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LETTERE AL DIRETTORE

CARLO GUARDINI * ELEZIONI POLITICHE: « PERCHÉ IO NON ANDRÒ A VOTARE IL 25 SETTEMBRE? COME CANTAVA BATTIATO… “POVERA PATRIA, SCHIACCIATA DAGLI ABUSI DEL POTERE”… » (LINK VIDEOCLIP)

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11.06 - martedì 26 luglio 2022

Lettera al Direttore.

Perché non andrò a votare il 25 settembre. – È semplicemente indegno e offensivo della democrazia lo spettacolo offerto in questi ultimi giorni (e non solo) da un Parlamento italiano ampiamente screditato e squalificato: grazie agli incredibili slalom di partiti politici ormai al declino, grazie alle incursioni messe a segno da pattuglie di ondivaghi deputati e senatori, ben poco “onorevoli”. Una rappresentazione profondamente lesiva della dignità dei cittadini e delle istituzioni, men che meno vantaggiosa in termini generali per il nostro povero Paese: uno spettacolo vergognoso, culminato nella non-fiducia/sfiducia a Draghi – uno statista apprezzato in tutto il mondo – una farsa che lascia attoniti, sbigottiti.

Ed arreca un danno enorme, come a breve amaramente constateremo, per il nostro povero Paese. Ma soprattutto, ancora una volta, quel che conta è il sentirsi davvero imponenti/prigionieri rispetto ai micidiali giochetti d’una politica ampiamente degradata e scaduta: da dimensione/missione di servizio della collettività ad un vergognoso mercanteggio, di parte e personale. La situazione di contesto induce – quindi – più alla disperazione in luogo d’ogni pur vaga volontà e speranza di fiducia nel futuro per questa nostra “Povera Patria” (copyright del grande Franco Battiato).

E mi sento rabbiosamente impotente dinnanzi a tanta dissennatezza, a quel “balletto degli irresponsabili”, come bene l’ha appellato Roberto Gentiloni commissario Ue dai palazzi di Bruxelles, balletto interpretato personaggi ora tutti presi a raccontare bugie per scaricarsi la colpa. Proprio come fanno i ragazzini colti con le mani nel vaso della marmellata. Una dissennatezza cui è seguito un immediato discredito in tutto il mondo, ma una follia consumata, però, “democraticamente” da “rappresentanti del popolo”: ma, nella realtà dei fatti, rappresentanti soltanto di interessi a loro uso e consumo, personale o di parte, nel totale disprezzo e diniego delle istanze/volontà del popolo (apertamente manifestate da ampi segmenti del nostro sociale) e delle necessità/urgenze interne, internazionali.

Passando sopra all’allarmante quadro geo-politico europeo e mondiale. Un Parlamento già agonizzante, screditato dai suoi reiterati fallimenti -tre inqualificabili crisi di governo in meno di cinque anni- ancora una volta ha saputo mostrare il suo lato peggiore. E come sempre, il sistema dei partiti, incapace di esprimere una politica funzionale all’interesse primario degli italiani, quando è all’angolo, costrettovi peraltro e costantemente dalla sua stessa litigiosa inadeguatezza, ricorre alle elezioni: prospettandole come concessione/soluzione salvifica, farisaicamente dando “la parola agli italiani”, come le voci populiste affermano ad ogni piè sospinto. Nella realtà gli italiani elettori sono ridotti al ruolo d’una gigantesca foglia di fico, messa a nascondere l’incapacità/fallimenti di quanti invece -istituzionalmente, democraticamente- dovrebbero farsi carico responsabilmente dell’azione della politica, ma non ne sono capaci.

Italiani elettori che sono anche ampiamente turlupinati dai molti (guarda caso, ancora una volta i populisti) che vanno berciando/illudendo, a destra e manca, che con le elezioni si sceglie chi governa: non è vero per nulla, Costituzione alla mano, dalle urne si dà vita ad un Parlamento che a sua volta dà vita ad un Governo, al netto degli immancabili giochetti e inciuci. E senza scordare la prassi -storicizzata- che ad elezioni passate, vede tutti quanti farsi letteralmente un baffo di quel che gli elettori decretano attraverso le urne, mettendo pervicacemente in campo i più convenienti patteggi, cambi di casacca da una formazione all’altra (Italia o Spagna, pur che se magna..), alleanze contro natura; mercanteggi, condotti platealmente e senza ritegno alcuno, in dispregio di quanto solennemente promesso. In cerca d’una maggioranza il più delle volte raffazzonata, che nella sua vita sarà comunque destinata ad essere rattoppata e attenta – inevitabilmente – più alle pulsioni e aneliti dei partiti piuttosto che alle esigenze del popolo, del sociale.

Discorso a parte, in ogni modo drammatico, meriterebbe poi la “qualità politica/democratica” complessiva delle tanto agognate/salvifiche consultazioni elettorali: una qualità davvero bassa, determinata da una platea elettorale estremamente volubile, generalmente impreparata (ignoranza grave della politica, delle istituzioni, delle regole) che da decenni, ormai, pone la sua scheda nelle urne staccando rigorosamente il cervello da qualsiasi ragionamento sui programmi e facendo prevalere la pancia, il sensazionalismo porta spalancata al populismo. Offrendo frettolosamente e banalmente ascolto e seguito alle più evidenti balle/promesse irrealizzabili; cedendo alla distorsione della realtà dei fatti.

Un “caos democratico” che in realtà è – a mio avviso – esso stesso un vero e proprio vulnus/oltraggio insanabile alla democrazia stessa: se democrazia continua a significare potere del popolo, come è stato insegnato sui banchi di scuola almeno a quanti hanno, come me, i capelli grigi. Con rispetto e responsabilità individuali e collettive: la democrazia occorre meritarla e coltivarla per saperla vivere nei suoi frutti migliori.

Per questo, con profonda amarezza e delusione, il 25 settembre prossimo -ancora una volta- non andrò a votare: perché considero queste elezioni -come tante precedenti degli ultimi decenni- una vera e propria presa in giro, un’indegna e offensiva farsa. L’astensionismo non nasce dagli astri, nasce dal basso, così: trent’anni or sono la percentuale dei votanti sugli aventi diritto era, nel nostro Paese, attorno al 75-78 per cento, poi è progressivamente calata fino all’attuale 47-48 (28 per cento alle ultime amministrative). Personalmente, mi auguro precipiti a livelli talmente infimi da rendere problematica e improponibile -vista la sua inconsistenza- qualsiasi forma di legittimazione istituzionale.

Mi si accuserà d’essere disfattista e qualunquista, ma da molto tempo resto fermamente convinto dell’urgente necessità d’una totale ri-fondazione ri-edificazione del nostro sistema politico senza la quale ogni esercizio democratico sarà comunque inutile a fronte del sistema degradato. Invoco una nuova Costituente, come accadde nei passaggi dalla dittatura alla Repubblica, nella quale si riscrivano nuove regole, aggiornate alla luce delle palesi storture e dei mal funzionamenti della macchina Stato; invoco un processo di revisione/aggiornamento del criterio della rappresentanza e dei meccanismi parlamentari che ponga al riparo in primo luogo la democrazia stessa e quindi garantisca effettivamente e realmente i cittadini.

Nella sua irripetibile esperienza, Mario Draghi ha indicato la strada non solo per far bene le cose, come tutto il mondo gli riconosce, ma anche per battere populismi e pulsioni autocratiche (tanto care, guarda caso, ai suoi killer bacia-pantofola di Putin, Berlusconi, Salvini e Conte) e proprio per questo è stato cacciato: si tratta d’un percorso segnato da concretezza, rigore, impegno e serietà, osservanza delle regole e dei limiti, attenzione/tensione alle dinamiche internazionali, rispetto e costante prevalenza e priorità delle istanze/interessi collettivi. Tutte dimensioni delle quali, nel nostro Parlamento, s’è fatto drammaticamente strame.

In luogo delle consumate, accademiche attestazioni e dotte prediche sul voto “diritto-dovere”, occorrerebbe creare -non solo negli annunci elettorali immancabilmente roboanti- le condizioni per una nuova “offerta politica” che sia davvero tale: ossia garantita e qualificata, come lo sono al supermercato, quei prodotti che scegliamo liberamente, democraticamente, ogni giorno. Occorre creare un valido scudo/riparo, al sistema Stato, dalle minacce dei populisti incapaci e dannosi alla prova dei fatti, ma purtroppo forti nella pienezza dei loro micidiali e devastanti diritti-poteri, esercitati semplicemente perché “democraticamente eletti” (4 secoli AC anche il cavallo di Caligola era senatore..). Occorre rivedere regole, modalità e criteri della rappresentanza parlamentare, dimensione e condizione cardine della democrazia.

La mia scelta “exit” è paragonabile al rifiuto di partecipare (alla Forrest Gump “sono un po’ stanchino”..) ad una competizione già falsata in partenza da una Legge elettorale vergognosa, dai ben noti maneggi dei partiti. Una competizione del tutto tarocca che con alte probabilità avrà a fallire (come tante altre, precedenti) e allora si ricercheranno colpe tirando in campo l’estate, il mare, ombrelloni e le spiagge. Mentre nella realtà anche quest’elezione si prospetta come una surreale partita di pallone-legislatura, nella quale i giocatori sanno fin dall’inizio che possono cambiare a piacimento squadra, variano i perimetri d’azione, si patteggiano le regole-elastico a seconda dei gol segnati e dell’influenza degli allenatori, la confusione nei ruoli impera, i guardalinee sono alla mercé di chi meglio paga e perfino gli arbitri, volendo, possono scappare, magari tenendosi in saccoccia anche il pallone. Occorre quindi mettere mano alle regole, seriamente e radicalmente, efficacemente.

Partendo, magari e per esempio, dall’abolizione d’ogni forma di retribuzione-pagamento del fare politica, cosicché il fare politica non diventi professione o mestiere: basta lauta pensione da parlamentare, prebende/indennità/benefit (segretari, telefonini, iPad e pc pagati da Pantalone, viaggi gratis, auto blu e chi più ne ha più ne metta) per onorevoli e senatori, valga soltanto un doveroso rimborso spese. Vuoi fare il parlamentare con quello “spirito di servizio” del quale ti riempi la bocca (solo) in campagna elettorale? Bene, grazie, ma sappi che ti verrà riconosciuto/garantito solamente il tuo reddito precedente, nulla più e niente in meno.

Giustamente non diventerai più povero nel fare politica, nemmeno più ricco! Così si determinerebbe -immediatamente quanto efficacemente- un’immediata selezione naturale di candidati, una soglia quantitativa e qualitativa: gli scappati di casa resterebbero a casa, gli incapaci cialtroni resterebbero relegati alla loro ignavia in luogo di arrecare pubblico danno, e – aspetto di non trascurabile rilevanza – con simili garanzie, magari chi ci sa fare davvero potrebbe avere una qualche ragione/motivazione in più per mettersi in gioco nell’interesse di tutti accettando un mandato pubblico in spirito autentico di “civil servant”.

Ma la mia è pura utopia, me ne rendo conto: e rammento il sociologo tedesco Luhmann, la sua teoria dei sistemi. Affermava come nei consessi sociali, qualsiasi sistema (economico, sociale, politico) giunto ad un buon livello di organizzazione, finisca soltanto ed inevitabilmente per perpetuarsi/conservarsi, auto-proporsi: ma mai a rinnovarsi.

“Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere …. non cambierà/forse cambierà .. si può sperare .. ma la primavera intanto tarda ad arrivare …” come canta Battiato, ascoltatelo su Youtube … LINK

 

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Carlo Guardini

(Calliano – Tn)

 

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