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LETTERE AL DIRETTORE

GIOVANNI KESSLER * SCANDALO PARLAMENTO EUROPEO: « SÌ A COMMISSIONE D’INCHIESTA, A TUTTE LE LATITUDINI IMPERANO INTERESSI E OPPORTUNISMO CINICO »

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17.07 - domenica 18 dicembre 2022

Per quello che si sa finora, lo scandalo che ha di recente investito il Parlamento europeo è più grave di ogni precedente conosciuto, anche di quello che fece cadere nel 1999 la Commissione presieduta da Santer. Lo è per la natura dei corruttori, degli Stati esteri, per la sistematicità dell’attività corruttivà e per la natura degli atti che si cercava di inquinare, espressione della volontà politica della più alta istituzione rappresentativa dell’Unione.

Le reazioni di sdegno, i tentativi di confinare lo scandalo a qualche “mela marcia”, ad una “Italian Connection” o ad una parte politica sono inadeguati, quando non strumentali, e destinati a fallire.

Occorre accertare il fenomeno delle indebite interferenze di nazioni straniere sull’attività del Parlamento in tutte le sue dimensioni e dare così un segnale di forza dell’istituzione, che può godere della fiducia dei cittadini solo sulla base di verità e trasparenza. Per questo è certamente preziosa l’attività della magistratura belga, che va sostenuta e a cui si dovrà chiedere di fornire pronta e piena informazione di ogni risultanza di indagine. Tuttavia, occorre ricordare che la giustizia penale nazionale ha la sua competenza (limitata per materia e per giurisdizione nazionale), i suoi tempi (lunghi) e i suoi scopi istituzionali (l’accertamento delle responsabilità penali personali), che divergono dall’interesse a un rapido ed esteso accertamento di tutte le responsabilità, personali, istituzionali e di sistema, coinvolte anche al di là della commissione di atti penalmente rilevanti per la magistratura belga.

È necessario per questo che il Parlamento costituisca una commissione di indagine sulle indebite interferenze di nazioni straniere, dotata di ampi poteri di accertamento sulle attività dei parlamentari, di fronte alla quale non si possano invocare immunità e guarentigie. L’indagine può servire allo scopo solo se è affidata ad un organismo indipendente, composto da persone di alto livello. Una commissione parlamentare di inchiesta, formata da membri selezionati dai gruppi e composta necessariamente da coloro che sono potenzialmente oggetto di indagine, sarebbe strumento per la prosecuzione della lotta politica e non certo per garantire la trasparenza dell’istituzione. Un rimedio peggio del male. C’è un precedente a cui ispirarsi, quello dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che nel 2017 fu travolta dallo scandalo della corruzione di più membri da parte, anche in quel caso, di uno Stato. Si affidò allora l’indagine a un panel indipendente, costituito allo scopo per fare chiarezza e per prendere i necessari provvedimenti.

Sì, perché se la trasparenza e l’accertamento dei fatti senza ombre e ambiguità è il primo passo necessario per salvare la credibilità, servono poi misure sanzionatorie e di prevenzione adeguate. Altrimenti si rischia di fare un lavoro fine a se stesso, senza conseguenze e risultati per il futuro.

Occorre allora pensare a sanzioni significative per i Paesi che risultano coinvolti in attività corruttive dei funzionari e dei Membri delle Istituzioni europee. Ad oggi, vi è una situazione di quasi completa impunità a questo riguardo, anche perché manca spesso la giurisdizione delle nostre autorità penali sui funzionari o governi stranieri. Sanzioni politiche o economiche nei confronti degli Stati corruttori possono essere ben più efficaci e facilmente applicabili delle sanzioni penali personali. C’è da chiedersi perché non siano già previste e regolamentate.

In secondo luogo, occorrerà pensare a forme di responsabilità oggettiva dei gruppi politici a cui appartengono parlamentari che facendosi corrompere, hanno inquinato il lavoro e la credibilità di tutta l’istituzione. I gruppi hanno un potere di selezione sui propri membri, che da loro vengono proposti a posizioni di responsabilità, e devono avere anche una responsabilità di vigilare politicamente sul loro lavoro. Essi sono sì responsabili politicamente del loro lavoro di fronte agli elettori, ogni cinque anni.

Sappiamo però quanto indiretto e parziale sia questo controllo (e quanto poco, a volte, gli elettori stessi siano sensibili alla corruzione). Per questo occorre rinforzare il coinvolgimento e la responsabilità dei gruppi parlamentari, che tanto potere hanno nella vita delle istituzioni e nella carriera dei loro membri, e non subiscono oggi alcuna conseguenza diretta delle loro malefatte. Non è difficile immaginare qualche sanzione sui finanziamenti o sul potere dei gruppi con membri corrotti. Ma la proposta dovrebbe venire dai gruppi stessi, evento improbabile, quanto dovuto, vita la situazione in cui ci troviamo.

Se sia politici navigati che di primo pelo si sono fatti coinvolgere così facilmente dal fascino del denaro contante, al di là dell’accertamento completo dei fatti e del rafforzamento delle sanzioni, una qualche riflessione politica è dovuta. I partiti politici da fucina di idee e programmi e da scuole di politica, si sono ridotti a carrierifici; morte le ideologie (che ben pochi rimpiangono), latitano la capacità e la volontà di progetto. Rimangono e imperano gli interessi, l’opportunismo cinico, la capacità di posizionamento. “Qualità” diffuse a tutte le latitudini, ma in cui i politici italiani si vantano spesso di eccellere.

Da qui all’accettare la non disinteressata benevolenza di qualche Paese il passo è molto breve, come si è visto. Non ci si può rassegnare alla politica dei tatticismi, della mera rappresentanza di interessi, dei facili populismi, dei voti raccolti con i soldi (propri o più spesso pubblici, elargiti per ottenere il consenso), cui si sono ridotti i partiti e molti politici. Politica è impegno, lavoro, studio, visione e passione. Che si torni a praticarlo. Altrimenti vincono i sacchi di contante.

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Giovanni Kessler
Ex Direttore dell’Ufficio Europeo Antifrode

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