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LETTERE AL DIRETTORE

15 INFERMIERI COORDINATORI * RSA TRENTINO: « SÌ AD ADEGUATA CONSIDERAZIONE DEL RUOLO E CONGRUA RETRIBUZIONE, COME PROPOSTO AD APSS »

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12.43 - venerdì 7 luglio 2023

Gentile direttore Franceschi,

 

riflessione infermieri coordinatori. Siamo un gruppo di coordinatori, che alla luce del difficile periodo che le RSA stanno attraversando e dei diversi articoli in merito apparsi sui giornali, desidera portare il proprio contributo al dibattito che si sta aprendo. Le RSA rappresentano una risorsa preziosa quanto migliorabile per il territorio in cui operano, al servizio della comunità tutta, in particolare di persone divenute fragili e delle loro reti sociali e famigliari.

In RSA vengono accolte e prese in cura persone che si rivolgono a noi quando sentono venir meno salute, ricordi, autonomia, la possibilità di rimanere a casa, a volte dopo aver perso persone care. Parliamo di persone anziane e non, ma persone che convivono con malattie neuro-degenerative di varia natura e gravità fino allo stato vegetativo, persone con la demenza in età anche precoci, con disturbi di natura psichiatrica per cui non sono ancora stati fatti pensieri programmatori specifici stante la particolarità delle loro necessità.

Siamo consapevoli che il modello attuale delle RSA vada ripensato, che occorre coraggio e innovazione per prepararsi alle diverse dinamiche demografiche degli anni a venire e ci sono strutture che, spesso nel silenzio, stanno sperimentando dei modelli assistenziali innovativi per essere all’altezza delle sfide da affrontare.

Il piano si sta inclinando e non ci pare se ne parli a sufficienza, mentre diventa urgente prepararsi all’invecchiamento della popolazione all’aumento di persone che avranno bisogno di supporto, possibilmente a casa propria, il più a lungo possibile. Ma quando la complessità della situazione e/o la fragilità del contesto lo rendono necessario, almeno per ora, trovare sostegno in una struttura residenziale diventa fondamentale e la domanda che dobbiamo porci è cosa vorremo ci venisse offerto nel momento in cui versassimo in stato di bisogno?

Servono mani sapienti e attente, che sappiano offrire supporto, ascolto, dignità e cura anche nell’ultimo tratto del percorso di vita, professionisti competenti e motivati. La carenza di personale infermieristico, O.S.S. qualificato e di altre figure professionali che si va profilando sta mettendo a rischio la sicurezza e la qualità delle cure erogate in RSA e questo ci preoccupa molto.

I parametri infermieristici per le RSA sono rimasti congelati negli anni, nonostante siano cambiati la demografia della popolazione, i criteri di accesso e quindi i bisogni delle persone accolte. Come sottolineato recentemente dal nostro Ordine Professionale, le dotazioni infermieristiche sono gravemente sottodimensionate mentre dovrebbero essere adeguate a rispondere in sicurezza ai bisogni sanitari e assistenziali sempre più complessi.

Permane lo stereotipo cristallizzato nel tempo per cui l’infermiere in RSA sia il “dispensatore di pastiglie”. La somministrazione della terapia farmacologica è di certo un processo importante che richiede elevate competenze intellettuali, ma non è tutto. L’infermiere lavora in équipe in un approccio olistico tenendo la regia del progetto di vita scelto dal residente e condiviso con le persone amate, ha competenze relazionali, educative, preventive e non solo. L’infermiere svolge una professione intellettuale, ancora troppo poco valorizzata e di cui non si è ancora compreso a pieno il valore, anche in termini di ricadute sulla salute e sul benessere dei cittadini.

 

Offrire un lavoro attraente richiede a nostro avviso:

un contenuto professionale stimolante in cui si possa svolgere il proprio lavoro in sicurezza, dispiegando la propria professionalità con l’aumentare delle competenze a favore delle persone di cui ci si prende cura in RSA il cui focus è incentrato sulla qualità di vita;

un’adeguata considerazione del ruolo supportata da una congrua retribuzione e contrattualmente adeguata a quanto proposto in APSS per cui ad oggi esistono differenze;

condizioni che diano possibilità di carriera specialistica, magari in collaborazione tra più strutture e di carriera dirigenziale;

adeguamento dei parametri infermieristici, fermi ormai da molti anni e non rapportati alle reali necessità del contesto;

riconoscimento e sostegno all’interno e all’esterno.

 

Lavorare in RSA significa lavorare innanzitutto con persone, uniche per esperienza, desideri, valori e storie di vita, persone per cui non è possibile pensare che una pianificazione delle cure e dell’assistenza standard possa soddisfare le necessità e le aspettative del singolo. Per poterlo fare, e fare bene, serve personale, servono programmazione, pianificazione, organizzazione, ascolto e relazione.

Operare in RSA significa quindi lavorare con donne e uomini, madri e padri, sorelle e fratelli, nonne e nonni che sono innanzitutto persone e non solo patologie o insiemi di problemi. Essi rappresentano le nostre radici, sono portatori di vita vissuta e dispensatori di esperienze che ci hanno portato a essere quello che siamo, e a loro dobbiamo rispetto, riconoscenza e cura fino all’ultimo respiro.

 

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Bomè Sonia
Bonola Alessia
Braucci Nicola
Caser Gianmaria
Contini Elisa
Dossi Antonietta
Fedrizzi Orietta
Foglio Cinzia
Leila Lorenzi
Miotto Maria Cristina
Momi Serena
Neculaes Manuela
Rizzoli Ilaria
Zampedri Giulia
Zanetti Mara
Zeni Sylvie

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