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LETTERE AL DIRETTORE

RENZO GUBERT * POPOLO DELLA LIBERTÀ: “ IL CENTRO POPOLARE USCÌ PER MANCANZA NELLO STATUTO DI UN RIFERIMENTO AL PENSIERO SOCIALE CRISTIANO, (CONDIZIONE PER L’ADESIONE) “

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17.03 - martedì 13 giugno 2023

Gentile direttore Franceschi,

le scrivo circa Silvio Berlusconi e la politica cristianamente ispirata. La morte dell’ex Premier e imprenditore di successo, ormai avanti negli anni, ha dato occasione a politici e commentatori politici di tracciare un bilancio della sua attività meno deformato dall’ostilità con la quale gran parte di loro hanno giudicato Berlusconi almeno da quando era “sceso in campo”, dopo i suoi successi come imprenditore e editore di mezzi di comunicazione. E’ normale, alla morte di un personaggio, valorizzarne gli aspetti positivi e sorvolare o appena menzionare gli aspetti negativi. Mi chiedo, però, se nelle analisi della figura e dell’attività di Berlusconi, non si sia andato oltre il “bon ton” normale. Di Berlusconi si celebrano soprattutto gli obiettivi di riforma liberale e la capacità di mediare riducendo fratture sia tra stati che tra partiti suoi alleati, sia tra membri del suo partito.

Da segretario della DC in Trentino dal 1992 al 1994 e poi di parlamentare eletto nella lista dei Popolari (già DC) non sono stato tra i sostenitori di Berlusconi all’esordio della sua attività politica e mi chiedo che motivo avrebbero avuto quei cattolici formati all’impegno sociale e politico nelle file dell’Azione Cattolica e dei documenti del Concilio Vaticano II per impegnarsi nel partito di Berlusconi. Il pensiero sociale cristiano non era certo orientato alla valorizzazione dell’ideologia liberale. Identicamente si deve dire a proposito della concezione della democrazia, che valorizzava il pluralismo, i corpi intermedi, la partecipazione, l’impegno in un partito ispirato alla dottrina sociale cristiana e organizzato in modo democratico. Lo stesso Papa Voityla richiamava a non cedere all’ideologia liberista nonostante che la storica ideologia alternativa comunista avesse subito una radicale sconfitta con il crollo dell’impero dell’Unione Sovietica. Per un cristiano impegnato in politica la visione berlusconiana era una negazione dei suoi principi di riferimento. Se alla morte di Berlusconi si lamenta da quasi tutti (compreso Bersani, tornato nel PD dopo che questo si è rispostato più a sinistra) che egli non ha tenuto fede alle promesse di rivoluzione liberale, ci si può chiedere come mai sia questo il principale parametro di giudizio anche di chi laico liberale non era, ma seguiva l’impostazione del cattolicesimo sociale e politico. E’ a mio avviso il segnale della secolarizzazione che dai primi anni Novanta in poi è riuscita a far tacere nelle coscienze di molti cattolici, oltre che nei partiti, la dottrina sociale cristiana.

Aggiungo un’altra considerazione: per il laico cristianamente ispirato membro delle tante associazioni cattoliche impegnate in modo diretto o indiretto in politica dovere imprescindibile di chi si impegnava in ruoli politici era quello di testimoniare con la sua vita privata i valori nei quali diceva di credere. Questo dovere è stato dimenticato. Non si può dire che Berlusconi sia stato cristiano esemplare nei suoi comportamenti privati e nei criteri di programmazione delle reti televisive che possedeva. Come mai non se ne parla? Anche questo un segnale di secolarizzazione, di relativismo etico individualista non solo di Berlusconi, ma di gran parte del ceto politico e dei commentatori. In fondo i “peccati” di Berlusconi non erano così dissimili da quelli di altri leader politici, anche di quelli che proclamavano di condividere valori cristiani. Quando, da candidato al Senato per la coalizione di Berlusconi, venivo accusato di sostenere un “capo-coalizione” non esemplare nei suoi comportamenti privati e di imprenditore di mass-media rispondevo che è meglio votare un ”pubblico peccatore”, che però fosse a favore di norme legislative a tutela della vita e della famiglia fondata sul matrimonio di uomo e donna che votare chi pubblico peccatore non era, ma in politica non tutelava vita e famiglia. Assumevo allora una posizione che ritengo valida anche oggi con i leader politici di oggi, non certo tutti esemplari. Tuttavia i comportamenti di “pubblico peccatore” non possono essere considerati motivanti adesione di chi si impegna da cristiano nella “più alta forma di carità” come è la politica.

Giusto ricordare i contributi positivi portati da Berlusconi al Paese, e in primis non posso non evidenziare il fatto che ci ha evitato di essere governati dalla sinistra comunista, che fino alla caduta del regime comunista sovietico aveva continuato a riferirsi alle sue dottrine anti-umaniste. Ma giusto anche ricordare i motivi per i quali allora chi si sentiva impegnato nel fare politica ispirato al pensiero sociale cristiano non riconosceva in Berlusconi e nella sua attività politica e di gestore di televisioni i tratti essenziali della dottrina sociale cristiana. E tali motivi continuano a sussistere verso partiti che dimenticano che il riferimento a tale dottrina non può limitarsi ad alcuni suoi aspetti. Ricordo come il Centro Popolare, che aveva aderito al Popolo delle Libertà a condizione che nello Statuto fosse esplicita l’ispirazione al pensiero sociale cristiano e fosse chiara la sua natura democratica e autonomista, dovette poi uscirne proprio per il non rispetto di tali condizioni.

 

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Renzo Gubert

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