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LETTERE AL DIRETTORE

MAFFIOLETTI (FI) * COVID E PARTITE IVA: « IL 18 MAGGIO È INIZIATA LA RIPARTENZA DI BAR E NEGOZI, NON POTEVA CHE AVERE EFFETTI NEGATIVI SU CONSUMI E PROFITTI »

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09.00 - sabato 13 giugno 2020

Attesissima dagli esercenti come dalla cittadinanza, il 18 maggio è iniziata la ripartenza di negozi, bar, ristoranti dopo i mesi di stop causati dal lockdown seguito all’esplodere della pandemia da Covid 19. Ripartenza in salita, come era del resto ampiamente prevedibile. Le norme sulla sicurezza da seguire unite alla difficoltà di parecchie famiglie nell’avere a disposizione fondi da spendere come prima, non potevano che avere effetti negativi sui consumi e di conseguenza sui profitti di chi fa impresa.

E parliamo di una categoria che già in Italia navigava in cattive acque, vessata com’è da anni da una tassazione ingiusta e assurda, financo rancorosa, quasi che allo Stato desse ‘fastidio’ chi cerca di fare profitto con il commercio. Una mentalità che nel nostro Paese da decenni pone un freno gravissimo alla libertà di impresa e alla possibilità di creare ricchezza e soprattutto lavoro. In particolare, a lamentare profonde difficoltà sono bar e ristoranti, costretti per alcune settimane anche a dover fornire servizio a domicilio (che, per rimanere in Trentino, è passato dal 5 al 40% del totale degli esercizi). Dopo la fine della chiusura obbligata, solo 2 su 10 continueranno quella tipologia di attività.

Dal giorno in cui è stato possibile riaprire i locali, ha effettivamente riaperto il 38%, mentre il 16% lo avrebbe fatto in settimana, il 12% entro il mese. Il 35% era indeciso se riaprire. E’ facile arguire che parecchi di questi ultimi, non apriranno più, consci dell’impossibilità di superare il muro di tasse e costi (tra affitti, bollette e stipendi) che si sarebbe parato loro davanti. Ulteriore gamma di problemi sollevano le linee guida dei protocolli da seguire, considerate molto difficili benché teoricamente corrette da molti, ma assurde e assolutamente impraticabili da molti altri (il 39,8%). Ovviamente, anche la riduzione nel numero dei coperti rasenta cifre del 50%, creando quindi delle condizioni tali che a fine 2020, molti imprenditori perderanno una quota superiore al 30% dei loro incassi abituali.

Un a vera tragedia, tenendo conto debitamente del fatto poi che gli affitti in questi ultimi tempi hanno raggiunto vette esorbitanti e che già i costi della sanificazione dei locali appaiono difficilmente gestibili. Ridicole e perfino tragicomiche risultano le tranche di 600 euro al mese proposte come indennizzo dal Governo Conte, buone forse appena per sanificare. I contributi per gli affitti non pervenuti, la possibilità di avere più spazio per i plateatici non potendo coprire adeguatamente le precedenti perdite.

A conti fatti, i negozianti di abbigliamento hanno subito ripercussioni minori, grazie ad una clientela fidata e alla necessità comunque di comperare vestiti ed accessori. Anche le catene di grosso livello e i piccoli marchi hanno dovuto però subire una contrazione delle vendite tale che 1/3 di essi valuta che servirà più di un anno per tornare ai livelli pre-Coronavirus, un altro 35% addirittura stima che tale traguardo non verrà più raggiunto in futuro. Spesso, poi, i marchi più importanti possono contare su un’azienda di enorme fatturato alle spalle, così da potere dilazionare perdite e disavanzi su più anni.

Chi invece doveva far conto su una piccola bottega, ha trovato spesso nel lockdown la parola fine alla propria attività. E certo non si può dire che le istituzioni governative abbiano fatto tutto il possibile per dare una mano ed aiutare gli imprenditori a superare il dramma. Le misure adottate si sono non di rado rivelate inefficaci e totalmente sproporzionate rispetto al peso devastante delle difficoltà sul campo. Si paga la mancanza di volontà politica e una mentalità tipicamente italica di bassa lega, che vede in chi fa impresa un evasore che lucra sul proprio prodotto. Non si riesce a capire, in molti cenacoli di sedicenti intellettuali benpensanti, che solamente chi metta in gioco le proprie finanze nel mondo del commercio di articoli o servizi, può creare posti di lavoro per i giovani, e di conseguenza permettere loro di affrancarsi dalle famiglie di origine dando vita a nuovi nuclei e mettendo al mondo quei figli che tanto mancano oggigiorno in Italia.

Insomma, l’emergenza Covid 19 ha solamente portato all’estremo e reso evidente in tutta la sua portata, un fenomeno già presente alle nostre latitudini, e che grida vendetta, ma che potrà essere affrontato e curato solamente nel momento in cui chi si occupa della cosa pubblica avrà maturato il concetto che vede l’imprenditore e l’impresa come un’opportunità, un servizio alla comunità, una fonte di lavoro e di benessere per tutti, sia per chi vende, sia per chi in impresa lavora, sia per chi fruisce delle merci proposte. Solo in questo modo, si potrà tornare a quell’Italia del boom economico che tanto si rimpiange. Ma una domanda ci sorge dal profondo e ci inquieta non poco. Non vorranno per caso questi governanti, farci rimanere in condizioni di bisogno per controllarci ed asservirci meglio?

 

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Gabriella Maffioletti
Vice coordinatore regionale Forza Italia Trentino

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