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LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI KESSLER * UCRAINA: « SOSTENERE IL GOVERNO DI KIEV ECONOMICAMENTE E CON LE ARMI, IL SOLO MODO PER FARE FINIRE LA GUERRA »

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19.02 - domenica 9 ottobre 2022

La situazione degli invasori russi dell’Ucraina è irrimediabilmente compromessa. Già dalla scorsa estate non avevano alcuna strategia se non quella di tenere quanto erano riusciti a occupare. Ora che gli aiuti militari hanno consentito agli ucraini di colmare il gap tecnologico, i russi sono in rotta sia sul fronte est nelle regioni di Donetsk e Lugansk, sia al sud, dove a Kherson 20.000 soldati, tagliati fuori dal resto delle truppe russe, tra poco potrebbero arrendersi in massa o altrimenti essere strangolati in un assedio senza uscita. Di fronte a questa situazione, Putin ha spostato il fronte su altri terreni, dove pensa di aver migliore fortuna.

Prima di tutto sul piano interno. Dall’ “operazione speciale militare”, a cui i russi potevano assistere come spettatori, Putin è passato alla “mobilitazione parziale”, dove ogni famiglia è chiamata a dare il suo contributo di sangue. Una scelta rischiosa, che rompe il patto sociale russo di reciproca indifferenza e non interferenza tra potere e cittadini. Per questo Putin ha dovuto alzare la posta e il livello di propaganda. L’annessione per legge di quattro regioni ucraine, nemmeno del tutto sotto controllo russo, non è stata altro che una gigantesca operazione di propaganda ad uso interno, tragica e farsesca allo stesso tempo, che cerca di capitalizzare quanto ottenuto dopo sette mesi (e 50.000 morti russi) di invasione. Per questo, nella cerimonia dell’annessione, Putin ha cambiato il registro ideologico a fondamento dell’azione militare. Dimenticata la farlocca “denazificazione” dell’Ucraina, il mantra motivazionale è ora il confronto con l’Occidente, colonialista, imperialista, ‘satanico’, che minaccia la civiltà russa e la civiltà umana, “consentendo persino il cambio di sesso”. A giudicare dalle code in uscita alla frontiera di centinaia di migliaia di maschi in età di mobilitazione, sostenitori della guerra, ma solo con la vita degli altri, non sembra che i russi si siano fatti convincere più di tanto.

Putin ha alzato la posta anche sul fronte ucraino. Mentre il suo esercito è impegnato solo a evitare la rotta catastrofica, ha ripreso a colpire indiscriminatamente le città dell’Ucraina. Rischia poco, i missili si possono lanciare da grandi distanze irraggiungibili dagli ucraini, dal territorio russo o da navi e sottomarini nel mar Nero. L’obiettivo è rendere impossibile la vita della popolazione di grandi città come Kharkiv, Dnipro, Odessa, interrotta di continuo dagli allarmi aerei e dalle esplosioni su obiettivi civili. Allo stesso tempo, dopo essersi impossessato della centrale nucleare che fornisce il 20% dell’energia dell’Ucraina, colpisce le infrastrutture civili. “Proprio di recente l’esercito russo ha colpito alcuni obiettivi sensibili. Consideriamolo un avvertimento”, ha dichiarato Putin in settembre, dopo che alcune centrali e dighe sono state bombardate in Ucraina, causando blackout e inondazioni. Sono minacce che potrebbero avere conseguenze catastrofiche per la popolazione civile che si prepara all’inverno. Colpire deliberatamente obiettivi civili è un crimine di guerra, non il primo a cui Putin ricorre per sostenere il traballante destino della sua “operazione militare speciale”. Ma gli ucraini hanno dimostrato di non farsi intimidire e la minaccia putiniana rischia di risolversi in un’affermazione di frustrazione e di rabbia vendicativa.

È il terzo fronte, quello della “guerra ibrida” con i Paesi occidentali, quello su cui Putin ha investito di più e da cui si aspetta i migliori risultati. Il ricatto energetico e la minaccia atomica sono le sue armi per frantumare l’unità dei Paesi occidentali, ottenere l’allentamento delle sanzioni e il blocco dell’invio di armi all’Ucraina. Da due decenni Putin ha tessuto la tela di relazioni, accordi commerciali e corruzione che ha portato l’Europa a dipendere dalla Russia per il 40% dei consumi di gas. Solo ora i Paesi europei hanno realizzato i pericoli che questa situazione genera per l’economia e per la loro stessa sicurezza nazionale e corrono ai ripari. La dipendenza dalla Russia si sta riducendo in maniera significativa, ma quel gas è ancora necessario per passare quest’inverno. Putin lo sa e usa l’energia come un’arma. L’ente di Stato Gazprom con furbe diminuzioni delle forniture ha scatenato la speculazione e fatto impennare il prezzo del gas e di conseguenza dell’energia elettrica, che in Europa è legato al primo. Dopo il sabotaggio che ha reso inutilizzabile NordStream, un piccolo “incidente” a qualsiasi altro gasdotto potrebbe causare gravi carenze di approvvigionamento di gas, con conseguenze facilmente immaginabili per la capacità di riscaldamento e per la produzione industriale e di energia in Europa.

Circola sui social un video attribuito a Gazprom, intitolato “un lungo inverno”, che mostra le città europee nel gelo per effetto del taglio delle forniture di gas russo. Il messaggio è chiaro: avete ancora bisogno del nostro gas; per normalizzare il mercato e i prezzi impazziti di gas e elettricità dovete trattare con noi, far cadere le sanzioni e lasciare l’Ucraina al suo destino. Già non pochi in Europa, in buona fede o al soldo della propaganda russa, sostengono questa tesi. In realtà, l’uso dell’energia come arma è una strategia disperata di Putin; è vero che prima dell’invasione dell’Ucraina il gas russo rappresentava circa il 40% del gas importato in Europa, ma è anche vero che in Europa la Russia esporta più dell’80% del suo gas.

Insomma, per il gas la Russia dipende molto di più dall’Europa che viceversa. Putin sa che l’Europa si sta attrezzando per fare a meno del gas russo dalla fine dell’anno prossimo e alza la posta, puntando il tutto per tutto sulle difficoltà di quest’inverno. I rimedi per rigettare il ricatto e scavallare l’inverno ci sono: consumi contingentati, politica dei prezzi che vinca la speculazione e sganci il prezzo dell’elettricità da quello del gas, minore attenzione agli interessi delle potenti società di importazione, ricorso accelerato a fonti e fornitori alternativi. E, quel che più conta, solidarietà tra Paesi europei; nessuno può pensare di salvarsi da solo. Spinti dalla necessità, ci si sta arrivando, lentamente, come al solito, quando si devono mettere insieme 27 governi diversi. Alla fine, Putin con le sue malaccorte e disperate minacce sta forse contribuendo a rendere più unita l’Europa anche su questo fronte.

Nel suo discorso del 30 settembre, celebrando l’annessione alla Russia delle quattro regioni ucraine, Putin ha menzionato le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, facendo capire che costituiscono un precedente legittimo per finire una guerra. La minaccia è stata poi esplicitata e amplificata dai falchi Kadyrov e Medvedev e dai toni allarmistici di molta stampa occidentale. L’uso di armi nucleari sul teatro di guerra ucraino ha poco senso. Andrebbero a uccidere o irradiare in buona parte soldati e cittadini russi delle nuove provincie, senza assestare un colpo decisivo alla capacità militare ucraina, che è diffusa sul territorio.

L’uso dell’atomica attirerebbe una reazione militare pesantissima degli Stati Uniti, non necessariamente nucleare, che potrebbe essere fatale per l’esercito russo e per lo stesso potere di Putin. Infine, politicamente, l’uso di un’atomica per finire una guerra di aggressione porterebbe ad un isolamento mondiale totale della Russia. Ma una volta evocato, il tema della guerra nucleare diventa dominante nel dibattito e nelle preoccupazioni delle opinioni pubbliche e c’è la tentazione di cedere al ricatto. “Trattiamo con Putin, smettiamo di inviare armi, per evitare l’escalation, per la pace.” È proprio qui che Putin ci sta conducendo; la sua speranza e il suo obiettivo sono che le sue allusioni al nucleare allentino le sanzioni e rallentino l’invio di armi all’Ucraina, consentendogli così di recuperare i destini di un’avventura militare altrimenti compromessa. Ma cedere al ricatto non porrà fine alla guerra convenzionale in Ucraina.

Renderebbe invece molto più probabile una futura guerra nucleare. Fare concessioni a un ricattatore nucleare gli insegna che con questo tipo di minaccia otterrà ciò che vuole, anche in futuro. Altri dittatori e futuri potenziali ricattatori saranno incentivati a fare altrettanto. E tutti saranno tentati di avere armi nucleari per difendersi da tali minacce, il che significa proliferazione nucleare globale. L’unico modo per difenderci da questa e future minacce nucleari è non cedere, come si fa con i ricatti dei terroristi di tutto il mondo.

Non cedere ai ricatti del dittatore e sostenere economicamente e con le armi la popolazione ucraina è il solo modo per far finire presto la guerra, risparmiare vite umane, far ritornare a casa le truppe russe e cominciare veri negoziati di pace. Richiede un po’ di coraggio da parte nostra e un costo economico che possiamo certo permetterci. Per la democrazia e la libertà anche nostra, gli ucraini pagano un prezzo di sangue.

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Giovanni Kessler
Presidente Associazione EUcraina

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