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LETTERE AL DIRETTORE

ALESSANDRO BETTA (PD) * INFLAZIONE E AUTONOMIA: « IN TRENTINO SIAMO AL 12%, L’EFFETTO RICADE SOPRATTUTTO SU LAVORATORI DIPENDENTI E PENSIONATI »

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17.39 - sabato 18 febbraio 2023

Gentile direttore Franceschi,

 

Inflazione e autonomia. Si assiste ad un aumento generalizzato e prolungato dei prezzi, su larga scala, mentre gli stipendi rimangono fermi, e quindi il potere d’acquisto diminuisce e il denaro vale meno: questa è l’inflazione e, tendenzialmente, in Trentino siamo oramai al 12%. L’effetto negativo dell’inflazione ricade soprattutto sui lavoratori dipendenti e pensionati. Tra le cause va presa in esame la rapida riaperture delle attività economiche, post lockdown, che ha fatto crescere la domanda più rapidamente dell’offerta, a fronte dell’interruzione della catena di approvvigionamento industriale a livello globale.

A ottobre il fondo monetario internazionale (Fmi) ha pubblicato le sue previsioni economiche annuali e si stima una crescita debole in tutto il mondo nel 2023. le questioni sotto i riflettori sono l’inflazione elevata, la stretta delle banche centrali, la guerra in Ucraina e i continui effetti della crisi economica, soprattutto in Cina.

Relativamente all’Eurozona, vi è il rischio che vi sia la possibilità di interruzioni nell’approvvigionamento energetico europeo che possono portare a ulteriori impennate dei prezzi dell’energia e a tagli alla produzione. Uno scenario al ribasso che riflette questo rischio indica un’inflazione più elevata rispetto alle proiezioni base nel 2023 e nel 2024 (rispettivamente al 7,4% e al 3,6%) e con un mercato del lavoro che, grazie a provvedimenti varati dai governi di centrosinistra, registra incrementi solo dal lato dei contratti a tempo determinato. Che fare, per ridurre l’effetto dell’inflazione sui lavoratori dipendenti e pensionati?

Tra i provvedimenti da non adottare tout court il ripristino della vecchia scala mobile, soppressa in Italia nel 1992 con l’accordo triangolare tra governo e parti sociali. La scala mobile voleva ridurre l’effetto dell’inflazione (di tipo endogeno), aumentando il potere d’acquisto dei lavoratori, con l’aumento automatico delle retribuzioni a fronte dell’aumento dei prezzi generalizzato, ma tale meccanismo ha comportato un aumento perseverante dell’inflazione.

Al tempo stesso il modello “concertativo trilaterale” introdotto ha funzionato per un breve periodo successivamente (si tenga presente che per oltre un decennio l’inflazione è risultata fisiologica e le materie prime costavano poco), la dinamica inflattiva (di tipo esogeno) ha ripreso vigore e per tutelare salari e pensioni serve dell’altro. Infatti -e non a caso- la contrattazione di primo livello (C.c.n.l.) e quella di secondo livello (integrativi aziendali) non riesce a recuperare il ”gap” inflattivo per tale motivo, unitariamente e in deroga alla regolamentazione, il sindacato si sta orientando verso delle rivendicazioni tarate su aumenti “fissi”.

Indubbiamente si tratta di problematiche che vanno gestite a livello nazionale tuttavia il nostro sistema di Autonomia speciale potrebbe introdurre un meccanismo di carattere straordinario di tipo perequativo atto a difendere salari e pensioni dal caro vita, in particolare per i nuclei famigliari più in difficoltà nel garantire il pagamento di esigenze essenziali e il dignitoso potere d’acquisto.

È chiaro che una politica economica dovrebbe essere in grado di contenere l’aumento dei prezzi generalizzato e ingiustificato. Il Governo nazionale precedente aveva ridotto, ad esempio, le accise sulla benzina. anche la tassazione sugli extra profitti delle imprese energetiche (gas, elettricità e carburanti) con una  tassa del 25% sugli extra profitti maturati dal 1° ottobre 2021 al 31 marzo 2022, rispetto allo stesso periodo tra il 2020 e il 2021, è una misura che non aiuta i lavoratori direttamente, ma può consentire al governo di utilizzare i maggiori introiti per attuare misure capaci di aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori e delle famiglie più in difficoltà.

E quindi a fronte del fatto che durante la pandemia non tutti i settori economici hanno sofferto, anzi alcuni hanno guadagnato, come ad esempio il settore farmaceutico, l’e-commerce, i trasporti e la logistica e che attualmente anche il settore dell’edilizia conosce una ripresa importante, viste le misure di contribuzione finalizzate alle ristrutturazioni e modernizzazioni delle abitazioni, si deve assolutamente ipotizzare l’introduzione del salario minimo, che non va considerato come il salario tipo, giacché è comunque troppo basso (oggi si parla di 9 euro all’ora), ma non esistendo oggi alcun limite, sarebbe comunque un passo avanti verso le parti più fragili del mondo del lavoro.

Il salario minimo per Legge è una questione importante ma estremamente complicata in quanto agirebbe trasversalmente su tutti i settori, compresi quelli coperti da C.c.n.l. (la maggioranza), di conseguenza, in estrema sintesi, l’obiettivo di tutelare una parte produrrebbe l’effetto di calmierare tutto il resto. In realtà il problema andrebbe posto in maniera diversa specificatamente rispetto l’emanazione di una norma sulla rappresentanza e sulla contrattazione tra le parti sociali.

Certamente poi la via preferibile è l’estensione generale della contrattazione collettiva. oggi alcune piccole imprese non applicano alcun contratto collettivo e pagano i lavoratori come ritengono utile (in realtà applicano i cosiddetti “contratti pirata”), quindi con una valutazione soggettiva. A livello locale, a normativa invariata si potrebbero prevedere forme di de-fiscalizzazione, alle imprese che applicano i contratti collettivi ai lavoratori, in passato simili provvedimenti sono già stati adottati e in tal modo si faciliterebbero gli accordi sindacali.

Questo non significherebbe togliere autonomia alle imprese anzi introdurre una regolamentazione sulla concorrenza, ma servirebbe pertanto a riequilibrare i livelli di potere tra i datori di lavoro e i lavoratori (norma sulla rappresentanza -vedi proposta di Alessandro Olivi).

Infine, a livello locale si può agire anche sulla riduzione dell’addizionale regionale, vista anche la disparità esistente tra le nostre due province: i trentini sono tassati di più rispetto ai vicini altoatesini, evidentemente siamo meno efficienti e competitivi come provincia (pensiamo al disastro sulla gestione spinosa dei rifiuti!). Si tratta di scelte fatte o meglio non fatte, serve coraggio anche magari di scontentare qualcuno che però ha sicuramente un tenore di vita più che dignitosa, se la coperta è corta e scopri chi già sta al freddo non puoi che rendere ancora più difficile la condizione di chi già fatica.

La disparità è nell’applicazione delle aliquote utili per il calcolo dell’addizionale regionale Irpef, che nella Provincia autonoma di Trento seguono il seguente criterio progressivo: ai redditi lordi annui fino a € 55.000 viene applicata un’aliquota pari all’1,23%, mentre oltre tale soglia l’aliquota applicata è del 1,73%. in provincia di Bolzano, le aliquote applicate sono le stesse, ma la soglia degli scaglioni di reddito imponibile è più alta di ben € 20.000 lordi annui, ciò a grande vantaggio di tutti i contribuenti che percepiscono redditi di fascia media per un nucleo familiare tipo. il dato altoatesino risulta così essere uno dei più vantaggiosi a livello nazionale, probabilmente frutto di politiche virtuose.

Infine, le attività economiche che non hanno perso a causa della pandemia, ma che hanno guadagnato di più e comunque le imprese che registrano una situazione economica positiva, potrebbero, da subito, adottare misure a favore dei propri dipendenti, alcune lo hanno fatto, rendendo concreto il senso civico e sentendosi parte di una comunità, praticando così il principio di solidarietà e sussidiarietà.

A riguardo si tenga presente che i vari bonus previsti dai d.l. sono risultati utili ma, essendo discrezionali, non tutte le aziende hanno ritenuto opportuno riconoscerli ai propri dipendenti e comunque, nella maggioranza dei casi, sono stati erogati senza alcuna contrattazione, in forme e misure estremamente diverse quanto discrezionali . Per fronteggiare le dinamiche inflattive potrebbe anche risultare utile l’istituzione di osservatori territoriali paritetici (parti sociali, associazione di categoria), almeno nei comuni più grossi, con il compito di monitorare l’andamento inflattivo.

 

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Alessandro Betta

Pd Trentino

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