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SINISTRA ITALIANA – TRENTINO * ALLERTA FIUME ADIGE: « È GIUNTA L’ORA DI COSTRUIRE UNA PROSPETTIVA DI AMPIO RAGGIO SIA SPAZIALE CHE TEMPORALE »

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15.46 - lunedì 31 agosto 2020

Sinistra Italiana del Trentino, da sempre attenta alle questioni ambientali, propone una lettura di possibili nuovi modelli nella progettazione fluviale contro i pericoli di esondazioni.

Siamo stati tutti con il fiato sospeso a controllare la piena del fiume Adige, i più anziani ricordando la tragica alluvione del 1966; i più giovani richiamando alla mente la tragica esperienza di Vaia; tutti consci del ripetersi troppo frequente di eventi meteorologici catastrofici.

Al tempo di Vaia, l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini“ disse: “Troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto che non ti fanno toccare l’albero nell’alveo ecco che l’alberello ti presenta il conto”. Alcuni suoi compagni di partito, tra i quali Giorgetti (allora sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri ) e Fedriga (presidente della regione Friuli Venezia Giulia), per concretizzazione la sua boutade, presentarono una proposta di legge (n. 260 del 23 marzo 2018) per promuovere quella che definivano la pulizia degli alvei.

La cosiddetta “pulizia degli alvei” è un’espressione infelice che parte dal presupposto completamente errato che un fiume sia “sporco” se contiene vegetazione e sedimenti. In realtà, dragare i fiumi e rimuovere la vegetazione dall’alveo non è una buona idea per varie ragioni. In primis a parità di livello aumenta la velocità della corrente mettendo a repentaglio le strutture in alveo, come le pile dei ponti. Questo richiederebbe che i ponti stessi fossero ricostruiti per consolidarne le fondamenta. Infine rimuovere ghiaia e vegetazione riduce la disponibilità di habitat per gli animali, rendendo il fiume molto più simile ad un canale di irrigazione che non ad un ecosistema vivo.

Da anni, a tutti gli ingegneri idraulici di qualsiasi ateneo del mondo, si insegna che la continuità dei sedimenti è una risorsa per i fiumi e che le interruzioni (dighe, sbarramenti e prelievi) della stessa costituiscono un problema sia per l’ecosistema fluviale che per le infrastrutture costruite dall’uomo.

Ad esempio, uno studio dell’Autorità di Bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze, pubblicato nel 2003 sulla rivista internazionale Geomorphology, dimostra che dagli anni 50 ad oggi l’interruzione della continuità dei sedimenti nei fiumi italiani, causata dai prelievi di ghiaia e dalle dighe, ha portato ad un’incisione degli alvei dell’ordine 3-4 metri con picchi di oltre 10 metri e ad un restringimento della sezione attiva di oltre il 50% in quasi tutti i casi.

Questo ha portato all’esposizione delle fondamenta delle pile di molti ponti, rendendoli insicuri.

Una visione completamente errata dei fiumi ci ha portati ad innalzare gli argini in certe zone facendone allagare altre. Secondo questa visione i problemi legati ai fiumi vengono affrontati senza tenere presente che un corso d’acqua si snoda dalla sorgente alla foce e che è un sistema continuo che non può essere frammentato, perché ciò che succede in un punto ha ripercussioni a monte ed a valle.

È giunta l’ora di costruire una prospettiva di ampio raggio sia spaziale che temporale, considerando il fiume nel suo insieme e ripensando le città e le aree attigue al corso d’acqua. In Alto Adige questo sta già succedendo, gli interventi sono possibili ed i vantaggi sono indubbi. Provare per credere.

 

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Renata Attolini

per l’Assemblea Provinciale di Sinistra Italiana

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