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LANCIO D'AGENZIA

UNITN – FONDAZIONE MUSEO STORICO DEL TRENTINO * GENERAZIONE ’68: INAUGURATA OGGI LA MOSTRA AL DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA

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18.41 - lunedì 14 maggio 2018

Inaugurata nel pomeriggio di oggi al Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale di Trento l’esposizione promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con l’Università di Trento e dedicata alla generazione del ’68 e al fermento degli anni Sessanta. Linguaggi, stili e miti dell’epoca in mostra per indagare le radici del movimento studentesco, tra il contesto trentino e quello internazionale. Nelle parole del rettore Collini e del direttore Diani anche un riferimento alle scritte ingiuriose comparse nei giorni scorsi a Sociologia contro la mostra e contro l’Adunata.

Il percorso espositivo racconta, tra il contesto trentino e il panorama internazionale, tra il movimento studentesco e l’immaginario culturale, il ’68 dei giovani che si contrapponevano a regole e autorità. La mostra è rivolta a chi abbia voglia di “vedere” il ’68 attraverso la lente di una generazione che si definì prima di tutto “anti- autoritaria”.

È anche un invito agli studenti e alle studentesse a scoprire il fermento intellettuale e politico che cinquant’anni fa ha animato i corridoi di Sociologia. «Una mostra che vuole contribuire a superare alcuni luoghi comuni sul ‘68 e a rileggere quel tempo in una prospettiva meno nostalgica e più critica», come ha sottolineato Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino. Per farlo, i curatori Michele Toss e Sara Zanatta hanno lavorato in due direzioni.

Da una parte, la ricerca si è concentrata sull’idea del ’68 come fenomeno esplosivo ma non improvviso: tutti gli anni ’60 sono stati anni ribollenti, e queste “radici” sono una parte importante della mostra. Dall’altra, l’allargamento cronologico è stato affiancato da un ampliamento della geografia del ’68: non solo Trento e non solo la contestazione studentesca. L’esposizione, aperta da oggi pomeriggio, rimarrà aperta fino al 15 dicembre.

All’inaugurazione di oggi pomeriggio è intervenuto il rettore Paolo Collini che ha ricordato come il ’68 sia un’occasione di riflessione per la collettività su un fenomeno che ha generato un cambiamento della nostra società. «Un momento di discontinuità che vogliamo contribuire a raccontare per parole e immagini in una narrazione ricostruita grazie alla collaborazione tra il nostro Ateneo e la Fondazione Museo storico.

È anche un’occasione per interrogarci, dentro ad un dibattito che coinvolge molti attori, sull’eredità che ha lasciato nelle generazioni a venire, a distanza di cinquant’anni». Il rettore ha colto l’occasione per condannare le scritte critiche che nei giorni scorsi sono comparse a Sociologia contro la mostra sul ’68 e le offese contro gli alpini: «L’Ateneo è dalla parte della cultura e del confronto libero delle idee, ma anche al fianco di chi opera per il bene del Paese, dentro e fuori i confini nazionali.

E questo è un sentimento condiviso dalla stragrande maggioranza degli studenti, dei docenti e del personale tutto. Il nostro impegno nella ricerca e nella ricostruzione e analisi storica proseguirà anche oltre questa mostra. Ma desidero rinnovare la solidarietà dell’Ateneo agli Alpini per gli attacchi ricevuti nei giorni scorsi. I comportamenti di una piccolissima minoranza di persone non possono certamente cambiare il calore e l’amicizia con i quali l’Università e l’intera nostra comunità ha accolto l’Adunata. Il tricolore che in questi giorni abbiamo messo sulle finestre dei nostri edifici è l’unico segno che vogliamo ricordare».

Dello stesso avviso anche Mario Diani, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale: «L’anno 1968 ha acquisito un peso simbolico enorme, paragonabile a quello del 1789 o del 1848. A distanza di mezzo secolo il riferimento a quell’anno suscita ancora passioni fortissime, anche se basate su una ricostruzione del periodo alquanto stereotipata – in negativo come in positivo. Gli avvenimenti degli ultimi giorni ce lo ricordano. Nessuno è proprietario del ’68 e della sua eredità, e nessuno può sensatamente pretendere di fornirne LA vera interpretazione.

Questo vale per chi nel ’68 stava dalla parte dei movimenti di contestazione, ma anche per chi stava in qualche modo da un’altra parte – se non dall’altra parte. Tra questi ultimi stanno certamente gli alpini, destinatari negli ultimi giorni di insulti ingenerosi ed infondati nella loro genericità, e protagonisti anche loro a loro modo del ’68 trentino. Non si tratta di fare appello a generici “embrassons nous”, o di negare che i conflitti dell’epoca non riflettessero differenze di valori e concezioni di vita molto profonde. L’arrivo di Sociologia a Trento coincise con trasformazioni sociali profondissime e queste fasi non sono mai semplici da gestire.

Voglio però sottolineare che se gestito in buona fede e con uno spirito aperto anche il conflitto può creare le condizioni per un successivo riconoscimento reciproco e per le basi di una nuova convivenza. La mostra che inauguriamo oggi tocca questi ed altri temi. Lo fa senza nessuna pretesa di completezza: tenta invece di segnalare almeno alcuni degli elementi che rendono quel periodo così ricco e difficile da interpretare. Tra questi vari elementi ogni visitatore sarà in grado, si spera, di operare la sua particolare ricomposizione, di trovare, cioè un filo conduttore personale che permetta di dar senso a quell’esperienza.

Il mondo è molto più complesso e ricco di quello che le rappresentazioni schematiche ci portano a credere. Se questa mostra darà anche un piccolo contributo in quella direzione, potremo dirci soddisfatti».

Per consentire ai visitatori di entrare nel clima di quegli anni, l’allestimento (dello Studio doc office for communication and design di Bolzano) prende in prestito linguaggi e modi che allora emersero con prepotenza. Non può quindi mancare la musica, con playlist scelte da alcuni giovani del ’68 e diffuse attraverso megafoni posizionati nei giardini esterni del Dipartimento.

Ma anche il cinema, con la sua capacità di parlare alle masse, e il costume, con le mode, i riti e le nuove libertà. Anche questi “modi” di essere entrano in mostra nell’installazione al pianterreno che ospita slogan, simboli, suggestioni di quegli anni.

I tre livelli tematici in cui si articola il percorso espositivo sono divisi su tre piani dell’edificio. Si parte dal piano terra dove l’ampia corte interna e i giardini invitano a entrare nell’epoca della cultura giovanile targata anni Sessanta, a sostare nello spazio della controcultura, a rileggere brani musicali e stralci di poesie, a ripercorrere mode e miti.

Questa esplosione di colori e di suoni fa da snodo tra il piano interrato e il primo piano, fra Trento e il mondo. Scendendo di un livello troviamo la storia di Sociologia: è lo spazio più esteso della mostra e racconta le tappe principali della facoltà a partire dal 1962, quando è stato fondato l’Istituto superiore di scienze sociali, fino all’anno accademico 1968/1969.

Si parla dell’arrivo dei primi studenti a Trento, delle materie studiate nella prima facoltà di sociologia d’Italia, delle occupazioni e dell’affermazione del movimento studentesco, dell’esperienza (forse irripetibile) dell’università critica; ma anche di qualche passo falso e delle diverse reazioni alla contestazione. Il movimento studentesco trentino però non è trattato come un fatto semplicemente locale, ma diventa parte di un discorso globale.

Al primo piano scopriamo come già dai primi anni Sessanta ci fosse un intero mondo in movimento, non solo nelle università e nelle scuole ma anche nella politica, nei diritti civili, nella religione, nei costumi. Attraverso un richiamo visivo ai simboli della protesta, viene offerto un affresco di alcune esperienze studentesche connesse a Trento, come Berkeley e Torino, e dei principali avvenimenti internazionali, dai movimenti per i diritti civili all’opposizione alla guerra del Vietnam, dalla primavera di Praga alla rivoluzione culturale cinese.

Il percorso dell’allestimento fa da cornice a un calendario di iniziative che accompagneranno i sei mesi di apertura: seminari, visite guidate, presentazione di libri e molti altri eventi, i primi dei quali si terranno tra la fine di maggio e i primi di giugno 2018. La Fondazione ha inoltre avviato una collaborazione con i rappresentanti degli studenti e delle studentesse del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale per un’attività formativa finalizzata alla realizzazione di visite guidate.

A partire da settembre è previsto un ciclo di incontri per la formazione di operatori e operatrici in grado di condurre le visite in autonomia e l’organizzazione di un cineforum, curato e organizzato dall’Unione degli universitari di Trento.

 

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