News immediate,
non mediate!
Categoria news:
LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI WIDMANN * SCUOLA: « NEI COMPITI DI UN MAESTRO FARE DEL PROPRIO DISCEPOLO UN’OBIEZIONE A SE STESSO »

Scritto da
18.11 - giovedì 9 marzo 2023

Gentile direttore Franceschi,

allego quanto oggi pubblicato sul quotidiano “l’Adige“, anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.

 

*

Giovanni Widmann insegna filosofia e storia al liceo Russell di Cles

 

Mi ha colpito la vicenda dell’insegnante di filosofia e dei suoi ex allievi, che dopo quarant’anni hanno riallacciato i contatti e si sono mobilitati per assistere il loro vecchio professore, appena appresa la notizia del peggioramento del suo stato di salute. Al di là del gesto di umanità e altruismo ci si chiede per quali motivi l’opera di un insegnante ha lasciato tracce così profonde nell’animo degli allievi, resistenti anche a distanza di tanto tempo. Tutti noi conserviamo il ricordo indelebile di un insegnante che più di altri ci ha segnato, contribuendo in modo determinante alla nostra crescita umana. Certamente l’autorevolezza di un insegnante dipende dalla sua preparazione culturale, così come dalla sua capacità didattica. Io credo però che l’elemento fondamentale stia nella sua vocazione ad appassionare gli allievi verso la materia che insegna, trasmettendo entusiasmo e partecipazione in quanto è egli stesso appassionato ed entusiasta di ciò che fa e che comunica. Un insegnante è autorevole quando è credibile, quando trapela autenticità nei suoi gesti e nelle sue parole, ovvero quando lascia intendere di credere in quello che dice e che fa. «La parola dell’insegnante si rivela degna di rispetto e tale diventa solo se è appassionata a ciò che insegna. (…) il carisma altro non è che il modo singolare con il quale un insegnante fa vibrare il sapere che trasmette ai suoi allievi», sostiene Recalcati ne L’ora di lezione.

Ed è proprio nel tempo sospeso rappresentato dall’ora di lezione che un insegnante può rivelare quei tratti che lo rendono speciale agli occhi dei suoi allievi: la capacità che ha di destare il loro interesse e la loro motivazione ad apprendere, il fascino che emanano le sue parole ispirate, la nobiltà dei suoi moventi. Il carisma e la personalità distinguono l’insegnante che resta nella memoria dei suoi allievi, che non consistono in una tecnica o nella teatralità delle sue movenze; anzi è proprio la sua naturale e spontanea capacità di appassionarsi mentre spiega, il suo ingenuo candore di genio affabulatore, il suo slancio generoso e disinteressato, a fare di lui un testimone di quanto possa essere importante nella formazione di una persona la cultura intesa come esperienza di vita. Affinché l’apprendimento sia significativo e abbia un senso non può infatti prescindere dalla dimensione emotivo-affettiva, da quella che sempre Recalcati chiama «erotizzazione del sapere».

Ricordiamo quegli insegnanti che ci hanno lasciato un segno, quelli che alla solida preparazione culturale hanno saputo unire la propria personale testimonianza di come l’incontro con un autore o con un libro possa cambiare la vita. Così anche l’incontro con un insegnante può cambiare la vita favorendo una scelta e una decisione. Ricordiamo gli insegnanti magari più severi e rigorosi, ma autentici, quelli che hanno saputo sostenere le ragioni della disciplina senza perdere mai di vista il fine essenziale della relazione educativa, che non è quello di fornire risposte ma di suscitare domande, di far pensare e insieme di coinvolgere ed emozionare. I bravi insegnanti non si appoggiano alle tecniche ma si nutrono di passioni, senza la pretesa di ammaestrare i propri allievi. Per questo molto spesso gli insegnanti che hanno lasciato un segno lo hanno fatto senza rendersene conto.

La venerazione degli allievi si guadagna restando fedeli a se stessi, non avendo paura di rivelare la propria insufficienza e i propri limiti, atteggiamento che connota il rapporto più onesto col sapere e con la vita. La statura etica di un insegnante sta nella sua rinuncia ad essere guida. Egli ci mostra diverse strade senza indicarcene nessuna, ci sostiene nel cammino restando al nostro fianco, senza porsi alla nostra testa. Ricordiamo quell’insegnante che ha tenuto aperto un varco nel muro compatto delle fedi e delle convinzioni, che ha costituito un’obiezione, posto un’interrogazione: non per sentire quel che già sa e ha insegnato, ma per far pensare. Quell’insegnante non ha saputo soltanto insegnare; ha esercitato su di noi un’influenza spirituale fondamentale: è stato per noi un maestro di vita.

Scegliersi un maestro, anziché subirlo, è già un intrinseco atto di emancipazione, oltre che un segno di saggia modestia. Un maestro sostiene il cammino; un maestro apre prospettive, fornisce strumenti preziosi di orientamento. Un maestro va però sempre superato, occorre liberarsi dei propri maestri; la liberazione dello scolaro è infatti già prevista e voluta dal vero maestro: educare presuppone abbandonare, è sempre un congedo, un lasciare indietro. È nei compiti di un maestro fare del proprio discepolo un’obiezione a se stesso. Perché ogni vero maestro non vuole essere ripetuto, quantunque gli tocchi in sorte l’onore di non essere dimenticato.

 

*
Giovanni Widmann insegna filosofia e storia al liceo Russell di Cles

Categoria news:
LETTERE AL DIRETTORE
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DELLA FONTE TITOLARE DELLA NOTIZIA E/O COMUNICATO STAMPA

È consentito a terzi (ed a testate giornalistiche) l’utilizzo integrale o parziale del presente contenuto, ma con l’obbligo di Legge di citare la fonte: “Agenzia giornalistica Opinione”.
È comunque sempre vietata la riproduzione delle immagini.

I commenti sono chiusi.