Gentile Direttore,
trovo doveroso per un possibile reale cambiamento condividere l’importante discussione che si è svolta oggi in aula regionale in merito alla proposta sulla proporzionalità tra Aula e Giunta regionale di donne e uomini.
Credo sia importante oggi portare in aula e al pubblico la testimonianza delle moltissime donne che per essere considerate al pari degli uomini non basta che siano sé stesse, ma devo essere “più”: devono essere più sveglie, più simpatiche, più competenti, più laboriose e, talvolta, pure più silenziose. Queste stesse donne, però, spesso devono essere anche “meno”: meno umorali, meno determinate, meno intraprendenti e meno coraggiose.
Ecco, credo allora che la norma discussa oggi sia proprio per quelle donne che non accettano di essere più o meno, che non accettano di essere considerate una specie a rischio, ma vogliono semplicemente essere giudicate per quello che sono, impegnandosi e lavorando seriamente ogni giorno senza rinunciare alle loro sensibilità.
Ma allora, alla luce di quanto appena detto, come si giustifica l’obbligo per legge di prevedere una rappresentanza obbligata in seno alla Giunta regionale? Come si giustifica una limitazione così forte della libertà di uno o di una Presidente di poter scegliere, indipendentemente dal sesso, i componenti del proprio esecutivo? Ebbene dobbiamo partire dal presupposto che la società non è perfetta e che spesso, anche in buonafede, gli interessi delle comunità che la compongono – se non vengono posti in essere i giusti correttivi – non riescono sempre ad emergere.
Ecco, quindi, che non provo nessun tipo di imbarazzo nel definirmi contraria alle cosiddette “quote rosa” e parimenti dichiarare convintamente il mio sostegno alla proposta di legge discussa, giacché considero le donne non come una specie in via di estinzione da proteggere e preservare, ma come una componente della società che ha il diritto (e anche il dovere) di portare le proprie sensibilità e le proprie competenze in tutte le formazioni sociali ove vengono stabilite le regole che governano la nostra comunità.
Pertanto, credo sia giusto parlare più che di quote rosa di proporzionalità di genere, giacché la novella che stiamo per introdurre un domani potrebbe essere utile per garantire la rappresentanza dell’altro genere. Su questo guardo i colleghi di Bolzano, che in un territorio multilingue e multietnico come il Sudtirolo si confrontano ogni giorno con una regola – quella della proporzionale etnica – che da sempre garantisce il corretto bilanciamento tra gli interessi della popolazione tedesca, italiana e ladina: grazie a questo principio, pur con il giusto bilanciamento, nessuno dei gruppi si impone sull’altro ed anzi viene assicurato che i bisogni della comunità nel suo complesso siano considerati, indagati e, nella migliore delle ipotesi, soddisfatti .
La presenza delle donne nelle istituzioni è quindi essenziale per tutelare le peculiarità della nostra società, e non solo con riguardo a quei temi che notoriamente vengono ricondotti – anche in maniera semplicistica – all’universo delle donne – come ad esempio la conciliazione tra vita professionale e familiare, la violenza di genere e le politiche per l’uguaglianza –, ma proprio per portare nelle stanze dove si prendono le decisioni la visione e le attitudini del mondo delle donne che, piaccia o non piaccia, non sono sempre coincidenti con quelle degli uomini. Diversi studi hanno dimostrato che le aziende e le istituzioni con una maggiore rappresentanza femminile tendono a ottenere risultati migliori, giacché diversità significa innovazione, creatività e una maggiore capacità di risolvere i problemi.
In un momento storico in cui il nostro territorio affronta sfide complesse, avere punti di vista diversi è fondamentale per trovare soluzioni efficaci e sostenibili. Studi dimostrano altresì che una maggiore presenza di donne in posizioni di leadership non solo promuove l’uguaglianza, ma ha anche effetti positivi sulle performance delle aziende e delle istituzioni: ho partecipato ieri sera a Riva del Garda ad un convegno sul ruolo nello sviluppo economico e sociale del territorio di Fiere e Cogressi. Un totale di indotto di 44 milioni di euro con un team composto da 44 donne e 8 uomini.
Un report pubblicato McKinsey & Company nel 2020 ha rivelato che le aziende con una maggiore diversità di genere nei team dirigenziali hanno il 25% di probabilità in più di superare i loro competitor in termini di redditività. Ciò è dovuto in parte al fatto che la diversità porta una gamma più ampia di prospettive, idee e soluzioni, riducendo il rischio di “pensiero unico” e decisioni affrettate.
Certo, la nostra società sta facendo passi importanti in punto di eguaglianza di genere, visto che solo dieci anni fa sarebbe stato impensabile che avere una Presidente del Consiglio dei Ministri, una Presidente della Commissione Europea, una Presidente del Parlamento Europeo, una Presidente della Banca centrale – tutte, tra l’altro di centrodestra – ma ancora molto deve essere fatto. Uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 2023 ha evidenziato che, a livello globale, le donne costituiscono solo il 28,3% delle posizioni dirigenziali, mentre i dati del World Economic Forum del 2023 ci dicono che le donne occupano solo il 26% dei seggi parlamentari a livello globale (nel Parlamento italiano, invece, la situazione è un po’ migliore visto che senatrici e deputate costituiscono il 33% dei parlamentari).
Ma se è vero che la situazione sta migliorando quando si tratta di organi rappresentativi, è altrettanto innegabile che poco si è fatto con riferimento ai ruoli esecutivi e a quelli di vertice: infatti a livello nazionale il dato della presenza femminile nei consigli comunali è pari a circa il 33%, mentre solamente il 7% dei sindaci sono donne e, parimenti, se nelle prime 100 società italiane per capitalizzazione, attualmente le donne in CDA sono circa il 42% – con un incremento di circa 25 punti in 10 anni – le donne CEO (in italiano amministratore delegato) sono solo il 4% del totale.
Ecco allora che la legge discussa oggi non va nella direzione di garantire la rappresentanza delle donne – la cui schiera è già abbastanza nutrita in questo Consiglio regionale – ma mira a garantire che la voce delle donne non solo arrivi dove si esercita il potere esecutivo, ma sia presente proprio nel momento in cui vengono prese le decisioni più importanti per la nostra comunità.
Tanto ci sarebbe ancora da dire, ma voglio limitarmi ad una breve riflessione, auspicando per il futuro che norme di questo tipo non siano più necessarie e che sia la stessa società, in maniera autonoma, a valorizzare le proprie componenti ed i propri talenti.
Spesso quando si parla di politiche di genere passa il concetto – errato – che uomini e donne siano su due fronti contrapposti e che siano i primi a non volere le donne in posizioni di potere. Certo, questo ogni tanto accade, ma ritengo che, come donne, abbiamo anche il dovere di fare una seria autocritica: spesso sono le donne a non votare per altre donne e talvolta sono proprio le donne a denigrare quelle donne che rifiutano i paradigmi tradizionali e scelgono di pensare con la loro testa, di essere libere, propositive e, qualche volta, pure testarde.
Ecco allora che in conclusione mi sento di rivolgere un appello a colleghe e a tutte le donne: impariamo a sostenerci a vicenda, impariamo ad apprezzarci anche con le nostre imperfezioni, impariamo a fare squadra e a lavorare nell’interesse di tutti. Mettiamoci a disposizione della politica anche per le prossime elezioni di maggio. Facciamoci valere, perché valiamo almeno tanto quanto gli uomini, stimiamoci di più e vedrete che non avremo più bisogno di leggi come questa.