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SINISTRA ITALIANA DEL TRENTINO * SCUOLA: ATTOLINI, « CON LA NOMINA DI AZZOLINA E MANFREDI SI SEPARANO DUE RESPONSABILITÀ DI GOVERNO, NON È LA STRADA GIUSTA »

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16.45 - sabato 28 dicembre 2019

Improvvisamente, prima che potessi associami ad altri, ben più autorevoli di me, nel chiedere al ministro Fieramonti di rivedere le proprie dimissioni, arriva l’annuncio del presidente del consiglio Conte con la nomina di due persone al posto del ministro uscente, Lucia Azzolina per la scuola e Gaetano Manfredi per università e ricerca.

Si separano in questo modo due responsabilità di governo che erano unite da vent’anni, e non credo che questa sia la strada giusta. La scuola, l’università, la ricerca costituiscono, assieme, una matassa difficile da dipanare se non con un approccio in grado di considerare i singoli elementi dentro la visione globale di un problema dalle molteplici sfaccettature.

Scuola e istruzione sono un bene comune inalienabile, quindi non possono essere mercificate: la scuola deve essere pubblica, gratuita, laica e di qualità, dall’asilo nido fino all’università. La gratuità della formazione scolastica, in tutto il suo percorso, costituisce una concreta occasione per restituire il sistema ad una logica solidale: i redditi alti, correttamente individuati, devono essere chiamati a contribuire, attraverso la fiscalità generale e una rimodulazione, in base al reddito, della tassa regionale per il diritto allo studio.
Scuola e istruzione inoltre devono essere in grado di rispondere ai mutamenti sociali e culturali e alle esigenze delle famiglie attuali e di sanare il gap culturale, dando opportunità diverse a seconda dei livelli di partenza, per colmare le diseguaglianze e potenziare le successive possibilità in campo lavorativo.

Infine scuola e istruzione devono tornare ad essere risorse fondamentale per riavvicinare i cittadini alle istituzioni in ottica di democrazia partecipata, condivisione delle responsabilità, politica intesa come servizio e come impegno sociale per la collettività.

Per tutto questo è imprescindibile che il progetto politico che sorregge la scuola sia fermamente disponibile a pensarla in senso forte, senza richiedere cedimenti e deroghe da quelli che sono i suoi compiti.

Esistono punti nodali cui i due neoministri, in sintonia, dovranno mettere mano, a prescindere dagli aspetti economici, per migliorare in maniera sostanziale la questione dell’istruzione e della ricerca:

 

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1. La scuola come ascensore sociale.
Gli insegnanti devono essere messi in grado di riflettere sulle proprie conoscenze e di saper tradurre la propria competenza in itinerari espliciti di organizzazione delle proposte didattiche per gli allievi, in modo flessibile, tale che l’apprendimento possa seguire anche percorsi non preventivati e che ogni studente possa raggiungere, nei propri tempi, quelle che sono le competenze irrinunciabili.
In questo modo si sostiene il ruolo dell’istruzione quale ascensore sociale, perché si progetta una scuola che mette ordine tra la pluralità di stimoli di conoscenza già incontrati per formare lo studente della ragione, che possiede le grammatiche logico-linguistiche di base (sapere); sa impostare con chiarezza le questioni di indagine, determinare ipotesi di soluzione, verificarle e giustificarne l’attendibilità (saper fare); sa riflettere sulle conoscenze per organizzarle e renderle funzionali nella dimensione “metacognitiva” della competenza (saper essere).

2. La scuola come laboratorio di ricerca.
È necessario rinforzare le competenze del Collegio Docenti per trasformare ogni singola istituzione scolastica in laboratorio di ricerca dove riflettere sulle esperienze pregresse, per elaborare curricoli rispettosi delle peculiarità del territorio, attraverso un piano di trasformazione metodologica, che si ponga come obiettivo il superamento della lezione frontale e renda gli alunni maggiormente protagonisti del loro apprendimento.
Ogni scuola potrà poi condivide con altri istituti, percorsi e progetti dentro reti che operano in sinergia sul territorio cittadino per dare risposta a problematiche e/o per ottimizzare il servizio e l’offerta formativa.

3. La scuola e l’alternanza con il lavoro.
La scuola non può e non deve essere subalterna al mondo del lavoro. Deve essere strumento per comprendere il mondo del lavoro e portarvi contemporaneamente elementi di innovazione, spirito critico, autonomia intellettuale.
Un’eventuale esperienza di alternanza tra scuola e lavoro può esistere solo se strettamente legata ai piani di lavoro dei singoli istituti, organizzata in tempi e modi che non pregiudichino l’attività scolastica, inscritta in un meditato ed efficace progetto educativo.
Deve essere abolita l’obbligatorietà, che costringe ad esperienze slegate dal contesto scolastico.
Nel contempo andrebbe favorito l’avvicendamento lavoro-scuola, al di là dell’aggiornamento previsto per molte categorie professionali, per aiutare a riscoprire l’importanza del dubbio e della curiosità, a fare emergere la passione civile, a ricordare l’importanza di essere persone complete e non solo specialisti utili.

4. La scuola dell’integrazione.
Si tratta di fornire a tutti gli alunni gli strumenti per accogliere e saper essere accolti all’interno di un ambiente scolastico che valorizza le individualità e le originalità, che intende la comunicazione come momento specifico della conoscenza di sé e degli altri, che promuove la relazione interpersonale come importante supporto affettivo agli apprendimenti.
Ci piace pensare alla creazione di contesti di lavoro amicali, dove eliminare il più possibile l’uso di strumenti competitivi e coercitivi, per privilegiare il clima della collaborazione e della solidarietà; ci piace pensare ad una riproposizione del “tempo pieno”, per una scuola che, avendo a disposizione più tempo, realizzi occasioni formative più ricche ed appaganti e garantisca tempi distesi per gli apprendimenti.

5.La scuola e gli insegnanti.
È indubbio che gli insegnanti si sentano schiacciati dalla macchina burocratica che è diventata sempre più pressante in questi anni.
Giustamente si chiede di ripartire dal lavoro in aula, con i ragazzi, di tornare a privilegiare l’insegnamento rispetto ad altre incombenze vissute come inutile burocrazia.
Ma poiché il fatto educativo deve essere programmato negli obiettivi e nelle azioni educative dal team degli insegnanti che gravitano su una classe e/o che condividono una disciplina in modo collaborativo e cooperativo, tenendo conto delle indicazioni dei piani di studio e della realtà in cui si opera, in continuità con la precedente esperienza scolastica degli alunni, sono necessari tempi dedicati a questa attività, utile e non formale, che devono essere considerati, valutati e giustamente retribuiti senza togliere tempo al lavoro in aula.

6. La scuola, il precariato, la continuità didattica.
Vanno riconosciuti la dignità e il valore della funzione degli insegnanti, stabilizzando i precari attraverso un piano pluriennale di assorbimento, dando risposte a chi ha subito una mobilità inutile e dannosa, adeguando gli stipendi di docenti e personale Ata agli standard europei.
Si devono eliminare le differenze economiche e contrattuali tra docenti di ruolo e docenti precari e le differenze giuridiche ed economiche tra docenti appartenenti a ordini di scuola diversi.

Si deve ridisegnare il pre-ruolo nell’università, razionalizzare e semplificare l’attuale giungla di figure e contratti precari frapposti tra il dottorato e l’ingresso nei ruoli, per procedere poi a una stabilizzazione del sistema, attraverso coerenti politiche di programmazione ordinaria di fabbisogno del personale ricercatore e docente

7. L’università e la ricerca.
Una “finta” retorica del merito ha mirato a creare in Italia poche Università di eccellenza, tutte concentrate nel Nord, coltivando erroneamente l’idea che il Paese possa migliorare e crescere se ci sono punte di eccellenza. La strada da percorrere è invece completamente diversa: i finanziamenti, il sistema di valutazione del sistema devono mirare a superare gli squilibri territoriali per innalzare complessivamente la qualità della ricerca e dell’offerta didattica per ottimizzare le risorse e garantire pari offerta ai territori e agli studenti.
Si deve superare l’applicazione del numero chiuso che ha subordinato l’offerta didattica e il diritto di accesso alla contrazione delle risorse e agli squilibri territoriali. A tale provvedimento va affiancata una seria campagna di orientamento pre-universitario per ridurre, fino ad eliminare, la mortalità scolastica.
È fondamentale dare valore alla ricerca e con essa all’università, in modo che la conoscenza diventi un “bene comune”, motore della produzione sostenibile.
Alla ricerca spetta anche il compito di dire a politica e impresa che la crescita è finita e che la sostenibilità richiede la stazionarietà di risorse, popolazione e consumi.
La ricerca e la formazione devono orientare lo sviluppo verso la riconversione ecologica dell’economia e creare nuove opportunità di occupazione, non adeguarsi all’esistente; devono porsi in opposizione a meccanismi deleteri, basati sul pensiero unico dello sviluppo e del PIL, a favore della salvaguardia del territorio specifico, legata alla qualità della vita e non alla quantità, posta in termini di sostenibilità, in grado di cambiare la distribuzione del reddito.

Buon lavoro ai due neoeletti da parte di Sinistra Italiana del Trentino

 

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Renata Attolini, segretaria provinciale.

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