Gentile direttore Franceschi,
dal Wine Festival di Merano alla Via Crucis del vino in Trentino: un confronto impietoso. Mentre a Merano si svolge la 33a edizione del Wine Festival, evento di grande richiamo per appassionati e operatori del settore, e dove circolano anche le ricche tabelle prezzi delle Cantine Sociali altoatesine, che riportano cifre sulla liquidazione uve che partono da un min. di 25 mila € fina a 40 mila € ad ettaro per la vendemmia 2023, in Trentino si assiste invece a uno scenario completamente diverso: un vero e proprio ‘calvario’ dal punto di vista economico delle nostre cantine sociali.
Il vociferare dei supporters sulle liquidazioni nostrane ricordano i polli di Renzo: anziché unirsi per liberarsi da ciò che li opprime, questi sembrano intenti a litigare tra loro per sembrare i migliori, mentre i veri problemi rimangono irrisolti e il settore continua a perdere attrattiva per i giovani agricoltori.
Abbiamo già affrontato il caso La-Vis settimane fa, ma il messaggio non è passato in quanto i quotidiani locali non vogliono riportare il punto di vista degli stakeholder. Ora, è il turno di Mezzacorona, una cantina con tutte le carte in regola per competere con l’Alto Adige. Qui, i dirigenti hanno scelto di puntare sulla sostenibilità ambientale come cavallo di battaglia, trascurando completamente quella economica e sociale. Le rigide regole che hanno imposto al settore vitivinicolo trentino hanno aumentato in modo significativo i costi di produzione, mettendo a dura prova la pazienza e la resilienza dei viticoltori, senza generare benefici economici, anzi aggravando ulteriormente i risultati di vendita.
A peggiorare il quadro, durante l’ultima assemblea, il presidente ha proposto un aumento del proprio stipendio del 30%, una decisione che appare in totale contrasto con le difficoltà finanziarie della cantina e che solleva ulteriori interrogativi sulla gestione complessiva.
Alla luce di tutto ciò, le liquidazioni appena comunicate ai soci da questo colosso cooperativo sono ben al di sotto dei minimi accettabili, risultando nettamente inferiori ai costi di produzione, che superano ormai i 22.000 euro per ettaro.
È evidente che il sistema delle cantine sociali trentine non riesce a tenere il passo con le loro omologhe altoatesine in termini di risultati economici avendo sbagliato completamente il modello industriale ed economico seguito. Crediamo sia giunto il momento di una seria riflessione e di un’assunzione di responsabilità da parte della dirigenza trentina, fino a considerare le dimissioni da parte di chi ci ha portato in questo baratro da cui sarà difficile risalire. Solo così si potrà provare a guardare al futuro con fiducia. Non possiamo dimenticare che stiamo ancora ripianando bilanci fallimentari del passato; non vogliamo trovarci a dover coprire nuovi deficit.
Abbiamo le competenze per produrre uve di altissima qualità, ma i costi di produzione sono paragonabili a quelli dello Champagne. Solo che, una volta in cantina, queste uve vengono trasformate in prodotti di basso livello e vendute a prezzi da vino da tavola. Le offerte a prezzi stracciati nei supermercati ne sono la testimonianza evidente. È chiaro che chi oggi dirige il settore, potendo contare su altre fonti di reddito e cercando soltanto visibilità, non ha reale interesse nel implementare il reddito agricolo.
Serve un cambio di leadership, non solo ai vertici delle singole cantine, ma dell’intero sistema vitivinicolo che finora ha avallato scelte insostenibili e controproducenti. È necessario affrontare le numerose anomalie presenti, che continuano a compromettere il settore. Anche il contadino meno esperto farebbe meglio, poiché per lui il reddito proveniente dalle vigne è questione di sopravvivenza. Questo è il punto: chiaro, no?
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Giuliano Preghenella e Lucio Caldera per conto di un gruppo di viticoltori cooperativi.