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LETTERE AL DIRETTORE

ANDREA RABAGLIA * LAGORAI: « LASCIAMO AI NOSTRI FIGLI E NIPOTI IN EREDITÀ UN LEMBO DI TERRE ALTE INTATTE, NON ALTERATE »

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15.35 - giovedì 13 febbraio 2020

Le Terre Alte, per definizione, sono luoghi impervi, che temprano, isolati e soggetti a dinamiche ben diverse da quelle dei luoghi di pianura o di città: mute maestre di vita, per dirla con Goethe, per chi vi si accosta con il dovuto rispetto.

La Globalizzazione, a passo di gigante, ha sempre più ravvicinato gli spazi, la condivisione di abitudini, mode e stili di vita, mentre l’e-commerce ha livellato ed approntato il resto, appiattendo ogni diversità e rendendoci tutti sempre più simili. Un ragazzino di montagna o di campagna, pensiamoci, oggi non è più molto diverso, come invece poteva accadere un tempo, da uno metropolitano. I centri storici delle Città e i loro dintorni, eccettuati i simboli e i monumenti, oggi si somigliano tutti: le stesse catene di negozi presenti, il caos e la frenesia spadroneggiano, lo smog toglie il respiro.

Pensate di viverci tutto l’anno, in città. Pensate di farlo, ma immaginate anche che l’unico pensiero che vi dà la forza di resistere sia proprio quella boccata di ossigeno che avrete non appena potrete fare una scappata in Montagna. Pensate a Dino Buzzati: strappato alle sue montagne e inghiottito da Milano, fantasticava raffigurandosi il Duomo come un insieme di eleganti guglie dolomitiche, anziché gotiche. E, appena ne aveva modo, stringeva quelle guglie dolomitiche, lasciandosi a sua volta abbracciare dal silenzio incantato delle Pale (“Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?”, si chiedeva incantato).

Accade così anche oggi: c’è chi vive nel caos e nella frenesia, respira smog ma non vede l’ora di staccarsi dalla Città per rigenerarsi in un Paradiso assoluto come il Lagorai. Un posto unico, un’oasi che, nonostante alcune zone di antropizzazione, rimane ad oggi un angolo selvaggio del Trentino. Un patrimonio (inestimabile) che sarebbe assolutamente da salvaguardare, senza cedere ad interessi di parte, bensì nell’interesse della Collettività.

Se ci guardiamo attorno, troppi sono ormai i luoghi che di vera montagna hanno solo il ricordo: una montagna svilita, addomesticata, edulcorata, che poco ha a che fare con la Wilderness, che ci ricorda quanto siamo infinitamente minuscoli di fronte alla Natura. Lo stesso Papa Wojtyla, oggi Santo, amava il silenzio della Montagna, per avvicinarsi ulteriormente al Creatore attraverso il Creato. Dovremmo essere grati e riconoscenti per un Paradiso naturale come quello del Lagorai che ci è stato tramandato, evitando di cedere alla tentazione di rincorrere il business a tutti i costi, preservando posti così unici, perle così rare.

Se la Montagna oggidì non deve essere altro che la Città traslata nelle Terre Alte, ovvero una bella cornice in inverno e qualche grado in meno d’estate ma con tutto quello che si è abituati ad avere a portata di mano, allora abbiamo annichilito ogni senso; e, si sa, il sonno della ragione genera unicamente mostri.

Tuttavia, siamo ancora in tempo… Confido di tutto cuore di non svegliarmi un giorno, presto o tardi, salire in Lagorai e trovare quei luoghi incantati stravolti. Sarebbe, oltre che un grave torto e offesa per i nostri figli e nipoti, una sconfitta per tutti: lasciamo loro in eredità almeno un lembo di Terre Alte intatte, non alterate.

 

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Andrea Rabaglia

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