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LETTERE AL DIRETTORE

MARA DALZOCCHIO * MATERNITÀ: “ UTERO IN AFFITTO, A SINISTRA TROPPE AMNESIE SU TALE PRATICA “

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15.20 - lunedì 27 marzo 2023

Da donna e da mamma, molto prima che da politica, assisto con stupore al dibattito politico di questi giorni sull’utero in affitto. In particolare, a colpirmi è l’atteggiamento con cui la sinistra – intensa in senso ampio, dalla sua rappresentanza politica a quella mediatica – affronta il tema, concentrando tutta la propria attenzione sul «diritto di essere genitori» delle coppie composte da persone dello stesso sesso.

Ora, lungi da me esprimere qualsivoglia giudizio sulle aspettative e sui desideri di ogni coppia, ma mi pare che un dibattito impostato in questo modo non consenta di cogliere molti aspetti cruciali della maternità surrogata; provo di seguito a ripercorrerli rapidamente.

Anzitutto, credo vada ricordato che quello dell’utero in affitto – che si vuol chiamare gestazione per altri o addirittura Gpa solo allo scopo di sminuire la gravità – è in primo luogo un mercato. Peraltro, un mercato enorme, che già oggi muove nel mondo un giro d’affari di alcuni miliardi e che entro il 2032, secondo la Global Market Insight – una società di consulenza e indagini di mercato americana – potrebbero diventare 129, più della metà del patrimonio dell’uomo più ricco del mondo, ElonMusk. So già che di fronte a stime simili, ci sarà chi ribatterà di essere a favore solo della “maternità surrogata altruistica”.

Ebbene, a chi la pensasse così voglio dare una notizia: neppure dov’è contemplata per legge, come avviene nel Regno Unito dal lontano 1985, la “maternità surrogata altruistica” esiste davvero. Non lo dico io, lo denunciano le femministe inglesi. Già nell’ottobre 2020, per dire, sull’Evening Standard, Julie Bindel – scrittrice femminista radicale ed attivista britannica che da decenni assiste le donne processate per aver ucciso i loro partner violenti – firmava un intervento che faceva a pezzi la bufala proprio della «gravidanza solidale».

«Parlare di “maternità surrogata altruistica” ossia di un accordo per cui la madre surrogata può agire solo liberamente e dietro rimborso spese», scriveva infatti Bindel in quel suo articolo – che credo meriti una riflessione -, «è fuorviante. In Gran Bretagna una madre surrogata può richiedere fino a 15.000 sterline di rimborsi spese, che equivalgono allo stipendio annuale per molte donne con un lavoro a bassa retribuzione».

Mi pare strano, rispetto a questo, che una sinistra anche italiana a parole sempre così attenta e vicina ai diritti delle donne non si accorga che l’utero in affitto – anche nella sua “versione altruistica” – rappresenti una scorciatoia per donne povere e disperate. Da «l’utero è mio» degli anni ’70 a «il mio utero è di chi paga», viene da commentare amaramente, il passo sembra essere stato breve…Ma andiamo avanti.

Un altro aspetto che mi colpisce, nel dibattito così come alimentato dall’area progressista, è che nessuno ricorda più che in Italia la maternità surrogata è una pratica vietata per legge. Lo stabilisce la Legge 40 del 2004, che all’articolo 12 – lo stesso che si vorrebbe ampliare – già oggi, al comma sei, afferma che «chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».

Dato che però questo pur severo divieto non limite l’utero in affitto praticato all’estero da coppie italiane, bene fa il governo italiano a pensare a misure di inasprimento, per rendere la maternità surrogata reato universale. Anche perché – e qui arrivo al punto cruciale di tutta la questione – quello di cui in definitiva si sta parlando è una cosa sola: la compravendita di bambini.

Ora, possiamo forse accettare che un figlio venga commissionato e ritirato (oppure abbandonato se non nasce secondo gli standard, com’è purtroppo già accaduto in questi anni nel mondo) dietro compenso? Che ne è del suo diritto di vivere con colei che l’ha generato?

In Italia la legge parla chiaro: è vietato, per il loro bene – secondo quanto previsto dall’ordinanza del 6 agosto del 2008 del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali -, allontanare i cuccioli di cane e gatto dalla madre prima dei 60 giorni di vita. Ed è una misura sacrosanta.

Ma vogliamo forse arrivare a negare dietro contratto – perché la maternità surrogata è esattamente questo: un contratto -, ai neonati quello che viene invece garantito ai cuccioli di cane e gatti, strappandoli al seno materno? Abbiamo già molte immagini e video che dimostrano che questo, di fatto, è l’utero in affitto. Una pratica che, personalmente, considero e continuerò a considerare un abominio.

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Mara Dalzocchio
Consiglio Provincia Trento (Capogruppo Lega)

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