Gentile direttore Franceschi,
le scrivo per fare un po’ di chiarezza sulla gestione dell’immigrazione a Trento. In Trentino oggi è possibile accogliere fino a 730 persone richiedenti asilo, secondo quanto previsto dal Ministero. E indovinate dove si trovano quasi tutte? A Trento. Questo perché il presidente Fugatti e la sua giunta hanno scientemente smantellato l’intero sistema di accoglienza diffusa. Fino al 2018 si riuscivano ad accogliere 1.600 persone, distribuite su tutto il territorio. Oggi, invece, si concentrano in pochi “dormitori” senza alcun progetto di integrazione. Dal 2018 sono arrivati infatti tagli: aboliti i fondi per l’accoglienza diffusa e per ogni attività formativa, educativa, culturale e di inclusione.
Tutto ciò che si svolgeva nei Cas come Fersina e La Vela oggi è sparito. Quelle strutture sono diventate semplici dormitori, parcheggi umani dove gli ospiti attendono per mesi, senza poter lavorare agevolmente, l’arrivo di documenti. Attualmente il centro Fersina ospita 277 persone, la Residenza Adige (alla Vela) 66, e quella di via Brennero 72. Il centro Fersina verrà presto smantellato per fare spazio al nuovo ospedale, e da parte della Provincia autonoma di Trento non c’è alcuna ipotesi. Per quanto riguarda invece la residenza Adige, che verrà dismessa anch’essa a breve, l’unica ipotesi emersa è quella – assurda e socialmente pericolosa – di trasferire tutto al Capitol di Gardolo.
Esistono poi almeno 100 persone che attendono ancora di poter entrare da mesi nei progetti di cui sopra e che il Comune di Trento cerca di aiutare – contrariamente a quanto affermano i consiglieri di opposizione, sempre pronti a brandire il populismo come una clava, semplificando questioni complesse a fini elettorali. Il Comune infatti finanzia oggi 59 posti letto in due dormitori del Centro Astalli: 24 presso i Bellesini e 35 al Convento delle Laste. Servizi che non spetterebbero nemmeno al Comune, ma che diventano indispensabili quando la Provincia abdica al proprio ruolo.
Una cinquantina di persone restano quindi in balia di sé stesse. E a queste si aggiungono quelle non monitorate, arrivate in Trentino “via terra” e non via mare dal Nord Africa – un fenomeno in crescita, accentuato anche dalla liberalizzazione dei visti promossa dal Qatar per i Mondiali di calcio, per favorire l’ingresso di manodopera nordafricana ora è libera di transitare via Balcani per giungere fin da noi.
È necessario uscire dall’idea che “si sia troppo buoni” e che “il buonismo è la causa dell’incentivazione degli arrivi”. Secondo questa logica, le persone fuggirebbero da guerre, fame e persecuzioni per il fascino irresistibile dei letti a castello dei Bellesini. Siamo al limite del surreale. Essere attrattivi non è una colpa, è un valore. E lo è ancor più in un territorio come il Trentino, dove interi comparti produttivi, soprattutto nelle valli, sono a corto di manodopera.
Ma le persone non si possono inviare nelle valli se non esistono più strutture di accoglienza – smantellate, guarda caso, proprio da chi oggi critica quanto accade. Il sistema dell’accoglienza diffusa funzionava! Uno studio indipendente della Fondazione Migrantes (CEI) del 2020 ha dimostrato che ogni euro speso per l’accoglienza ha generato in Trentino 1,96 euro di produzione economica e 1,69 euro di valore aggiunto, coinvolgendo commercio, ristorazione, sanità e assistenza sociale. Il sistema ha creato posti di lavoro, rafforzato la coesione sociale e contenuto la marginalità. Lo smantellamento di tutto questo ha prodotto solo costi sociali, culturali ed economici. Le vere soluzioni non stanno quindi nei titoli urlati, ma nei fatti.
Serve quindi rifinanziare l’accoglienza diffusa, che ha dimostrato di funzionare. Al contempo concordo sulla necessità di rafforzare i presidi temporanei di sicurezza e al contempo il daspo – se necessario. Sarebbe anche auspicabile realizzare dei veri HUB dove i migranti possano stanziare per un periodo breve dove poter formalizzare la domanda di protezione internazionale evitando di inserirli in un contesto sociale dal quale poi sarebbero nuovamente allontanati creando per queste persone ulteriori disagi e complessità.
Solo partendo da dati reali si può costruire un dibattito serio e costruttivo. Solo fotografando la situazione reale e analizzandone genesi e sfaccettature si possono trovare soluzioni comuni. Diversamente, questi temi, rimarranno sempre e solo urla da curva di uno stadio nel cui campo non gioca nessuno.
*
Massimiliano Mazzarella
Trento