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LETTERE AL DIRETTORE

PAOLO ZANELLA * TRANSIZIONE DEMOGRAFICA:« DETERMINERÀ IMPATTI ENORMI SUL MERCATO DEL LAVORO, MINANDO IL BENESSERE DIFFUSO EQUO E SOSTENIBILE »

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10.04 - venerdì 22 luglio 2022

Tra gli obiettivi strategici posti al centro dell’agenda politica trovano ampio spazio la transizione ecologica e quella digitale. Resta sempre un po’ ai margini del dibattito pubblico, invece, la transizione demografica, che determinerà impatti enormi sul mercato del lavoro, sostenibilità del welfare e aumento delle diseguaglianze, minando la possibilità di realizzare un benessere diffuso, equo e sostenibile. Un tema che si intreccia inestricabilmente con la questione generazionale, con la parità di genere e le politiche migratorie.

Tra i Paesi dell’UE l’Italia è quello più vecchio, con la percentuale di persone anziane più alta (quasi un quarto con più di 65 anni), in decrescita demografica già dal 2015 (in Trentino dal 2020), da quando il saldo naturale – negativo già da metà degli anni Novanta – non è stato più compensato nemmeno da quello migratorio. Abbiamo già perso oltre un milione di abitanti e con questo trend l’ISTAT prevede ne perderemo altri dodici milioni da qui al 2070.
Come i climatologi, anche i demografi è da oltre trent’anni che ci mettono in guardia, inascoltati dalla politica. A differenza di alcuni Paesi europei, infatti, l’Italia non ha investito in politiche di sostegno alla genitorialità, in attrattività del Paese – l’unico in Europa che ha visto calare in trent’anni i salari – e in politiche migratorie inclusive. E così dal 2010 il trend migratorio verso l’Italia è in progressivo calo, a fronte di un’emigrazione in aumento, con una perdita di più di mezzo milione di abitanti.
Le leve su cui agire per invertire la rotta potrebbero essere sostanzialmente tre: trattenere i giovani garantendo loro migliori condizioni di vita, di lavoro e più potere decisionale; sostenere la natalità con politiche di reali pari opportunità; favorire e governare l’immigrazione con interventi di inclusione efficaci.
Molti/e giovani hanno deciso di non sottostare più a condizioni di lavoro poco dignitose con paghe da fame e anche per questo stiamo assistendo al fenomeno delle “grandi dimissioni”. Serve restituire dignità al lavoro, con orari più umani e compatibili coi tempi di vita, contrastare il precariato, riconoscere salari adeguati (i nostri sono i più bassi del Nord Italia), rendere partecipi i lavoratori nelle decisioni dell’impresa, garantire il diritto alla casa, in Trentino sempre più inaccessibile. Senza questi investimenti il degiovanimento della popolazione sarà inarrestabile, alimentato dall’emigrazione dei giovani stessi verso Paesi che offrono loro condizioni di vita migliori. La Politica ha il compito di arginare il rischio di questa valanga demografica.

Sul fronte del sostegno alla genitorialità, i dati dei Paesi nordici dimostrano come il tasso di fecondità sia direttamente proporzionale al tasso di occupazione femminile. Un motivo in più (non certo il solo) per garantire pari opportunità lavorative alle donne, colmando il gender pay gap, favorendo una condivisione equa dei compiti di cura e la realizzazione di servizi di conciliazione tra responsabilità genitoriali e professionali a partire dai nidi gratuiti con orari flessibili. Interventi essenziali, in parte previsti dal PNRR, per sostenere la genitorialità – per chi la desidera – i cui effetti in termini di popolazione attiva, comunque, si vedranno solo tra venti o trent’anni.

Lavoratori e lavoratrici, però, mancano ora: ristorazione, turismo, agricoltura, sanità, pubblica amministrazione, cantieri, scuole, trasporti, cooperative sociali tutti in cerca di personale. Al netto di una quota di mismatching, delle “grandi dimissioni” e di errate pianificazioni della formazione, i lavoratori scarseggiano anche per la carenza di persone in età attiva che rimpiazzino i massicci pensionamenti dei baby boomers. Il tasso di disoccupazione in Trentino è al 3,9%, meno della metà della media italiana, e le imprese sono alla disperata ricerca di personale, che in parte non trovano a causa delle pessime condizioni lavorative e salariali offerte, che non allettano nemmeno gli inattivi, ma in gran parte anche perché i lavoratori oggi iniziano davvero a mancare. La chiusura identitaria delle frontiere che ha caratterizzato il nostro continente, e in particolare l’Italia, ci ha impoverito da tutti i punti di vista, anche quello dell’apporto demografico. Se finora ha prevalso la miopia e la chiusura delle porte dell’Europa a chi scappa da guerre e calamità, dalla fame e dalla desertificazione, oggi quelle porte necessariamente si dovranno aprire di fronte a questo trend demografico, con una riforma delle politiche migratorie e di cittadinanza non più rinviabile.

Una riforma che garantisca che non si inneschi una sorta di darwinismo sociale, per il quale le persone migranti siano relegate a occuparsi dei lavori che gli italiani non vogliono più fare, come già accade per le assistenti familiari (volgarmente dette badanti) e per i braccianti agricoli. Una riforma che vada nella direzione di una piena convivenza delle differenze e di un’uguaglianza sostanziale per tutti/e. Le nuove e necessarie politiche migratorie – alle quali il PNRR, in modo miope, non dedica nemmeno una parola e un euro – dovranno mettere al centro l’inclusione a trecentosessanta gradi delle persone migranti, offrendo pari opportunità nella formazione, nella vita sociale, nel lavoro, nella politica e nei diritti e doveri di cittadinanza, a partire dallo ius scholae che è il minimo sindacale.

Un cambiamento di prospettiva che il nostro Paese e il Trentino saranno chiamati a fare, in primis per un dovere morale per troppo tempo disatteso e poi perché oggi è necessario investire nella sostenibilità demografica del territorio per garantirgli un futuro. Negare questa realtà, alimentando la paura dello straniero che ruba il lavoro, in un momento in cui ci sono più lavori che lavoratori, è poco lungimirante oltre che un tantino razzista.
Se vogliamo un territorio attrattivo e vitale, che sappia realmente invertire il trend demografico, si deve ripartire ancora una volta dall’inclusione, dalle pari opportunità e dal contrasto alle diseguaglianze, mettendo in atto – anche a livello locale grazie all’Autonomia – tutto quanto necessario a realizzare l’uguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell’articolo 3, il più bello della nostra Costituzione.

 

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Paolo Zanella

Consiglio provincia Trento – (Futura)

 

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