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VATICANNEWS.VA * INCONTRO CON MEMBRI PONTIFICIO ISTITUTO MISSIONE ESTERE: PAPA FRANCESCO, « DIMENTICARE LE GUERRE NEI PAESI POVERI È PECCATO »

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08.10 - venerdì 14 ottobre 2022

Francesco: dimenticare le guerre nei Paesi poveri è peccato. Il Papa incontra i membri del Pontificio Istituto Missione Estere in occasione dei 150 anni della rivista “Mondo e Missione”, che racconta le periferie geografiche ed esistenziali ed è voce dei senza voce e va col pensiero ai conflitti che fanno poca o nessuna notizia, dalla Siria allo Yemen, dal Myanmar al continente africano.

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Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

In un mondo segnato purtroppo da tante ferite – e troppi conflitti ignorati o quasi dai media – la ragione che spinge a realizzare riviste come “Mondo e Missione” è essere voce dei senza voce, far conoscere la bellezza e la ricchezza delle differenze, così come le storture, le ingiustizie e le diseguaglianze delle società e “dire a tutti che un mondo migliore è possibile”, tendendo la mano ad ogni fratello e sorella. Francesco pronuncia parole di gratitudine, speranza e incoraggiamento nel discorso ai membri del Pime, il Pontificio istituito missioni estere, ricevuti oggi in udienza in occasione dei 150 anni di Mondo e missione. Nel ricordare la storia del periodico, espressione della vita missionaria universale, il Papa ne sottolinea, l’attualità e modernità che già allora esprimeva e promuoveva “una Chiesa in uscita”, e quando “si è in uscita si rimane giovane, se tu sei seduto lì, senza andare invecchi presto, presto presto”. Quindi rende omaggio alla memoria del primo direttore padre Giacomo Scurati e ne indica lo scopo principale.

Essi compresero il valore della comunicazione nella missione, anzitutto per la Chiesa stessa, per essere estroversa, e pienamente coinvolta nell’evangelizzazione, tutta missionaria, tutta evangelizzatrice. Questi pionieri di 150 anni fa capivano l’importanza di far conoscere i Paesi a cui erano destinati e il modo in cui, in quelle terre lontane, avveniva l’incontro tra il Vangelo e le comunità locali.

La vocazione di Mondo e Missione
Questa resta ancora oggi la vocazione di “Mondo e Missione”, così ribattezzata nel 1969 per rispondere alle indicazioni del Concilio Vaticano II riguardo la missione ad gentes:

Ancora oggi i reportage e le testimonianze dirette rappresentano la caratteristica più propria della rivista, grazie a racconti da luoghi o situazioni di cui pochi altri parlano: periferie geografiche ed esistenziali che, in un mondo dove la comunicazione apparentemente ha accorciato le distanze, continuano però a rimanere relegate ai margini. Le distanze si sono accorciate, è vero, ma le dogane ideologiche si sono moltiplicate.

La centralità della missione
Francesco cita l’agenzia AsiaNews, anche questa iniziativa del Pime, e poi tutti gli altri modi che l’istituto ha usato per “raccontare il mondo mettendosi dalla parte di chi non ha diritto di parola o non viene ascoltato, dei più poveri, delle minoranze oppresse, delle vittime di guerre dimenticate” e di tutti coloro che operano dal basso per costruire un mondo percorso da solidarietà e riconciliazione laddove esistono crisi o violenza.

Questo io lo voglio sottolineare: le guerre dimenticate. Oggi tutti siamo preoccupati, ed è buono che sia, con una guerra qui in Europa, alla porta dell’Europa e in Europa, ma da anni che ci sono guerre: più di dieci in Siria, pensate allo Yemen, pensate al Myanmar, pensate nell’Africa. Questi non entrano perché non sono dall’Europa colta, l’Europa colta… Le guerre dimenticate sono un peccato, dimenticarle così.

Come rivista missionaria, Mondo e Missione ha però anche un altro compito specifico che la caratterizza:
“Aiutare a riconoscere che la missione è al centro. Riconoscere che la missione è al centro. Ricordare alle comunità cristiane che se guardano solo a sé stesse, perdendo il coraggio di uscire e portare a tutti la parola di Gesù, finiscono per spegnersi. Mostrare come il Vangelo, incontrando popoli e culture diverse, ci viene riconsegnato ogni giorno nella sua novità e freschezza. E crea dialogo e amicizia anche con chi professa altre religioni, riconoscendosi figli dell’unico Padre. Perché la realtà si vede meglio dalle periferie”,

Spesso ai missionari, nelle periferie – conclude Francesco – è capitato di scoprire che lo Spirito Santo vi era arrivato prima di loro, diviene dunque importante “dare voce a Chiese giovani e in crescita, a comunità – fondate a volte dal PIME – che oggi esprimono dinamiche nuove e promettenti, docili allo Spirito”.

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