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LETTERE AL DIRETTORE

LUCIA COPPOLA * SANITÀ TRENTINA: « È FERMA IN UN IMPASSE, PIUTTOSTO IMBARAZZANTE E PREOCCUPANTE »

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09.36 - lunedì 20 giugno 2022

Mentre la surreale vicenda del Not continua a imperversare, dopo la bocciatura del progetto preliminare sulla procedura di gara della ditta Guerrato, che ha presentato ricorso, e a fronte delle numerose criticità ritenute insanabili in un progetto da 1,6 milioni di euro, nessuno ha idea di che cosa succederà alla Sanità trentina, ferma in un impasse piuttosto imbarazzante e preoccupante. Peraltro dopo l’aggiudicamento alla Guerrato era seguito il ricorso della ditta Pizzarotti, seconda in graduatoria.

Grandi diatribe nei tribunali aggravate dalla mancanza di aderenza del progetto Guerrato al disciplinare e dunque alle esigenze sanitarie legate al nuovo ospedale, anche alla luce di nuove emergenze legate alla pandemia nonché ad altre importanti necessità evidenziatesi nel frattempo. Ora tutto tace da parte della Giunta provinciale, incerta sul da farsi, nel dubbio se ricominciare tutto da capo, bandi, progetti e modalità di finanziamento, che renderanno sempre più lontana nel tempo, quasi un miraggio, la costruzione del Not, o consegnare tutto nelle mani della ditta Pizzarotti/Cristofori, con tutti i cambiamenti del caso. Nel frattempo, e in attesa che il riserbo del presidente Fugatti e della sua Giunta si sciolga, la Sanità trentina versa in un magma di difficoltà, immobilismo, confusione e
criticità che sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.

E che preoccupano oltre ogni dire utenti e professionisti del settore. Tra tutti spicca il sottodimensionamento di medici e infermieri, i rischi di fuga nel privato, i turni massacranti sulle spalle di pochi, il burnout da stress e super lavoro legato alla pandemia da Covid 19, l’anzianità degli operatori sanitari che prefigura a breve molti pensionamenti. Alle complessità crescenti di molti reparti ospedalieri, dalla chirurgia, alla
medicina, alla neurologia, al pronto soccorso, si aggiungono quelle territoriali, tra tutte la situazione delle Rsa, le difficoltà legate ad una medicina territoriale che svolga a pieno il suo ruolo di prevenzione e cura di patologie più lievi ma degne comunque di un’ assistenza capillare: anziani che vivono soli, malati cronici, soggetti fragili a causa di depressione, alcolismo e altre tipologie di dipendenza, donne in gravidanza, puerpere, medicina scolastica, patologie legate ai disturbi alimentari, Long Covid.

Purtroppo molte malattie, anche gravi come quelle oncologiche, in questi ultimi anni hanno dovuto fare i conti con la pandemia, con i reparti e le terapie intensive occupate, con la sospensione e il rallentamento degli screening, con un virus pericoloso che ha mietuto vittime e fatto ammalare migliaia di persone. Che ha costretto a una vita dimezzata e poco sana, più preoccupata, più sola e triste anche a causa dei lutti in tante famiglie, più precaria economicamente. Ma sia le problematiche ordinarie che
quelle emergenti cozzano contro servizi sanitari di qualità inferiore, con palesi sofferenze segnalate anche dall’Ordine degli Infermieri: sino a 50 pazienti d cui occuparsi nelle RSA che di notte possono arrivare fino a 120. Fondamentale resta il ruolo delle Università delle Scienze Infermieristiche, in relazione all’aumento degli iscritti a cui poter dare un insegnamento di qualità da riversare nella professione. Non si può neppure nascondersi che il numero chiuso
nelle Facoltà di Medicina e Chirurgia abbia nel tempo creato molti problemi.

La privatizzazione della sanità è peraltro sotto gli occhi di tutti: le convenzioni con strutture private, il ricorso a liberi professionisti, la fuga dei pazienti trentini in strutture sanitarie fuori provincia, le interminabili liste di attesa per visite ambulatoriali che fanno sì che i cittadini ricorrano alla libera professione, a cui si aggiunge l’iscrizione automatica e gratuita a Sanifonds e il conseguente disincentivo a potenziare la sanità pubblica e per contro ad avvalersi dei servizi
privati. L’Azienda sanitaria, visti i bandi che vanno deserti, continua nella ricerca di medici per molte sedi anche decentrate e su parecchi ambiti, persino su Facebook. Restano ancora misteriosi i ruoli e le funzioni che andranno a rivestire le Case della Salute, sperando che diventino contenitori reali e non di facciata, riempiti non solo con buone intenzioni ma sulla base di una pianificazione chiara che consenta territorialmente di venire incontro a esigenze
plurime e diversificate. Di delocalizzare tutto ciò che non presenta aspetti di gravità e può essere affrontato in modo competente e sinergico fra più figure professionali per la prevenzione, l’accompagnamento farmacologico e la cura, i percorsi di convalescenza, liberando il più possibile reparti ospedalieri e pronto soccorso.

Allo stesso modo gli ospedali maggiori devono
sempre più diventare centri di eccellenza e di alta specializzazione per le urgenze e le diagnosi, per le patologie più gravi e per quelle più complesse dal punto di vista della sicurezza dei pazienti, tra tutti le mamme e i nascituri. Purtroppo pare che la Provincia abbia stanziato 22,5 milioni di euro per le strutture convenzionate, quasi 3 milioni in più rispetto al budget
concordato; il privato è sempre più coinvolto in un impegno crescente e quasi strutturale, come lo ha definito il Presidente della Consulta provinciale per la salute Renzo Dori, aggiungendo che il pubblico garantisce le cure a tutti, il privato a chi se lo può permettere. Insomma una riorganizzazione complicata quella che si prospetta, poco condivisa con i portatori di interesse e che non sembra affrontare i nodi più stringenti e preoccupanti. Di certo una questione tutt’altro che tecnica ma fortemente politica nel momento in cui attiene all’equità e alle pari opportunità rispetto a un diritto fondamentale come quello alla salute.

Resta sullo sfondo, ma importantissimo, il tema della fidelizzazione dei medici al nostro territorio, sulla base di una crescita professionale per i giovani medici legata anche alla ricerca scientifica, a una formazione in itinere, a una risposta all’attuale riduzione dei primariati che ha reso meno appetibili le sedi periferiche.
Non va trascurato il ruolo fondamentale che svolgono e hanno svolto durante il Covid i farmacisti, a loro volta presidi medico-territoriali, instaurando con gli utenti rapporti di fiducia.

In tutto l’ ambito medico comunque la relazione col paziente e la sua famiglia, la credibilità, l’empatia che si trasmette sono fondamentali. L’auspicio è che tutti coloro che a vario titolo si occupano della nostra salute vengano valorizzati al meglio, che le risorse professionali aumentino in tutti gli ambiti, consentendo salari equi, ritmi di lavoro adeguati e in sicurezza per tutti, favorendo buona disposizione d’animo e la piena realizzazione professionale, con una burocrazia amministrativa che non penalizzi il rapporto col paziente, garantendo opportunità di formazione e sviluppo. Che tenga nel giusto conto anche le mansioni solo apparentemente meno rilevanti e più modeste, indispensabili al buon funzionamento di ogni struttura sanitaria. Per ultimo auguro alla sanità trentina di ritrovare la strada dell’impegno pubblico a tutto campo, rispondendo al dettato della nostra Costituzione che all’articolo 32 richiama la Repubblica alla
tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

*
Lucia Coppola
Consigliera provinciale/regionale
Gruppo Misto/Europa Verde

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