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LANCIO D'AGENZIA

QUOTIDIANO LA VERITÀ: INTEGRALE ARTICOLO “TRENTO OSTAGGIO BANDE DI IMMIGRATI”

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10.46 - lunedì 4 settembre 2017

(Fonte: quotidiano “La Verità” – autore Giuliano Guzzo) –  Trento, la città dove si viveva meglio è ostaggio delle bande di immigrati.

«Gaia e linda». Così Guido Piovene, nel suo Viaggio in Italia, ebbe a descrivere la città di Trento, aggiungendo che in essa rintracciava congiunti «lo spirito montanaro, un avanzo d’ordine austriaco e il pittoresco del Veneto».

Oggi, a 60 anni esatti dalla pubblicazione di quella che resta la più celebre guida letteraria del Paese, la capitale alpina per eccellenza, ponte fra la cultura italiana e quella mitteleuropea, appare assai diversa da come la vide lo scrittore vicentino, essendo segnata da un crescente e preoccupante degrado.

Un paradosso se si pensa alla proverbiale civiltà dei trentini, attestata da numerosi indicatori che vanno da una raccolta differenziata la cui diffusione veleggia verso l’80 per cento a un’elevata percentuale di lettori fino, per stare a un tema attuale, a un tasso di abusivismo edilizio che è di gran lunga il più basso d’Italia.

Eppure, se da una parte è vero che Trento staziona costantemente in vetta alle classifiche della città italiane più vivibili, dall’altra si è assistito, negli ultimi anni, a un rapido moltiplicarsi –  in particolare a causa di flussi migratori, che hanno condotto, in quella che fu la Tridentum dei Romani, parecchi malintenzionati – di disordini e risse, che ne stanno progressivamente deturpando l’immagine.

Lo può constatare chiunque già a partire da piazza Dante, enorme area antistante la stazione ferroviaria dove si affaccia il palazzo della Provincia e dov’è possibile ammirare, lungo il vialone che divide in due il parco, un monumento al Divin Poeta tra i più notevoli al mondo, realizzato dallo scultore fiorentino Cesare Zocchi a fine Ottocento e alto oltre 17 metri e mezzo.

Ebbene, questa piazza, nella quale fino a non molti anni fa era possibile imbattersi al massimo in qualche clochard, oltre a essere piattaforma del quotidiano bivacco di soggetti che, per così dire, di trentino hanno ben poco, è sempre più spesso teatro di scontri tra bande per il controllo del mercato della droga.

Solo nello scorso giugno si sono verificate due maxirisse, la prima a inizio del mese, con protagonisti nigeriani, tunisini e algerini, che ha visto lanci di bottiglie e pure di una bicicletta; la seconda, un paio di settimane dopo, sempre con contrapposti nordafricani e centro africani.

Ad ogni modo anche nei giorni di maggior quiete, non appena giunti, col treno, nella città che in passato accolse, tra gli altri, Napoleone, Cagliostro e Mussolini, la non troppo rincuorante sensazione è quella d’essere capitati in un luogo pesantemente africanizzato.

Una sensazione che non abbandona il turista, purtroppo, neppure in pieno centro storico dove, nei pressi di Santa Maria Maggiore, chiesa dove ebbero luogo i lavori del famoso Concilio, incrociare individui di razza caucasica è, spesso, un’impresa.

Proprio in questa zona lo scorso mese di luglio, precisamente nella notte di martedì 11, si è registrata – come riferisce la cronaca locale – una «notte di guerriglia», con «urla, danneggiamenti, barricate in strada, bidoni della nettezza urbana scagliati contro le vetrine di un negozio e ammassati lungo via Prepositura bloccando il traffico».

Un finimondo, insomma, che ha fatto trascorrere ai residenti della zona una notte in bianco.

E le forze dell’ordine? Qualcuno, dinnanzi a tutto questo, potrebbe legittimamente chiederselo. Ebbene, va detto che lo sforzo di carabinieri, agenti di polizia e vigili per meglio presidiare la città è massimo ed esemplare.

A questo proposito, giusto qualche settimana fa il questore di Trento, Massimo D’Ambrosio, in un’intervista, sottolineava come, nel corso dell’estate, molti agenti siano stati fatti rientrare appositamente dalle ferie e come contingenti dei carabinieri, per rafforzare quello locale, siano giunti da Laives, da Milano e da Torino.

Il problema è dunque da ricercare da un lato nelle risorse, purtroppo sempre più limitate, su cui possono fare affidamento le forze dell’ordine e, dall’altro, nell’atteggiamento culturale di una sinistra che, al governo della città e della provincia di Trento da decenni, mai ha riconosciuto l’esistenza di un problema sicurezza oggi evoluto in dimensioni emergenziali.

A lungo si è difatti preferito affermare che tutto era sotto controllo, che l’intera questione era da ricondursi nell’ottica del «pericolo percepito» anziché reale. Basti ricordare che nel marzo dello scorso anno sul sito Vice.com veniva pubblicata, su Trento, un’inchiesta nella quale non solo si affermava che la città era decisamente al sicuro, ma si denunciava una realtà locale «diventata ossessionata dal “degrado”» e dominata da «una perenne e ossessiva ricerca dell’ordine».

Peccato che i numeri dicano altro. Le statistiche sull’attività delittuosa nel 2015 del Ministero dell’Interno, diffuse nell’ottobre 2016 da Il Sole 24 Ore hanno infatti rilevato come nella provincia di Trento si siano verificati 3504 reati ogni 100.000 abitanti, quasi 200 in più rispetto a quelli del vicino Alto Adige, dove oltretutto si è contato il 40 per cento in meno furti in abitazione.

La riprova del fatto che la questione a sicurezza, a Trento non sia immaginaria o frutto di ossessioni populiste la si è avuta il 17 luglio scorso, quando in Comune si è approvata, con 22 voti a favore – appena uno in più dell’indispensabile, a conferma di come la maggioranza targata Pd guidata dal sindaco Alessandro Andreatta non navighi, politicamente parlando, in buone acque – la delibera che modifica il regolamento di polizia urbana in vista dell’applicazione del Daspo urgano previsto dalla legge promossa dal Ministro dell’interno Marco Minniti.

Un’iniziativa che ha tutto il sapore del tentativo, l’ennesimo, di ingannare un’opinione pubblica sempre più preoccupata dinnanzi all’imperversare cittadino di bande di delinquenti, nullafacenti e sbandati. Nel frattempo, in Trentino i cosiddetti migranti ospitati sono oltre 1.700, con la Provincia in difficoltà a trovare per essi alloggi adeguati, e c’è chi teme, a breve, ulteriori arrivi. Col risultato che la città «gaia e linda» che incantò Piovene pare, a oggi, un lontano ricordo.

«Il problema si chiama sicurezza»

Per saperne di più sull’attuale degrado di Trento, abbiamo avvicinato l’avvocato Silvia Zanetti, 37 anni, madre di due bimbe e molto sensibile all’argomento, tanto da aver cofondato, insieme a Michele Failo Anesi, il comitato Trento città sicura.

Avvocato, com’è nata l’idea del vostro comitato? «Il comitato Trento Città Sicura nacque nell’estate 2014 a seguito dell’ennesimo episodio di violenza nei pressi di Piazza Dante. Resici conto che Trento non era più l’isola felice, a settembre, con l’altro cofondatore del comitato, Michele Failo Anesi, gettammo le basi della struttura di Trento Città Sicura per porre all’attenzione delle istituzioni, al fine di meglio sollecitarne la risoluzione, problematiche legate al degrado cittadino.

Date le difficoltà dei cittadini di mettersi in prima persona a denunciare fatti o situazioni pericolose, il comitato, tramite la presentazioni di istanze, ha offerto a tutti l’opportunità a tutti di segnalazioni anonime.

Di qui la creazione della pagina facebook, che già un mese dopo contava molti sostenitori che inviavano foto ed esperienze dalle varie zone di Trento, cui seguivano istanze presentate alle autorità competenti».

Da quando, quello del degrado, ha iniziato ad essere, per Trento, un problema? «Non saprei dirlo esattamente. Di certo negli ultimi 5 anni la situazione di pericolosità percepita, soprattutto dal sesso femminile, si è manifestata in varie zone di Trento quali Piazza Dante, il centro storico, la zona di San Severino e di Cristo Re».

Secondo voi vi sono, in tutto ciò, responsabilità politiche del centrosinistra che guida la città? E se sì, quali? «Senza dubbio le scelte politiche del Comune di Trento hanno influenzato un senso di crescente disagio per i cittadini.

Abbiamo in tal senso avuto molti incontri con il sindaco, il questore e il comandante della polizia municipale, nei quali abbiamo avuto un confronto diretto e dai quali, certamente, uscivamo rassicurati.

Poi però, di fatto, il risultato è quello che ancora oggi abbiamo sotto gli occhi. La presenza di personaggi poco raccomandabili, la sporcizia, l’infrangimento di vetri delle auto, le siringhe nei parchi giochi, i parcheggiatori abusivi, lo spaccio di stupefacenti, le risse tra extracomunitari sono fenomeni tuttora evidenti».

Dalle ultime iniziative del Comune, penso al Daspo, e dai recenti sviluppi cittadini, ritenete che qualcosa stia cambiando oppure che questione è ancora, a livello istituzionale, sottovalutata? «A nostro avviso il Daspo era una scelta obbligata per le istituzioni, al fine di dare un segnale di presenza ai cittadini dopo i recenti avvenimenti di piazza Dante e Santa Maria.

Tuttavia, non crediamo minimamente che si possa dire superata la problematica sicurezza a Trento, basti pensare al recente fatto di violenza avvenuto in un supermarket vicino a piazza Dante. Il senso di insicurezza non è diminuito, anzi. Resta un grave problema aperto per Trento» (G.G.).

 

 

 

 

In allegato il ritaglio dell’articolo pubblicato ieri sul giornale “La Verità”.

 

 

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