quelle dei Passi del Tonale e dello Stelvio. Quella della Marmolada. Quella del Parco dello Stelvio, dopo la Norma di Attuazione che ne ha cambiato la natura istituzionale, chiamando in causa direttamente le responsabilità di Trento, Bolzano e Milano. Temi, voglio dire, di portata strutturale e di vero comune interesse per le aree di montagna a scavalco dei confini.
Servirebbe però una strategia politica, non una mera lagnanza di bottega.

 

9) IL RUOLO DI LORENZO DELLAI?

Che ruolo ambisce ad avere nella futura politica trentina?

Sento il dovere di restituire almeno in parte il grande onore ricevuto dalla Comunità in tanti anni di attività politica ai vertici delle nostre Istituzioni.
Sono preoccupato per l’abbassamento generale del tono e della qualità della Politica proprio in una fase storica così carica di insidie e di sfide per la nostra Autonomia.
Per questo ho promosso con altre persone una Scuola (non di partito) di Formazione Politica per Giovani (“Codice Sorgente”, ormai alle soglie del quarto anno di attività).
Per questo, ancora, da “pensionato attivo”, mi sforzo di essere uno dei preparatori atletici di una nuova squadra che possa recuperare un “senso” ed una competitività di sistema per la nostra Autonomia. È un dovere che noi “vecchi” protagonisti della politica trentina dobbiamo tutti avvertire, senza invadenze improprie o ridicole suggestioni di ritorni, ma anche senza fughe dalle nostre responsabilità.

 

 

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PROFILO LORENZO DELLAI (da Wikipedia)

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Biografia

 

Sindaco di Trento
Dopo le elezioni amministrative del 1990, Dellai è stato eletto sindaco di Trento, alla guida di una coalizione che comprendeva Democrazia Cristiana, Partito Socialista Italiano e Verdi[2]. Nel 1995 è stato poi rieletto sindaco alla guida di una coalizione di centro-sinistra con il 51,7 % dei voti[3].

Dellai ha ideato e guidato la lista Civica Margherita, aggregazione di forze popolari e riformiste del centro-sinistra trentino, che ha ottenuto un buon risultato alle elezioni regionali del 22 novembre 1998[4], ed è divenuta poi modello per la costruzione de La Margherita nazionale nel 2001.

 

Presidente della Provincia Autonoma di Trento
Dopo le regionali in Trentino-Alto Adige, è stato eletto nel dicembre 1998 Presidente del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, incarico che mantiene fino a marzo 1999[5]. L’anno successivo, nel 1999, Dellai è stato eletto per la prima volta presidente della Provincia Autonoma di Trento.

È stato eletto per un secondo mandato il 26 ottobre 2003, raccogliendo il 60,8% dei voti in rappresentanza di una coalizione di centro-sinistra autonomista. Nella prima parte della legislatura, dal 2003 al 2006, ha assunto anche la vicepresidenza del Trentino-Alto Adige. Dal maggio 2006 al febbraio 2009 è stato presidente della Regione, subentrando al collega sudtirolese Luis Durnwalder, secondo il modello della “presidenza a rotazione” presente nella regione Trentino-Alto Adige. La sua giunta provinciale è sostenuta da una maggioranza costituita da Civica Margherita, Sinistra Democratica e Riformista del Trentino, Partito Autonomista Trentino Tirolese, Verdi e Democratici del Trentino, Leali al Trentino e Unione Autonomista Ladina.

Alle elezioni primarie del Partito Democratico dell’ottobre 2007 Dellai ha sostenuto il candidato alla segreteria Enrico Letta[6]. Dopo essersi opposto al Partito Democratico in Trentino, preferendo un soggetto più legato al territorio[7] e all’autonomia locale[8], il 7 giugno 2008 a Miola, ha dato il via ad nuovo partito, l’Unione per il Trentino, nato dalle radici della Civica Margherita.

Dellai è stato candidato per un terzo mandato alla presidenza della provincia alle elezioni del 9 novembre 2008 (originariamente previste per il 26 ottobre), sostenuto da PATT, Leali al Trentino, Italia dei Valori, Partito Democratico (PD), Unione per il Trentino, Verdi, Unione Autonomista Ladina[9] e l’Unione dei Democratici Cristiani e di Centro (UDC) (che però è stato escluso dalle elezioni): ha vinto con il 56,99% delle preferenze.[10]

 

Impegno politico a livello nazionale
Nel mese di novembre 2009 è promotore, assieme a Francesco Rutelli e Bruno Tabacci, del Manifesto per il cambiamento e buon governo che determinerà la nascita di Alleanza per l’Italia,[11] di cui diventa coordinatore nazionale.[12]

Nel 2012 è fra i promotori assieme a Luca Cordero di Montezemolo ed altri del manifesto Verso la Terza Repubblica.[13]

Il 29 dicembre 2012 si dimette dalla carica di presidente della provincia per partecipare alle elezioni politiche del 2013.[14] È eletto deputato sulla lista Scelta Civica. Il suo nome è circolato per la presidenza della camera[15], alla quale è stata poi eletta Laura Boldrini. Il 19 marzo è stato invece eletto capogruppo di Scelta Civica alla Camera dei deputati.[16]

Il 10 dicembre 2013 abbandona Scelta Civica per fondare il nuovo partito dei Popolari per l’Italia e aderire al nuovo gruppo parlamentare Per l’Italia[17], di cui diviene capogruppo.

Il 4 luglio 2014 abbandona anche i Popolari per l’Italia e fonda la nuova associazione politica Democrazia Solidale, nuovo partito di centrosinistra alleato col Centro Democratico di Bruno Tabacci. È stato presidente del gruppo parlamentare Democrazia Solidale – Centro Democratico.

Il 29 dicembre 2017, in appoggio al PD e alla coalizione di centro-sinistra di Matteo Renzi, aderisce alla lista elettorale Civica Popolare, che riunisce oltreché l’Unione per il Trentino: Alternativa Popolare di Beatrice Lorenzin, l’Italia dei Valori di Ignazio Messina, L’Italia è Popolare di Giuseppe e Ciriaco De Mita ed i Centristi per l’Europa di Pier Ferdinando Casini, per fare la cosiddetta “quarta gamba” nel centro-sinistra.[18]

Alle elezioni politiche del 2018 viene candidato nel collegio uninominale di Pergine Valsugana per la Camera dei Deputati, dalla coalizione di centro-sinistra in quota Civica Popolare[19], ma viene sconfitto dal candidato della coalizione di centro-destra in quota leghista Maurizio Fugatti (44,56%).[20]

Nel 2022 fonda, insieme ad altre personalità civiche, il movimento Campobase, di ispirazione popolare, liberale e autonomista.[21] In occasione delle elezioni politiche del 2022 Campobase aderisce ad Alleanza Democratica per l’autonomia, lista presente nei collegi trentini della circoscrizione senatoriale Trentino-Alto Adige composta anche da Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista, +Europa, Alleanza Verdi e Sinistra e Azione-Italia Viva.[22]

 

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