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LETTERE AL DIRETTORE

GIORGIO TONINI * CONGRESSO PD TRENTINO: “ È DI FONDAMENTALE IMPORTANZA VALORIZZARE E RISCOPRIRE LA NOSTRA ‘VOCAZIONE MAGGIORITARIA’ “

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13.57 - lunedì 23 gennaio 2023

Gentile direttore,

A mano a mano che il Congresso del Pd sta entrando nel vivo, vanno acquisendo maggiore chiarezza i termini del confronto. Dopo una falsa partenza, segnata da un tentativo di sradicamento del partito dai suoi principi costitutivi, come definiti nella stagione della sua fondazione, il dibattito si sta opportunamente riorientando sui temi propriamente politici e programmatici.

La sconfitta del Pd (e del centrosinistra nel suo insieme) alle elezioni politiche del settembre scorso, non è stata infatti causata da una presunta subalternità della cultura politica dei Democratici italiani ai dogmi del “neo-liberismo”, che il Pd ha semmai contribuito in misura determinante ed efficace a contrastare. Basti pensare alla vera e propria “svolta” determinatasi in Europa nel 2019, con la costituzione, dopo le elezioni europee, della Commissione Von der Leyen, con Paolo Gentiloni commissario all’Economia, mentre David Sassoli, prematuramente scomparso giusto un anno fa, diventava presidente del Parlamento di Strasburgo.

Una svolta della quale sono state protagoniste, insieme, tutte le anime del centrosinistra italiano: non solo il Pd, che allora comprendeva ancora sia Calenda che Renzi, ma anche il Movimento Cinquestelle, che proprio col sostegno alla nuova Commissione europea ha reso possibile l’accordo “giallo-rosso” che portò al varo del Governo Conte II. La “svolta” europea, accelerata e amplificata dalle dimensioni inedite della pandemia e della recessione economica provocata dalle misure necessarie a contrastarla, ha portato al varo del programma “Next Generation EU”, con la mobilitazione di ben 750 miliardi di euro, raccolti attraverso l’accensione, per la prima volta, di vero debito comune europeo, e destinati ad un programma di interventi per la modernizzazione, in chiave di sostenibilità sociale ed ambientale, dell’economia europea; e alla sua “traduzione italiana”, il PNRR, definito dal Governo Conte II e perfezionato dal Governo Draghi.

Due potenti leve di sviluppo di qualità, attraverso un forte e deciso intervento della mano pubblica: l’opposto dei dogmi del “neo-liberismo”, piuttosto la riproposizione, in parallelo con le analoghe decisioni assunte dall’Amministrazione democratica Biden negli USA, di una sorta di neo-keynesiano e neo-rooseveltiano “New Deal 2.0”.

La domanda, per certi versi più radicale e scomoda, che i Democratici devono porsi non è dunque come abbandonare i dogmi del neo-liberismo, che il Pd non ha mai abbracciato ed ha sempre contrastato, ma piuttosto, come è stato possibile che questa svolta storica, per l’Europa e per l’Italia, prodotta da governi che hanno visto la collaborazione di tutte le forze del centrosinistra, una svolta condivisa ed apprezzata da una larga maggioranza degli italiani, non solo non ha prodotto una matura unità, anche elettorale, del centrosinistra italiano, ma si è risolta in una divisione tanto polemica quanto incomprensibile, fino al suicidio elettorale e alla consegna del governo del Paese ad una destra guidata da chi, come Giorgia Meloni, quella svolta aveva contrastato, dai banchi dell’opposizione parlamentare e dalle piazze “sovraniste” d’Italia e d’Europa. Un paradosso certificato dall’esito elettorale: poco più di 12 milioni di voti alla destra, quasi 14 al centrosinistra; 130 deputati di centrosinistra eletti col proporzionale, contro i 114 di destra, ma più di 120 deputati di centrodestra, contro una ventina di centrosinistra, eletti nei collegi uninominali, dove il centrosinistra diviso è stato sbaragliato da una destra unita, che ha trovato così un insperato via libera per le sue legittime ambizioni di governo.

Il Pd del Trentino ha qualcosa di originale da dire, in questo dibattito nazionale. Perché nel piccolo dei suoi numeri, almeno al Senato, dove ha potuto avvalersi di un sistema elettorale distinto e diverso dal resto d’Italia, ha potuto sperimentare un grado più elevato di unità, che ha prodotto risultati nettamente migliori. In Trentino, l’Alleanza democratica per l’autonomia non solo ha conquistato il collegio di Trento e ha perso per un soffio (300 voti) quello di Rovereto, ma ha portato ad un riequilibrio nei rapporti di forza elettorali tra le due coalizioni: 103 mila voti alla destra, 100 mila al centrosinistra (senza il M5S). Un risultato che ha confermato la buona affermazione dell’Alleanza alle amministrative del 2020 e rappresenta la migliore premessa per la conquista del governo della Provincia (e della Regione) alle elezioni del prossimo autunno.

Ad una condizione: che si confermi e semmai si estenda la capacità inclusiva dell’Alleanza, attraverso l’affermazione del primato dell’essenziale che unisce, sul contingente o il particolare che divide. Il Congresso del Pd del Trentino è un passaggio delicato e decisivo in questo senso: è di fondamentale importanza che il Pd valorizzi e semmai riscopra la sua “vocazione maggioritaria”. Che non è mai stata presunzione di autosufficienza, ma tutto al contrario apertura al pluralismo culturale, civile e sociale, e rispetto della varietà dei percorsi e anche delle modalità di adesione, condivisione, collaborazione con forze politiche, movimenti, associazioni, mondi vitali.

Secondo un modello di partito che fa della rete, ossia delle relazioni libere e aperte, e non del recinto, dello steccato, del muro, ovvero della rigidità delle appartenenze identitarie, il modello al quale ispirare la sua organizzazione e la sua stessa azione. Per questo non è importante, per chi prende sul serio il progetto del Pd, l’appartenenza identitaria del candidato a questa o quella carica. Molto più importante è la capacità di fare rete, di rompere confini, di aprire orizzonti nuovi.

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Giorgio Tonini
Consiglio Provincia Trento (Gruppo Pd)

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