Gentile direttore Franceschi,
allego quanto oggi pubblicato sul quotidiano “Il T”, anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.
Vanessa Masè
Consiglio Provincia autonoma Trento (Gruppo “La Civica)
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Questo autunno dal meteo piovoso sta rendendo particolarmente difficoltosa la vita dei nostri contadini impegnati nella raccolta. Ma la fatica “meteorologica” in realtà non è che l’ultima variabile in quanto, purtroppo, ormai croniche sono diventate le complicazioni dovute alla ricerca di manodopera e quelle, sempre più ingestibili, della burocrazia. Anche quest’anno, con il c.d. decreto Flussi, sono arrivati circa mille raccoglitori, ma si tratta di numeri che non riescono in nessun caso a soddisfare la domanda, inoltre i lavoratori stagionali fanno fatica ad arrivare sul nostro territorio, anche a causa degli aggravi del sistema – come ad esempio quelli dati dalla normativa sugli alloggi, piuttosto che sulla sorveglianza sanitaria (sulla quale peraltro la Provincia ha cercato di mitigare) o per il rilascio dei documenti – preferendo aree più attrattive, con stagioni di raccolta più lunghe.
Esiste un istituto a livello nazionale che si potrebbe valorizzare meglio e che potrebbe forse contribuire a dare una mano agli imprenditori agricoli: lo ‘scambio di manodopera”, regolato dall’art. 2139 del Codice Civile. Lo scambio di manodopera deve rispettare alcune regole come la temporaneità (collegata all’esigenza di ricevere una prestazione lavorativa esterna in un determinato momento dell’annata agraria, nel quale si verificano picchi di lavoro da eseguire in un breve arco di tempo), la reciprocità delle prestazioni offerte dalle parti e la gratuità delle prestazioni (le parti avranno una analoga prestazione, senza alcun corrispettivo in denaro o in natura).
Questo strumento sembra però non essere di facile utilizzo per vari motivi; innanzitutto perché se utilizzato all’interno di una stessa valle si avranno gli stessi periodi di raccolta, poi per la formazione dei dipendenti – un addetto alla vendemmia potrebbe non essere formato per la raccolta dei piccoli frutti o delle mele – ed infine proprio per il fatto che i lavoratori assunti non sono mai in numero sufficiente per l’attività da svolgere.
Al coltivatore potrebbe quindi essere utile una piattaforma (attivata ad esempio presso l’Agenzia del lavoro che già da tempo ha attivato collaborazioni attive con le Associazioni di categoria degli agricoltori, i sindacati e l’Ente bilaterale agricolo Trentino per l’incontro della domanda e offerta) che, attraverso una banca dati dei lavoratori presenti sul territorio trentino, possa fornire i nominativi degli addetti al fine di favorire uno scambio di manodopera su valli diversificate.
Tutto ciò faciliterebbe i tanti imprenditori agricoli presenti sul nostro territorio e contemporaneamente darebbe la possibilità ai lavoratori di allungare la stagionalità della raccolta. Se la situazione è complessa su tutto il comparto agricolo, anche il più strutturato, indubbiamente a soffrire maggiormente sono le piccole aziende, coloro che storicamente si avvalevano di familiari o compaesani per periodi di raccolta anche piuttosto condensati nel tempo. Se non verrà trovata una soluzione praticabile – che ahimè non sembra essere percorribile tramite l’utilizzo dei nuovi voucher agricoli considerato il loro difficile utilizzo – si rischia l’abbandono di numerosi fondi, cosa che si rifletterebbe immediatamente anche sulla bellezza paesaggistica del nostro territorio. Un altro problema che si sta riscontrando nel mondo agricolo trentino è quello relativo alle società semplici agricole, le quali sembra non possano rientrare nella fattispecie dello scambio di manodopera.
Nella nostra Provincia è consuetudine formare questa tipologia di società perché, se di fatto esse hanno le stesse caratteristiche fiscali e giuridiche delle ditte individuali (i soci in genere sono per lo più familiari essi stessi coltivatori diretti) la decisione di costituirsi come società è dettata da esigenze organizzative, logistiche e dal fatto che la forma societaria risulta maggiormente rispondente alla possibilità di facilitare un ricambio generazionale e l’insediamento dei giovani in azienda.
Per rispondere ai presenti e pressanti bisogni che sotto questo profilo il mondo agricolo trentino oggi rappresenta, sarebbe importante valutare di intervenire in maniera duplice: da un lato favorendo una relazione maggiore tra aziende agricole per lo scambio di mano d’opera, dall’altra chiarendo che anche le società semplici agricole possono accedere a questo tipo di istituto. Purtroppo per la Provincia autonoma di Trento non è possibile intervenire sulle competenze statali benché anche il lavoro agricolo locale abbia esigenze profondamente diverse ad esempio da quelle della Puglia piuttosto che dell’Emilia Romagna e sarebbe auspicabile ulteriore autonomia, ma tant’è.
È necessario quindi continuare a migliorare l’efficacia delle risposte che per parte nostra possiamo dare, anche magari sfruttando alcuni ‘pertugi’ concessi dalla elefantiaca legislazione nazionale, e queste due proposte sullo scambio di manodopera potrebbero certamente dare delle soluzioni praticabili e utili.