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SINDACATO BASE MULTICATEGORIALE – TRENTO * LICENZIAMENTI DEA FLAVOR: ” LA PAROLA ORA È AI GIUDICI DEL TRIBUNALE DI TRENTO AVANTI IL QUALE VERRÀ DEPOSITATO IL RICORSO DEI LICENZIATI “

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15.33 - lunedì 30 aprile 2018

La Dea Flavor Srl, nota azienda di Lavis che realizza liquidi per sigarette elettroniche, ha licenziato pochi giorni fa cinque lavoratori su un totale di 30 in organico.

L’impresa, per bocca dei suoi due amministratori Daniele Campestrini e Andrea Giovannini, negli ultimi tre anni “da 3 milioni di euro di fatturato e dieci dipendenti, è passata a 14 milioni di euro di fatturato e quaranta dipendenti” con oltre 60 agenti commerciali distribuiti in tutta Italia.

Questo fino a dicembre 2017. Poi – sono sempre i titolari a parlare – il nuovo regime fiscale sulle sigarette elettroniche, entrato in vigore nel 2018 e da loro stessi definito “una porcata”, ha rappresentato “l’ultimo di una serie di interventi normativi distruttivi avviati fin dal principio nei confronti del settore del vaping”.

E tuonavano dalle pagine dei giornali locali: “se al più presto non ci saranno cambi di rotta, dovremo affrontare ripercussioni pesantissime”. Le ripercussioni sono arrivate poco dopo, ma solo per i lavoratori: uno si è dimesso e cinque sono stati licenziati, con una riduzione organica del 20%.

Attorno a questi licenziamenti, però, ci sono fatti poco chiari che hanno indotto Sbm ad avviare una propria inchiesta ed il consigliere M5S Filippo Degasperi a presentare un’interrogazione in consiglio provinciale (il cui testo è allegato).

Sostanzialmente due i filoni contestati dal sindacato: l’iter procedurale, con seri dubbi sulla legittimità dei comportamenti adottati sia dalla direzione aziendale, sia dal dirigente del Servizio Lavoro Pat; i livelli di produzione dei prodotti Dea Flavor, il cui proclamato tracollo non sembra, almeno in apparenza, reale.

Prima di iniziare l’iter procedurale per il licenziamento collettivo, previsto dalla legge 223 del 1991, la Dea Flavor aveva in organico 29 lavoratori con contratto indeterminato ed uno a termine.

Gli amministratori decidevano che il personale andava ridotto e si rivolgevano a sei dipendenti, proponendo loro di presentare le dimissioni in cambio di un misero incentivo pari a circa due stipendi ciascuno.

Ovviamente i lavoratori contattati, colpiti da tale inusuale ed insignificante pretesa aziendale, si rivolgevano a Sbm che spiegava loro le procedure che la legge prevede per i licenziamenti collettivi, invitandoli a rifiutare la proposta avanzatagli dai titolari.

La ditta nel mese di febbraio 2018 avviava le procedure, annunciando sei licenziamenti, scrivendo una lettera sia alle istituzioni provinciali (Servizio Lavoro e Agenzia del Lavoro Pat), sia alle organizzazioni sindacali di categoria Cgil-Cisl-Uil, sia alla propria associazione di categoria, la Confesercenti. Informato di ciò, Sbm chiedeva di essere ammesso alla procedura in quanto unico sindacato ad avere iscritti in ditta.

Filcams/Cgil e Uiltucs/Uil (la Fisascat/Cisl decideva di restare fuori dall’intera vicenda) tentavano, dopo un primo incontro con i vertici aziendali, di chiedere il mandato ai lavoratori Dea al fine di poterli rappresentare.

Gli amministratori consentivano loro di svolgere due assemblee nei locali interni alla ditta durante l’orario di lavoro, ma nessun operaio ed impiegato sottoscriveva un mandato ai due sindacalisti della triplice.

Dopo il flop di Cgil e Uil, Sbm tornava alla carica contro l’impresa, diffidandola dal sottoscrivere accordi con altre organizzazioni sindacali sui lavoratori propri associati e ribadiva la propria ammissione all’avviata procedura. Il giorno successivo, la Dea Flavor forniva tutte le informazioni richieste a Sbm e lo convocava per metà marzo 2018 ad un incontro presso la Confesercenti.

Alla riunione i rappresentanti sindacali di Filcams/Cgil e Uiltucs/Uil , dopo aver comunicato di non avere ricevuto alcuna delega dai lavoratori ea, abbandonavano la seduta che proseguiva solo con Sbm, la quale terminava con un verbale di mancato accordo per troppa distanza fra le rispettive posizioni e proposte delle parti.

La trattativa, conclusasi con esito negativo in sede sindacale, veniva trasferita in sede istituzionale, così come previsto dalla legge. La Dea Flavor inviava le comunicazioni di rito al Servizio Lavoro della Pat ed a Sbm, l’unico sindacato ad aver partecipato ed aver concluso la prima fase dell’iter.

Inspiegabilmente, però, pochi giorni dopo la stessa azienda inoltrava nuovamente le rituali comunicazioni, stavolta coinvolgendo anche tutte e tre le categorie di Cgil-Cisl-Uil, ben cosciente che una di loro (la Fisascat/Cisl) non aveva mai partecipato ad alcuna fase del procedimento e le altre due (Filcams/Cgil e Uiltucs/Uil) l’avevano prematuramente abbandonato.

Il Dirigente del Servizio Lavoro della Pat Sergio Vergari, convocava l’incontro per fine marzo 2018 presso gli uffici provinciali di Via Gilli, rivolgendolo alla Dea Flavor ed alla triplice sindacale. Sbm veniva collocata in indirizzo solo per conoscenza, quindi esclusa a priori.

Due rappresentanti del Sindacato di Base Multicategoriale trentino e parte dei lavoratori Dea loro associati si presentavano ugualmente al convocato incontro presso il Servizio Lavoro ma i funzionari provinciali lì presenti li estromettevano, accampando questioni formali sulla rappresentatività nazionale.

L’incontro invece si svolgeva con i sindacalisti Filcams/Cgil e Uiltucs/Uil, gli stessi che pochi giorni prima avevano abbandonato la trattativa in sede sindacale.

Ma il fatto più disdicevole avveniva a fine riunione. A fronte delle ovvie e naturali rimostranze dei lavoratori licenziandi circa l’esclusione del loro sindacato dalla procedura, uno dei funzionari provinciali presenti al momento si rivolgeva in maniera indisponente contro un operaio, provocandone la reazione ed un diverbio subito sedato dai rappresentanti di Sbm

Il giorno successivo la Dea Flavor licenziava cinque lavoratori, quattro di loro aderenti a Sbm Un sesto aveva dato le dimissioni nel corso del procedimento. I sei perdenti posto risultavano essere i sei avvicinati prima dell’inizio del licenziamento collettivo.

Tutto studiato a tavolino, con il placet scontato della triplice (si da atto alla Cisl d’essersi chiamata fuori apriori) e con quello vergognoso dell’istituzione provinciale, il cui ruolo super partes, pur dovuto, non si è mai visto.

I quattro lavoratori licenziati ed iscritti a Sbm hanno subito contestato i provvedimenti espulsivi non solo per quanto accaduto in fase di trattativa, ma anche e soprattutto perché l’annunciato disastro produttivo della Dea Flavor non si è verificato.

I liquidi delle sigarette elettroniche, nonostante le tasse introdotte dal governo ad inizio anno (sia chiaro a carico del consumatore, non certo delle imprese produttrici), sono stati prodotti ed il loro trasloco dallo stabilimento ai magazzini di logistica e poi alla clientela è continuato senza soluzione di continuità.

La parola ora è ai giudici del Tribunale di Trento avanti il quale verrà depositato il ricorso dei licenziati fra pochi giorni per l’accertamento di legittimità dei provvedimenti espulsivi.

Ma qualcosa dovrà dire pure la Giunta Provinciale sulle condotte assunte dal dirigente del Servizio Lavoro.

 

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Sindacato di Base multicategoriale – Trento

 

 

 

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