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LETTERE AL DIRETTORE

WALTER PRUNER * UCRAINA: « SANGUE – LIBERTÀ – ATOMICA, TERMINI CON L’EFFETTO DI UNA SCARICA ADRENALINICA SUI TAVOLI DELLE DIPLOMAZIE INTERNAZIONALI »

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09.09 - domenica 6 marzo 2022

Quanto la vicinanza di questa guerra sia palpabile, lo vediamo nello sguardo delle donne ucraine della porta accanto. Quelle signore che accudiscono i nostri cari, cui deleghiamo ciò che più di prezioso abbiamo, papà, mamme, nonne, hanno accorciato lo spago della storia riducendolo a quella seta sottile attraverso la quale vedere quasi senza filtri ciò che succede a neanche 2000 km di distanza.

Questo elemento di tattile presenza della guerra ucraina nelle nostre case fa di questa sciagura qualche cosa di inedito.

E’ anche per questo credo che la storica macchina di solidarietà che anche in Trentino è mai venuta meno nei momenti di difficoltà, come presenza istituzionale della nostra protezione civile, ma anche quale apporto di istituzioni, di singoli e famiglie, è oggi ancora più spinta. Protezione civile che anche in questa situazione marcherà la propria cifra senza distrazioni musicali; sono certo.

Vi è cioè una componente di forte empatia. Infondo l’ Ucraina non è l’ Afganistan, non è la Siria, lo Yemen, è una guerra sì, ma una guerra con la quale oggi comunicare anche di persona. Chiediamo alle nostre collaboratrici ucraine in diretta di aggiornarci, chi è nel proprio paese la sentiamo in videochiamata dai bunker di Kiev o Odessa. O ritroviamo addirittura a distanza di migliaia di chilometri comuni radici imperiali, come nel caso di Leopoli, che solo nel 1919 alla caduta dell’ Impero austro-ungarico fu riunita alla Polonia.

Gli eventi di preghiera in Cattedrale di questi giorni, culminati con la partecipazione nel Duomo di Trento, nel giorno del Mercoledì delle ceneri, di cattolici, laici, ortodossi, pacifisti, gente che ha voluto esserci per testimoniare senza simbolo, se non la propria persona, certifica di un clima nuovo. E sono gli sguardi stessi e la preoccupazione trattenuta dai volti preoccupati della grande comunità ucraina a renderci in pratica un’ unica famiglia multicolore.

Una guerra che per essere affrontata anche nelle sue future declinazioni fatte di effetti economici e sociali che indubbiamente arriveranno, va conosciuta e compresa nella sua essenza, nella sua scaturigine.

Evitando ancora una volta che a prendere il posto della conoscenza sia la “conoscienza” di Telegram, che più puntuale di un orologio svizzero sta, riconvertendo i propri canali dell’ormai superato novaxismo antiscientifico, in negazionismo storico d’accatto, col quale nelle migliori delle ipotesi portare sullo stesso piano Russi e Ucraini, aggressori e aggrediti attraverso il grimaldello del Donbass.

Capire cosa sia successo dopo lo sfaldamento dell’Urss, in quest’ultimo decennio del secondo millennio in particolare, serve non solo a livello culturale, ma per convincere tutti di un percorso faticoso ma doveroso cui la nostra Europa sarà chiamata a rispondere. Infondo le linee storiche essenziali sono facilmente rintracciabili ed i mezzi per la comprensione di questo contesto di massima sono alla portata di tutti. Un oneroso o anche semplice piccolo sacrificio privo di supporto motivazionale, di conoscenza, renderebbe la gente incapace di capire la responsabilità “costosa” cui sarà chiamata.

Questa Europa ferita dal sibilo delle bombe, si costruisce e si salda così dal basso; non avremmo voluto che la guerra facesse da levatrice di questo processo acceleratore. Ma tant’è, ed oggi è come se fosse stata raggiunta una sorta di maggiore età: è una Europa che passa dalla maggiore età anagrafica a quella politica in una settimana, attraverso un processo esplosivo nel vero senso della parola.

Ma l’effetto di tutto ciò sta producendo anche una selezione naturale tra la politica chiacchierata e quella delle decisioni concrete.
Tra la politica della pianificazione, della programmazione e quella degli aperitivi lungomare. Quella che citofona e quella che deve decidere subito e bene se e come far pagare alla propria gente il costo di bollette sproporzionate in nome di un ideale umanitario, se valutare forme alternative di approvvigionamento energetico, o quanto spingere sulle misure ritorsive economico finanziarie.

Una crisi che ahimè produce un’ opportunità, una sveglia collettiva. Una crisi che favorisce la emersione del meglio e la sedimentazione dello speculativo populismo, quello del contro ad ogni costo purchè elettoralmente efficace. Sangue, libertà, crisi umanitaria, atomica, termini che hanno avuto l’effetto di una scarica adrenalinica positiva sui tavoli delle diplomazie internazionali, ma anche di quelle nazionali.

Crisi che ha momentaneamente favorito una emersione politica non solo orizzontale ma verticale, interna ai partiti: nel Pd si è delegato all’ esperto Fassino l’improbo compito della non semplice risoluzione parlamentare, al governativo Giorgetti di silenziare il soffocato Putin pensiero di Salvini, al ministro Di Maio di mediare con l’euroscetticismo neutralista in tema di armi di gran parte dei suoi parlamentari, all’ autorevolezza di Tajani di togliere Forza Italia dall’imbarazzo di storiche collateralità manifeste tra Berlusconi e Putin: solo alcuni esempi.

Per non parlare di un Draghi fuori ruolo, inaspettato, che con cipiglio internazionale su temi di sicurezza evita all’Italia l’ahimè ruolo di sostanziale irrilevanza decisoria sullo scacchiere internazionale.

Ma una sorpresa per l’orso russo è lo stesso presidente ucraino, comico di professione, sottovalutato e sottostimato da una Russia che lo considerava poco più di un pupazzo privo di carica seduttiva nei confronti del proprio popolo, ebreo eliminabile o comprabile, capace invece di leadership morale, militare e politica.

A questa Europa nata la settimana scorsa l’Ucraina può fare riferimento con maggiore fiducia, avendo di sicuro il vecchio continente tantissimi problemi ancora da risolvere, ma avendo rafforzato con vigore e coesione la direzione giusta.

 

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Walter Pruner

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