Gentile direttore Franceschi,
quando scappa la frizione non serve prendersela col cambio dell’ automobile: il problema sta nell’ uso disinvolto, smodato o negligente dello strumento. Già, lo strumento come lo è certamente quello della parola. Il tema oggi del riconoscimento dell’errore, delle scuse mai poste, è sempre più dirimente.
Forte è chi riconosce la colpa, debole chi mai ammette l’errore. E diventa così difendibile tutto: l’insulto, l’offesa, la bestemmia, la violenza verbale, lo scoppio del proiettile a Capodanno, l’aggressione di giornalisti nelle buvette consiliari, l’ostentazione e non l’indossare di borsette o tacchi 12 in parlamento, l’insulto verso un capo di Stato ospite, e via continuando.
Una costante peró: costoro incassano, resistono, persistono, rimangono nelle posizioni apicali sbertucciando cosi l’altra parte del mondo che definiscono, loro, “al contrario”. Ora basta. I famosi corpi intermedi, non solo nazionali, marchino pure da noi una demarcazione netta, un prima e un dopo, con un sussulto autonomista di autogoverno chiaro e netto: senza collusioni dal sapore di complicità. Vanno isolati questi comportamenti perché lesivi di tutti, senza se e senza ma. È il concetto di Autonomia stessa in senso stretto parte lesa.
Non avere fatto i conti anche da noi con quella storia ha portato purtroppo a costruirne una a proprio piacimento, basata sull’assurdo che chi vince le elezioni tutto può, anche riscriverla. Non avere fatto questi conti con la storia non può peró fungere da attenuante per il reiterare del reato di stupro storico culturale.
Ed a proposito di rimandi storici profondi, proprio quella Terra in cui ho le mie radici, la Valle dei Mocheni, ha pagato un prezzo altissimo alla dittatura fascista. Con l’accordo sull’Opzione del giugno 1939 i Governi della Germania nazista e dell’Italia fascista cercarono di risolvere definitivamente lo spinoso problema sudtirolese e in qualche modo “liberare il Sudtirolo dai sudtirolesi”. Gli optanti (490 mòcheni e 190 luserni), in alcune frazioni della Val dei Mòcheni raggiunsero percentuali molto alte, come ad esempio a Palù/Palai ed il fenomeno in misura minore lambì anche i ladini fassani.
È la storia di un esodo tragico della popolazione mòchena e luserna verso il Reich, quello di cui scrivo: il trasporto nel Lager di transito di Hallein fino all’arrivo nei luoghi di smistamento, nel Protettorato di Boemia e Moravia, e poi le formalità di trasferimento del patrimonio degli optanti, la cui restituzione dopo il 1945 fu difficilissimo e truffaldino.
Lo ricordavano molto bene i mocheni di quel periodo ed in forma seppur elettoralmente più sbiadita i contemporanei. Tragedie di famiglie divise, patrimoni di famiglie in fumo, sradicamenti, distruzioni e morte. Il fascismo ha avuto da noi anche questo volto, quello poco noto ma disastroso delle Opzioni.
Pensando alla destra trumpiana sovranista ed imperialista dei resort a Gaza, della colonizzanda Groenlandia, dello spirito egemonico dei dazi e della supremazia isolazionista, qualche suggestione neanche tanto remota a quel passato mai metabolizzato ci riporta. Richiamarne presunte virtù e porle a modello, dallo scranno istituzionale dell’autonomia, è gravissimo. Collusiva e complice diventa ogni posizione intermedia che non sia di assoluta condanna, fuori da difese di bandiera.
Da Palazzo Venezia a Piazza Dante ci separa tutto, ben oltre le case Gescal.
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Walter Pruner
Trento