Francesco: camminare insieme, l’esclusione dei migranti è criminale. Nella Messa di canonizzazione di Scalabrini e Zatti, Francesco ricorda l’esempio di questi nuovi Santi: includere tutti, facendo cadere muri interiori e pregiudizi e riscoprendoci fratelli, e coltivare la gratitudine. E poi ancora un pensiero alla “martoriata Ucraina” e a coloro che fuggono dalla guerra: ci fa soffrire tanto e ci muove ad aprire il cuore.
*
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Piazza San Pietro è in festa, gremita di cinquantamila fedeli, come è in festa la Chiesa universale che si arricchisce di due nuovi santi: Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti. Nella Santa Messa di canonizzazione dei beati, Francesco si sofferma nell’omelia su due aspetti: camminare insieme e ringraziare. Invita a superare la tentazione dell’autoreferenzialità per essere davvero Chiesa ‘sinodale’ e società inclusiva. Poi sottolinea l’importanza del ringraziare ogni giorno, vincendo insoddisfazione e indifferenza che – dice – “ci abbruttiscono il cuore”. Un pensiero speciale lo dedica a braccio all’esclusione dei migranti che definisce “scandalosa, schifosa, peccaminosa, criminale”. Infine, ancora a braccio, il suo pensiero per la migrazione preoccupante in Europa, quella degli ucraini che fuggono dalla guerra.
Camminare insieme, abbiamo tutti bisogno di guarigione
Il Papa commenta il brano dell’evangelista Luca che racconta la guarigione di dieci lebbrosi e l’unico ringraziamento che si leva proprio dal samaritano. Nessuna distinzione subentra tra lui, “una sorta di eretico” veniva considerato dagli ebrei, e gli altri nove. I malati di lebbra – una piaga fisica ma anche una malattia sociale, come ricorda il Papa – camminano insieme, “manifestano il loro grido nei confronti di una società che li esclude”. Allora, colui che veniva additato come vero e proprio “straniero”, fa gruppo. Perché, precisa il pontefice, “la malattia e la fragilità comuni fanno cadere le barriere”.
Quando siamo onesti con noi stessi, ci ricordiamo di essere tutti ammalati nel cuore, di essere tutti peccatori, tutti bisognosi della misericordia del Padre. E allora smettiamo di dividerci in base ai meriti, ai ruoli che ricopriamo o a qualche altro aspetto esteriore della vita, e cadono i muri interiori, i pregiudizi. Così, finalmente, ci riscopriamo fratelli.
Il Papa cita pure la figura di Naamàn il siriano (della prima Lettura) che ha fatto un bagno di umiltà immergendosi nel fiume in cui si bagnavano tutti. È ciò che raccomanda anche a tutti noi il Papa, in ogni tempo, chiusi ciascuno nelle proprie ‘armature esteriori’: “Siamo tutti fragili dentro, tutti bisognosi di guarigione, tutti fratelli”.
Uscire da noi stessi, mai marciatori solitari
Francesco ricorda lo stile evangelico che premia chi sa camminare insieme con gli altri, senza arroccamenti per far valere la propria superiorità.
La fede cristiana sempre ci chiede di camminare insieme agli altri, mai di essere marciatori solitari; sempre ci invita a uscire da noi stessi verso Dio e verso i fratelli, mai di chiuderci in noi stessi; sempre ci chiede di riconoscerci bisognosi di guarigione e di perdono, e di condividere le fragilità di chi ci sta vicino, senza sentirci superiori.
La riflessione del Papa riguarda sia gli atteggiamenti dentro la Chiesa, sia quelli vissuti nell’ambito delle attività quotidiane dentro i luoghi che frequentiamo. Invita a fare una sorta di esame di coscienza:
Chiediamoci quanto siamo davvero comunità aperte e inclusive verso tutti; se riusciamo a lavorare insieme, preti e laici, a servizio del Vangelo; se abbiamo un atteggiamento accogliente – non solo con le parole ma con gesti concreti – verso chi è lontano e verso tutti coloro che si avvicinano a noi, sentendosi inadeguati a causa dei loro travagliati percorsi di vita. Li facciamo sentire parte della comunità oppure li escludiamo?
È scandalosa l’esclusione dei migranti
Il Papa esprime un timore: “Ho paura – ammette – quando vedo comunità cristiane che dividono il mondo in buoni e cattivi, in santi e peccatori: così si finisce per sentirsi migliori degli altri e tenere fuori tanti che Dio vuole abbracciare”.
“Per favore, includere sempre: includere sempre, nella Chiesa come nella società, ancora segnata da tante disuguaglianze ed emarginazioni”
E, a braccio, il Papa a questo punto scandisce la parola “includere” e rivolge un pensiero dal retrogusto molto amaro ai migranti:
Includere tutti. E oggi, nel giorno che Scalabrini diventa santo, vorrei pensare ai migranti. È scandalosa l’esclusione dei migranti. Anzi: l’esclusione dei migranti è criminale, li fa morire davanti a noi. E così, oggi abbiamo il Mediterraneo che è il cimitero più grande del mondo. L’esclusione dei migranti è schifosa, è peccaminosa, è criminale. Non aprire le porte a chi ha bisogno … “No, non li escludiamo: li mandiamo via”, ai lager, dove sono sfruttati e venduti come schiavi. Fratelli e sorelle, oggi pensiamo ai nostri migranti, quelli che muoiono. E quelli che sono capaci di entrare, li riceviamo come fratelli o li sfruttiamo? Lascio la domanda, soltanto …
Dare tutto per scontato: una brutta malattia spirituale. Saper ringraziare
Dopo aver ricevuto la guarigione, solo uno manifesta la sua gratitudine a Gesù, solo il samaritano comincia a intessere una relazione con Lui. Inizia così un autentico percorso di riconoscenza, infatti il suo gesto – commenta il Papa – non è solo una semplice cortesia. Il suo è un atteggiamento di adorazione. Dalla contemplazione di questa immagine evangelica, Francesco trae la lezione per tutti noi, cioè non dimenticare le grazie che Dio ci dà:
Spesso ce ne andiamo per la nostra strada dimenticandoci di coltivare una relazione viva con Lui. È una brutta malattia spirituale: dare tutto per scontato, anche la fede, anche il nostro rapporto con Dio, fino a diventare cristiani che non si sanno più stupire, che non sanno più dire “grazie”, che non si mostrano riconoscenti, che non sanno vedere le meraviglie del Signore. ‘Cristiani all’acqua di rose’, come diceva una signora che ho conosciuto. E, così, si finisce per pensare che tutto quanto riceviamo ogni giorno sia ovvio e dovuto.
Il Papa invita al saper dire-grazie, che in sostanza è mettersi di lato, per “affermare la presenza di Dio-amore”. È un allenamento da fare ogni giorno: in famiglia, nei rapporti di lavoro, nelle comunità cristiane. Grazie, dice il Papa, è una parola-chiave. “Non dimentichiamo di sentire e dire: grazie! Grazie.
“Riconoscere l’importanza degli altri, vincendo l’insoddisfazione e l’indifferenza che ci abbruttiscono il cuore”
La migrazione degli ucraini in fuga dalla guerra ci fa soffrire
Nell’ultima parte dell’omelia il Santo Padre ricorda alcuni tratti dei due nuovi beati che oggi sono stati proclamati Santi. Del vescovo Scalabrini, sottolinea la cura con cui trattava gli emigrati (con la la Congregazione che fondò, una maschile e una femminile) i quali non sono da considerare “solo problemi, ma anche un disegno della Provvidenza”. E cita un passaggio del libro L’emigrazione degli operai italiani (1899) in cui veniva precisato che proprio grazie alle migrazioni la Chiesa sarà strumento di pace.
Anche qui il Papa aggiunge parole a braccio, guardando alla attualità internazionale così preoccupante, in particolare ancora al conflitto in Ucraina.
C’è una migrazione, in questo momento, qui in Europa, soprattutto, che ci fa soffrire tanto e ci muove ad aprire il cuore: la migrazione degli ucraini che fuggono dalla guerra. Non dimentichiamo oggi la martoriata Ucraina.
E poi ancora un pensiero a Scalabrini che “guardava oltre, guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri”. Infine, il ricordo del fratello salesiano Artemide Zatti, “con la sua bicicletta, è stato un esempio vivente di gratitudine”, aggiunge il Papa: una intera vita spesa a curare gli infermi con amore e tenerezza. Un cuore sempre colmo di riconoscenza, pur facendosi carico delle ferite altrui.