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LANCIO D'AGENZIA

WALTER PRUNER * « LA CORTE D’APPELLO DI TRENTO CONDANNA IL CONSIGLIO PAT A PAGARE AL DIPENDENTE TUTTE LE RETRIBUZIONI DALLA DATA DEL LICENZIAMENTO ED I RELATIVI CONTRIBUTI » (NOTA OPINIONE: AL 10/3/2021 CIRCA 80.000 EURO + RIFUSIONE SPESE LEGALI) / (PDF SENTENZA INTEGRALE)

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17.05 - mercoledì 10 marzo 2021

REPUBBLICA ITALIANA – Corte D’Appello di Trento

Sezione Lavoro – La Corte d’Appello di Trento, riunita in composizione collegiale nelle persone dei Signori Magistrati:

dott. Anna Maria Creazzo Presidente
dott. Ugo Cingano Consigliere rel.
dott. Anna Luisa Terzi Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa civile di lavoro in grado di appello promossa con ricorso depositato come in atti ed iscritta a ruolo al 63/2020 R.G. Lav. promossa da:

CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO (80009910227 ) con l’avv. ZOLI CARLO con domicilio eletto ad Indirizzo Telematico PEC che lo assiste e difende come da mandato in atto separato allegato al ricorso in appello
APPELLANTE

CONTRO PRUNER WALTER con avv. CARTA ATTILIO domiciliato in PIAZZA GARIBALDI, 13 38057 PERGINE VALSUGANA che lo assiste e difende come da mandato procura speciale allegata alla comparsa di risposta in appello

Oggetto: altre ipotesi
Causa ritenuta in decisione sulla base delle seguenti

APPELLATO

DI PARTE APPELLANTE:
Piaccia all’Ecc.ma Corte

CONCLUSIONI

In via principale: respingere tutte le pretese avanzate dal sig. Pruner nei confronti del Consiglio Provinciale con ricorso ex art. 4141 cpc;
respingere l’appello incidentale;

via subordinata, nella denegata ipotesi in cui la Corte adita dovesse ritenere fondate, anche solo parzialmente, le pretese avversarie, salva la facoltà di proporre gravame, detrarre l’aliunde perceptum vel percipiendum da quanto dovesse esser liquidato al sig. Pruner.
Con vittoria di spese per ambo i gradi.
In via istruttoria : omissis.

DI PARTE APPELLATA

Voglia la Corte d’Appello adita rigettare il ricorso in appello promosso dal CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO e per l’effetto, anche in accoglimento dell’impugnazione incidentale svolta dall’appellato, così decidere:
con riferimento al licenziamento ante tempus disposto dal CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO nei confronti del ricorrente WALTER PRUNER con nota dd. 02.05.2019, accertarne la nullità o l’illegittimità o l’inefficacia, o annullarlo, perché discriminatorio e/o ritorsivo e/o lesivo delle regole di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. e 3 e 97 Cost., e comunque illegittimo perché disposto sulla base dell’addebito, non previamente contestato in necessario contraddittorio con assegnazione di termine a difesa, di comportamenti asseritamente negligenti (o, in senso lato, colpevoli) o comunque suscettibili di far venir meno la fiducia sottostante al rapporto, comportamenti comunque insussistenti e/o non giuridicamente rilevanti;

condannare il CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO al risarcimento dei danni a favore del ricorrente in misura pari al trattamento economico, maggiorato di rivalutazione ed interessi, maturato e dovuto dal licenziamento sino alla pronuncia della sentenza e maturando dalla data della sentenza fino alla durata in carica dell’attuale Presidente del Consiglio Provinciale WALTER KASWALDER od alla fine della attuale legislatura ovvero in via subordinata alternativa condannare il CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO alla reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro ed al pagamento di un’indennità risarcitoria, maggiorata di rivalutazione ed interessi, commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione; con condanna altresì al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali ovvero al risarcimento del danno

derivante dai minori contributi previdenziali versati;
condannare infine il CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO alla rifusione al ricorrente di competenze e spese di grado, da quantificarsi secondo i parametri di cui al DM 55/2014, con maggiorazione del 15% per spese generali, oltre a contributo per CNPA ed IVA come per legge;
IN VIA SUBORDINATA ISTRUTTORIA : omissis.

FATTO
PRUNER WALTER conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Trento la PAT e, premesso di esser stato assunto a tempo determinato giusta contratto in data 7 dicembre 2018 in qualità di segretario particolare del Presidente del Consiglio della PAT, chiedeva che venisse emessa pronuncia:

-di accertamento della nullità, annullabilità, illegittimità, inefficacia del licenziamento disposto ante tempus con lettera dd. 02.05.2019 (doc. 8 ricorrente) perché, in principalità, discriminatorio e ritorsivo e comunque contrario ai principi di correttezza e buona fede in violazione degli artt. 1175 e 1375 CC e 3 e 6 Cost.; ovvero in subordine non previamente contestato e generico, in relazione a comportamenti insussistenti e inidonei a minare il rapporto fiduciario;

-di condanna della convenuta al risarcimento dei danni o in via subordinata alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;

-di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale.
Inoltre, in via preliminare, eccepiva l’incompetenza del Presidente a disporre il recesso.
Si costituiva ritualmente parte convenuta, che insisteva per il rigetto della domanda affermando trattarsi di licenziamento ad nutum, intervenuto in un rapporto strettamente fiduciario, quindi senza necessità di dettagliata o preventiva contestazione, requisiti in ogni caso rispettati.
All’esito dell’istruttoria, veniva pronunciata sentenza con la quale il tribunale:

-rigettava l’eccezione del ricorrente di incompetenza del Presidente a disporre il recesso
(pronuncia in giudicato);

-in ordine alla disciplina del recesso effettuato riteneva che il provvedimento, “pur determinando l’esonero dall’ordinaria disciplina in tema di estinzione del rapporto, non comporta la libertà illimitata e incondizionata di recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo”, dovendo esser salvaguardata la “garanzia costituzionale al diritto di non subire un licenziamento arbitrario”. Di conseguenza, in forza dei generali principi di correttezza e buona fede, ben applicabili anche nell’ambito del rapporto di lavoro privatizzato per dipendenti delle pubbliche amministrazioni, quale quello in oggetto,

RG n. 63/2020

riteneva eccessivamente generici e non adeguatamente circostanziati i motivi contenuti nella comunicazione scritta del Presidente, marginali dovendosi considerare i pochissimi fatti specifici indicati, cosicché difettavano circostanze idonee ad attribuire una “concretizzazione all’asserito venir meno del rapporto fiduciario”: in tale contesto “L’assenza di ragioni legittime di recesso costituisce la terra di elezione circa la configurabilità di un esclusivo e determinante motivo di illecito recesso”, motivazione supportata da ampi richiami giurisprudenziali;

-individuava comunque un motivo ritorsivo, sempre in quanto “esclusivo e determinante motivo di illecito recesso” ai sensi dell’art. 1345 CC nella partecipazione del Pruner alla partecipazione al congresso del Partito autonomista tirolese del 23 marzo 2019, fatto in relazione al quale nessun addebito potrebbe mai esser mosso in quanto si tradurrebbe in un impedimento o limitazione dell’esercizio della libertà personale;

-condannava PAT al risarcimento del danno patrimoniale consistente nella somma “pari alla differenza tra la retribuzione che sarebbe maturata nel periodo dal 6.5.19 fino alla durata in carica dell’attuale Presidente e comunque non oltre la durata dell’attuale legislatura (in conformità alla durata contrattuale), riconoscendo il diritto anche al versamento dei contributi previdenziali, peraltro omettendone ogni riferimento in sede di dispositivo (oggetto di appello incidentale del Pruner);

-rigettava la domanda risarcitoria non patrimoniale (in giudicato);

-condannava PAT alla rifusione delle spese.

PAT appellava la detta sentenza al fine di ottenerne pronuncia di riforma, affidandosi a tre motivi.
Si costituiva parte appellata che chiedeva il rigetto dell’impugnazione e proponeva a sua volta appello incidentale limitatamente alla mancata condanna di PAT alla corresponsione dei contributi.
Indi la causa era assegnata a sentenza e decisa –previo scambio di memorie in trattazione scritta come da provvedimento in atti emesso sulla scorta della normativa relativa al Covid 19 -come da dispositivo del quale era disposto l’inserimento telematico.

MOTIVI
L’appellante (pg. 15/17 appello) fa una premessa ai propri motivi, rappresentata dall’asserzione secondo cui “il licenziamento del sig. Pruner rientra pacificamente nella categoria del c.d. licenziamento libero (ad nutum) il quale, come è ben noto, non prevede alcuna motivazione né alcuna formalità procedurale”, salvo il limite del “divieto di arbitrarietà”; ciò in quanto il rapporto di lavoro ”era nato esclusivamente in forza di una relazione di fiducia tra il Presidente ed il segretario particolare e questa relazione permea l’intero rapporto di lavoro….tanto da rendere inapplicabili le norme che disciplinano l’instaurazione di qualsivoglia rapporto di lavoro….nonché il suo svolgimento e la sua cessazione”. Un rapporto “destinato a cessare con il venir meno della carica del Presidente oppure della fiducia che necessariamente deve sussistere tra uno e l’altro”.
Seguendo l’ordine espositivo dei singoli motivi d’appello (da pg. 17 in avanti) osserva la Corte quanto segue.

Sub 1)Legittimità del licenziamento ed erronea valutazione delle circostanze sottese al provvedimento.
L’appellante osserva che, pur ribadito trattarsi di licenziamento ad nutum, come sopra illustrato, “ le ragioni del licenziamento sono state nella specie indicate”, e ciò è avvenuto nella propria memoria difensiva di primo grado, nella quale il Consiglio “ha dedotto comportamenti del sig. Pruner tanto generali quanto specifici” vale a dire: insoddisfazione in ordine alla gestione del Gabinetto di Presidenza; necessità di adottare diverse modalità gestionali; metter il Presidente a conoscenza delle pratiche seguite; mancata presenza alle serate organizzate sul territorio; poco presente sul luogo di lavoro evitando di incontrare il Presidente per intere settimane.
A ciò si deve aggiungere il “disappunto” manifestatogli dal Presidente di aver appreso solo dai giornali di una presenza del Pruner al congresso del partito Autonomista Trentino Tirolese.

In questa situazione il ragionamento del primo giudice non si ritiene motivato in quanto fondato solo su “valutazioni personali nonché su presunzioni”, che non hanno tenuto conto della “natura indiscutibilmente fiduciaria” del rapporto, della “specialità del rapporto di lavoro”, avente natura esclusivamente politica e fondata su specifiche qualità personali, cosicché il venir meno di questi requisiti, che “potrebbero non integrare una giusta causa di licenziamento con riferimento ad altri incarichi e/o ruoli”, è ipotesi idonea a far cessare questo rapporto.

Sub 2)Insussistenza di un motivo unico e determinante il licenziamento ex art. 1345 CC.
Questa censura, oltre a ribadire con altre parole gli stessi concetti del primo motivo, mira ad evidenziare come non corrisponda al vero – come si afferma aver ritenuto il primo giudice – che la partecipazione al congresso di quel partito sia stato motivo illecito unico e determinante di licenziamento, dato che il tribunale è pervenuto a tale conclusione semplicemente sulla scorta di un giudizio di verosimiglianza fondato sui rapporti personali protratti nel tempo tra Presidente e Segretario.
Si pone quindi in evidenza che, qualora fosse stata esperita la prova testimoniale (anche in questa sede nuovamente richiesta) ci si potrebbe esser resi conto che il peso attributo a questo avvenimento “è affatto diverso da quello che vorrebbe far credere il giudice di primo grado”, anche per il fatto che il licenziamento è stato disposto un mese dopo tale evento, essendo invece predominante la modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, con particolare riguardo alla mancata relazione da parte del Pruner di tutte le proprie attività al Presidente.
I motivi possono esser congiuntamente affrontati e non si ritengono fondati.

Osserva innanzi tutto la Corte che nella specie ricorra un licenziamento ritorsivo, caratterizzato dalla causa che lo sostiene, costituita dalla finalità di nuocere quale reazione a un qualsiasi atto lecito del lavoratore, ricondotto all’atto negoziale – nullo per motivo illecito ex art. 1345 cod. civ. – tramite il quale vengono perseguiti interessi la cui realizzazione non è consentita dall’ordinamento.

Occorre, quindi, prendere le mosse da quello che si ritiene esser stato l’episodio che ha provocato il recesso dal rapporto di lavoro, data la rilevanza che ad esso viene data in più passaggi degli scritti difensivi del Consiglio, laddove il Presidente si duole di aver appreso dalla stampa anziché per bocca del Pruner della sua partecipazione ad un congresso del partito antagonista a quello del Presidente.

Dagli atti di causa, dalle difese del Consiglio, dalle produzioni documentali (articoli di giornale) emerge che questo evento è stato l’elemento scatenante della iniziativa del Presidente, che ha poi assunto la sua determinazione, rendendosi conto della pretestuosità del motivo, enunciandola con gli addebiti generici ed inconsistenti di cui si dirà.
Si è trattato della semplice partecipazione come spettatore al congresso del partito Autonomista Trentino Tirolese, del quale in passato fece parte lo stesso Kaswalder prima di esserne espulso (fatto pacifico in causa) e dunque di un atto lecito, esercizio di libertà di pensiero, rispetto al quale non si vede sotto quale profilo possa essere configurato un obbligo anche solo di comunicazione al datore di lavoro. In altre parole, oltre a potersi ipotizzare che la presenza del Pruner potrebbe anzi esser letta nella prospettiva di fornire al prosieguo delle informazioni utili al proprio Presidente, essa soprattutto costituisce semplicemente l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito circa la libertà di espressione delle proprie idee politiche ed oltretutto consentito proprio dalle regole di comportamento allegate al contratto.

Va invero osservato che l’art. 5 del Codice di comportamento allegato al contratto “Partecipazione ad associazioni od altre organizzazioni” recita che “nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica per iscritto al dirigente della struttura, entro 10 giorni, la propria adesione ad associazioni ed organizzazioni, anche a carattere riservato, i cui interessi possono interferire con l’ambito di attività della struttura, salvo che si tratti di partiti politici o sindacati”.

Nessun obbligo di preventiva informazione se il dipendente voglia associarsi a partiti o sindacati: a maggior ragione quindi nessun obbligo per la semplice partecipazione in unica occasione al congresso di un partito politico, del quale il Pruner era da sempre simpatizzante.

In altre parole, essendo del tutto lecita la condotta del lavoratore, nonché estranea la stessa a qualsiasi vincolo di fedeltà rispetto al proprio ruolo, la scelta di recedere dal rapporto di lavoro, causalmente connessa a tale condotta, in ragione del risentimento del Presidente per la formazione politica dalla quale era stato espulso e del cui congresso si trattava, si pone come atto ritorsivo.

In senso contrario non si può certo argomentare dalla natura altamente fiduciaria del rapporto, sulla quale l’appellante fonda principalmente le sue difese, sviluppate in tutte le implicazioni che da tale natura dovrebbero discendere.

Il nucleo fiduciario del rapporto in esame va, infatti, desunto dall’oggetto dell’attività dedotta in contratto, che è quella dell’assistenza professionale per lo svolgimento di attività politica (in senso ampio) del presidente del Consiglio provinciale. Il dipendente è stato scelto per la sua formazione specifica di segretario di gruppi consiliari che risulta provata, oltre che dalla vita professionale attestata dal certificato del centro per l’impiego, dal fatto allegato con il ricorso introduttivo di primo grado e non contestato, che egli aveva maturato esperienza nel settore, tra cui la collaborazione fianco a fianco con Walter Kaswalder nella precedente legislatura durante la quale il Pruner era stato impiegato presso il gruppo consiliare del PATT ( partito Autonomista Trentino Tirolese).

Il nucleo del rapporto sul quale va misurato il venir meno della fiducia va quindi circoscritto all’assistenza tecnica, comprensiva anche della tutela della figura istituzionale del presidente, ma a cui non poteva che essere estranea la scelta di andare ad ascoltare, eventualmente anche solo per interesse personale, un convegno politico e a maggior ragione il convegno politico di un partito a cui era sempre stato vicino, con il quale aveva collaborato quale segretario e del quale aveva fatto parte anche il Presidente WALTER KASWALDER.

Sebbene questo della partecipazione al congresso de quo non sia l’unico motivo posto a fondamento della sentenza impugnata, come è reso palese da quanto si legge nella parte di motivazione che precede la disamina dell’episodio del congresso (pg. 16 prime righe), in ogni caso la vicenda non pare esser idonea a smantellare la fiducia riposta nel Segretario, ed anzi si caratterizza per i connotati di un provvedimento ritorsivo, come tale illegittimo.

Pertanto corretta è la decisione del primo giudice di aver attribuito a questo evento la natura di motivo illecito determinante ex art. 1345 cc del recesso ante tempus.
Sempre sviluppando argomentazioni dalla natura fiduciaria del rapporto l’appellante sostiene che, anche ammesso che il recesso sia stato una reazione alla partecipazione al congresso politico della formazione che lo aveva espulso, ricorrerebbero altre ragioni a giustificazione della interruzione del rapporto che impedirebbero di considerare il motivo affermato come illecito quale motivo unico e determinante.

Senonché queste ragioni non risultano essere mai state palesate nel corso del rapporto di lavoro, come sarebbe stato coerente in un rapporto fiduciario, a prescindere dalla non necessità di vere e proprie contestazioni disciplinari, con la conseguenza che il loro recupero, con enunciazione assolutamente generica, in sede di comunicazione del licenziamento e in sede giudiziaria appare essere del tutto strumentale a celare la reale motivazione del recesso.

In merito soccorrono in ogni caso ulteriori, altrettanto fondamentali, considerazioni anche alla luce del principio secondo cui “L’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento grava sul lavoratore, ben potendo, tuttavia, il giudice di merito valorizzare a tal fine tutto il complesso degli elementi acquisiti al giudizio, compresi quelli già considerati” per escludere la sussistenza di un giustificato motivo di recesso “ nel caso in cui questi elementi, da soli o nel concorso con altri, nella loro valutazione unitaria e globale consentano di ritenere raggiunta, anche in via presuntiva, la prova del carattere ritorsivo del recesso” : cass. 23583/19. Nello stesso senso cass. n. 30429/18 e cass. 10834/15 che in materia di recesso per motivi soggettivi ha ritenuto adeguatamente argomentata il motivo illecito “in considerazione della contestualmente provata insussistenza di addebiti idonei a giustificare il licenziamento stesso.”

Il testo contrattuale, per quanto qui rileva, è del seguente tenore (doc. 1 Pruner):”art. 1. Il Consiglio della Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentato, assume con rapporto contrattuale a tempo determinato il sig. Walter Pruner, a decorrere dal 7 dicembre 2018 e fino alla durata in carica dell’attuale Presidente del Consiglio Provinciale signor Walter Kaswalder e comunque non oltre la durata dell’attuale legislatura e fino al permanere del rapporto fiduciario esistente tra l’attuale Presidente e il segretario particolare.”

Il licenziamento è stato comunicato con missiva 02.05.2019 : “Le comunico che a seguito di dissensi intervenuti in questi ultimi mesi in ordine alle modalità e ai tempi di gestione delle segreteria politica della mia presidenza e a causa dell’impossibilità di addivenire ad una comune intesa riguardo all’organizzazione di tale attività, è venuto meno il rapporto di fiducia alla base del contratto di assunzione intuitu personae in qualità di mio segretario particolare, stipulato in data 7 dicembre 2018 ai sensi dell’art. 21 del regolamento organico del personale del Consiglio provinciale……”.

Innanzitutto occorre porre l’accento sulla esatta motivazione adottata dal primo giudice alle pagine da 9 a 13 della sentenza impugnata, in relazione alla quale non risulta illustrata alcuna censura: le motivazioni illustrate dall’appellante sono totalmente incentrate sugli stessi argomenti delle difese di primo grado e cioè sulla fiduciarietà del rapporto di lavoro e sulla non necessità di specificare le contestazioni supportanti il licenziamento.

Ebbene il tribunale, con argomenti assai chiaramente illustrati e che vengono qui recepiti e condivisi, pur avendo preso atto della particolarità del rapporto, cioè della particolare fiducia che doveva legare i contatti quotidiani tra Presidente e Segretario, così come del resto evidenziati nell’art. 1 del contratto sopra trascritto, ha però anche posto in evidenza- come d’altro canto ammesso dallo stesso appellante (“il licenziamento di cui si discute rientra nelle ipotesi di recesso libero del datore, il cui limite è costituito dal divieto di arbitrarietà”; pg. 16 appello; “Io comunque non è che ho licenziato in tronco nessuno” affermazione del Presidente riportata nell’articolo di cui al doc. 7 attoreo, mai smentito in causa) – non comporta per l’appunto la libertà illimitata e incondizionata di recedere in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo.

“L’infondatezza della questione sotto il profilo della presunta lesione del principio di eguaglianza rende evidente anche l’inconsistenza del richiamo agli artt. 2 e 35 della Carta fondamentale, poiché i principi generali di tutela della persona e del lavoro (ordinanza n. 254 del 1997) non si traducono nel diritto al conseguimento ed al mantenimento del posto (sentenza n. 390 del 1999), dovendosi piuttosto riconoscere garanzia costituzionale al solo diritto di non subire un licenziamento arbitrario” : Corte Cost. 541/2000.
Anche la sentenza SSUU Cass. 11633/02 , riportata per esteso nei suoi passi motivazionali dal primo giudice, non fa che ribadire questo concetto e cioè che il licenziamento, quand’anche discrezionale e quindi non soggetto all’onere di una motivazione ( ad es. durante periodo di prova), non può mai essere affidato ad un arbitrio, per cui anche un licenziamento di tal genere, laddove si ponga in contrasto con l’ordinamento legale ovverosia attraverso un abuso del diritto, ben può esser censurato dal giudice.
Il che, in altre parole, altro non significa che in ogni caso il datore di lavoro deve rispettare le regole generali dell’ordinamento di correttezza e buona fede (cfr. artt. 1175 e 1375 CC), nello svolgimento di un rapporto contrattuale di lavoro (così ad es. cass. 4031/16; cass.1631/09).

Tali conclusioni devono essere condivise “ in continuità con l’indirizzo costante di queste Sezioni Unite da ultimo ribadito con la sentenza n. 9281/16, con l’ordinanza n. 21060/11 e con la sentenza n. 21671/13, secondo cui in tema di impiego pubblico privatizzato, nell’ambito del quale anche gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nell’art. 19, primo comma, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, obbligano l’amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. “: cass SSUU 8799/17 in motivazione.
Questo quanto già recepito dal tribunale, che la Corte condivide anche per mancanza di censura motivata e circostanziata.
Ma v’è di più.

Come risulta dal testo del contratto (doc. 1 Pruner), all’art. 6 è precisato “Il rapporto di lavoro è disciplinato dalle disposizioni dei contratti collettivi nel tempo vigenti che regolano le assunzioni a tempo determinato; trovano inoltre applicazione le disposizioni concernenti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato del contratto collettivo provinciale di lavoro (ad esclusione di alcuni articoli che qui non rilevano); anche l’art. 11 circa il “comportamento in servizio” richiama i regolamenti ed i contratti collettivi.

L’Art. 4 del regolamento personale Consiglio provinciale recita:
“Contratti collettivi di lavoro. 1.Al personale del Consiglio provinciale si applica la disciplina dei contratti collettivi di comparto stipulati per il personale della Provincia.” Pertanto, se questo richiamo vi è stato, un qualche senso dovrà pur avere, se non altro quale rinforzo sulla necessità di applicazione dei principi generali enunciati.
In altre parole ciò non fa che ulteriormente confortare la necessità che ogni provvedimento inerente il rapporto di lavoro non debba essere arbitrario.
In fin dei conti la stessa appellante se ne rende conto laddove con riferimento alla propria missiva, oltre ad escluderne come detto la arbitrarietà, si premura di dimostrare che vi è stata un contestazione specifica.

Orbene, tale difesa – a parte il dubbio circa la coerenza tra una tesi fondata sul licenziamento ad nutum e le profuse argomentazioni volte a dimostrare, eventualmente anche a mezzo prove testimoniali, esservi stata una specificazione dei motivi – non si può ritenere per nulla fondata.
Innanzitutto non è certo consentito che la prova della specificità della contestazione debba esser fornita a posteriori in corso di causa, essendo questa necessaria all’atto del licenziamento : per questa ragione non si ritiene che debbano esser ammesse le prove testimoniali richieste in subordine dall’appellante, proprio perché volte a dimostrare solo a posteriori fatti finalizzati a giustificare il provvedimento recessivo adottato, e ciò senza contare che si tratterebbe di prove inammissibili in quanto assolutamente generiche, per la mancanza della esatta individuazione, cioè circostanziata nelle modalità comportamentali e temporali, dei fatti addebitabili. Ciò vale a maggior ragione per il nuovo ( quindi tardivo) capitolo di cui all’atto di appello.

In secondo luogo si tratterebbe di prove che non colmano l’addebito di genericità sollevato dal Pruner e di poi rilevato in sentenza.

La estrema genericità delle contestazioni, al punto da impedire al Pruner anche solo di individuare le condotte che sarebbero state non gradite, è fatta palese proprio dal tenore della missiva 2 maggio 2019 ( doc. 8 Pruner): non si spiega in cosa consistano i “dissensi” in ordine alle “modalità” ( non è dato comprendere quali avrebbero dovuto essere quelle giuste) ed ai “tempi di gestione della segreteria” ( dei quali non vi è indicazione nemmeno in contratto); non vi è prova che vi sia stato un tentativo di addivenire ad una “intesa”.

Non vi è nemmeno alcuna indicazione dell’arco temporale in dettaglio di questi addebiti (genericamente “ultimi mesi”).
Non vi è alcun cenno alle prolungate assenze sul luogo di lavoro (nessuna indicazione specifica dei giorni in cui ciò si può esser verificato) o in occasione di non meglio specificate “serate sul territorio” o alle omesse relazioni di cui si parla, per la prima volta, in corso di causa negli scritti difensivi.
E’ lo stesso codice di comportamento allegato al contratto che elenca una serie di adempimenti o condotte specifiche, in particolare all’art. 3 “principi generali” e art. 11 “comportamento in servizio”, per cui sarebbe stato agevole dettagliare le mancanze in cui il Pruner sia incorso, o altre ma comunque eventualmente incidenti sul rapporto fiduciario.

Quindi se vi è stata una lesione del rapporto fiduciario evidenziato in contratto, ben avrebbe potuto – anzi dovuto, per non incorrere in decisioni o contestazioni arbitrarie – il Presidente avvalersi delle norme di comportamento allegate al contratto e parte integrante di esso: anzi ciò sta ad avvalorare la necessità del rispetto dei richiamati principi di correttezza e buona fede nella globale gestione di questo rapporto, seppur connotato da una peculiare fiducia nei rapporti interpersonali.
Di conseguenza nessuna rilevanza posso assumere le profuse argomentazioni illustrate nella memoria di trattazione scritta dell’appellante dd. 9 febbraio 2021, volte ad evidenziare la inapplicabilità della disciplina di cui alla legge 300/70, la fiduciarietà del rapporto e la sua peculiarità ed altri aspetti che, seppur sussistenti, come già detto, ciononostante non legittimano una cessazione in tronco e con le modalità adottate nel caso specifico.

Altrettanto irrilevanti le osservazioni di cui a pg. 8-9 della detta memoria, volte ad illustrate la competenza all’adozione della decisione risolutiva da parte del solo Ufficio di Presidenza, in replica ad un’eccezione del Pruner in primo grado, eccezione già decisa dal primo giudice in senso allo stesso sfavorevole (lo riconosce la stessa appellante alla successiva pg. 10 prime righe) e non impugnata dal Pruner in via incidentale.

Infatti tutti gli argomenti che Pruner include nella parte della sua difesa tra i “motivi di appello incidentale”, ai punti 1,2,3 altro non rappresentano (salvo quello sub 4 di pg.22) che la mera riproposizione delle difese di primo grado, utili solo nell’ottica di accoglimento di taluno dei motivi dell’appello principale.
Sempre nelle note finali l’appellante richiama un orientamento giurisprudenziale in virtu’ del quale, in un contesto di accertata violazione delle norme di cui agli artt. 1175 e 1375 CC, non sarebbe possibile disporre l’annullamento di un contratto per perdita di chances: questo richiamo non pare pertinente (annullamento di conferimento di incarico a seguito di concorso), ipotesi ben diversa da quella di un licenziamento illegittimo pronunciato non per violazione di queste norme, che ne rappresentano solo alcuni degli elementi acquisiti al giudizio nel contesto di una valutazione globale ( cass. 23583/19 cit.), bensì di quella di cui all’art. 1345 CC.

Da ultimo pare opportuno contestare la valenza in giudizio del principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 3468/19 richiamata a pg. 17 dell’appello a supporto della legittimità del licenziamento ad nutum: infatti la decisione richiama l’art. 90 del dlgs 267/00 che disciplina in linea generale i rapporti di lavoro a tempo determinato di personale addetto ad uffici di supporto agli organi di direzione politica.
Nella fattispecie non si può invero prescindere dalle diverse disposizioni provinciali richiamate nel contratto de quo.

Inoltre la decisione non mina in alcun modo i principi generali di divieto di arbitrarietà e rispetto della correttezza e buona fede di cui si è detto.
Nella motivazione si legge invero che “L’art. 90 del d.lgs. n. 276 del 2000, facendo riferimento sia alla deliberazione dell’Ente (regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi), sia al contratto di lavoro individuale, oltre a richiamare il Contratto collettivo, rimette a tale pluralità di fonti la disciplina del rapporto, fermo restando il generale dovere di correttezza e buona fede nell’applicazione delle clausole contrattuali”. E del resto diversa è la fattispecie:“ Nella fattispecie in esame, in particolare, le previsioni del contratto a tempo determinato concluso tra le parti, se da un lato fa riferimento al CCNL Regioni ed Enti locali, con specifica clausola (art. 1), come già la deliberazione

dell’Ente, prevede la risoluzione del rapporto di lavoro prima della scadenza per il venire meno del rapporto fiduciario”: nel caso in esame nessuna clausola di tal fatta è stata inserita nel contratto, essendovi solo una sottolineatura che fa genericamente riferimento alla natura fiduciaria del rapporto.
La sentenza va quindi confermata quanto al merito.
Sub 3)In subordine : errore nella determinazione del quantum risarcitorio. Appello incidentale sulla domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno anche con riferimento ai minori contributi previdenziali.

I motivi possono essere congiuntamente esaminati.
L’appellante non condivide il ragionamento del tribunale il quale, omettendo di dar corso all’istanza istruttoria con cui si chiedeva di ordinare al ricorrente di produrre in giudizio le sue dichiarazioni redditi dal 2019 in poi per accertare l’esistenza di retribuzioni da dedurre dall’importo risarcitorio quale aliunde perceptum, si è limitato a effettuare un giudizio di verosimiglianza in ordine alla compatibilità tra l’espletamento del ruolo di Segretario e la correlativa attività del Pruner, consistente nella pubblicazione di alcuni suoi interventi su stampa quotidiana.

Il problema è che il primo giudice ha fatto tale affermazione precisando che l’eventuale detrazione dell’aliunde perceptum sarebbe stato assoggettato all’onere della prova gravante sul datore di lavoro.

Tale principio non è stato impugnato, anzi il datore di lavoro pretenderebbe che sia il Pruner a fornire tale prova.
Infatti un conto è la prova del pregiudizio (anche a mezzo di presunzioni semplici, giurisprudenza consolidata a partire da cass. 8711/97; cass. 1163/20; cass. 5484/19) che incombe sul danneggiato e che, nel caso specifico, è fatta palese dal fatto della incontestata interruzione del rapporto, cui è ineluttabilmente conseguita la mancata percezione della retribuzione: dopodiché è pacifico che la liquidazione del danno possa avvenire in via equitativa ex art. 1226 cc.

Altro è la prova, in capo a chi la deduce, che il danneggiato abbia, dopo il licenziamento, percepito dei guadagni che non avrebbe potuto conseguire in costanza di rapporto.
Il primo giudice ha motivato con l’affermare, né ciò è oggetto di circostanziata smentita, che anche in costanza di rapporto il Pruner avrebbe potuto pubblicare i suoi articoli in un contesto che risulta connotato da occasionalità.

In ogni caso non va trascurato di osservare che si verte in fattispecie di risarcimento del danno, ( eventualmente anche a mente dell’art. 1223 cc come affermato in sentenza, ulteriore punto sul quale non si rinviene censura alcuna), danno che è stato quindi correttamente parametrato alla retribuzione non percepita fino alla scadenza del termine (come individuato nel contratto), ivi compresi i minori versamenti contributivi previdenziali, per i quali vi è appello incidentale dal momento che il primo giudice, pur avendone riconosciuto in linea di principio il diritto, non ha poi provveduto ad emettere alcuna pronuncia, né in motivazione né in dispositivo.

Questo è d’altro canto un principio sancito dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento costante, avverso il quale nessuna argomentazione viene illustrata:
“Nei contratti di lavoro dirigenziale a tempo determinato, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, e in mancanza di una diversa previsione nel contratto individuale, il risarcimento del danno dovuto va commisurato all’entità dei compensi retributivi che sarebbero maturati dalla data del recesso fino alla scadenza del contratto, mentre non è dovuta alcuna indennità sostitutiva del preavviso, essendo questa legislativamente prevista solo per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato” : cass. 24335/13.

La decisione va quindi riformata limitatamente al quantum, per via dell’aggiunta del danno connesso e parametrato ai minori contributi previdenziali.
Ogni altra argomentazione dedotta dalle parti rimane assorbita. SPESE DI CAUSA.

Quanto alle spese di causa si ritiene che esse debbano essere poste a carico dell’appellante, quale soggetto soccombente, e si liquidano (in base al decreto Min. 10.3.14 e tabelle allegate) come in dispositivo.

Si dà atto che, essendo stato integralmente rigettato l’appello principale, sussistono i presupposti per l’imposizione di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a mente dell’art. 13, comma 1 quater, DPR 30.5.2002 n. 115 come introdotto dalla legge n. 228/2012.
p.q.m.

La Corte, definitivamente pronunciando nella causa civile, rito lavoro, n. 63/20 RG, così provvede:

1) rigetta l’appello principale;

2) in accoglimento dell’appello incidentale e in parziale riforma della sentenza del tribunale di Trento n. 61/20, pubblicata in data 01.06.2020, condanna il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento al risarcimento del danno in favore di Pruner Walter derivante dai minori versamenti contributivi previdenziali;

3) condanna il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento a rifondere a Pruner Walter le spese di ambo i gradi, liquidate per il primo grado in € 3.000,00 e per il presente grado in € 3.777,00 oltre, in ambo i casi, 15% rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.

Si dà atto che, essendo stato integralmente rigettato l’appello principale, sussistono i presupposti per l’imposizione a carico del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento di un ulteriore importo a mente dell’art. 13, comma 1 quater, DPR 30.5.2002 n. 115 come introdotto dalla legge n. 228/2012.
Trento 11.02.2021 Cons.est.

 

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Dr. Ugo Cingano Il Presidente

Dr.ssa Anna Maria Creazzo

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LANCIO D'AGENZIA
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