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PAT * SITUAZIONE ECONOMICO-SOCIALE IN TRENTINO: IL REDDITO MEDIO PRO CAPITE È CRESCIUTO DA 20.922 EURO NEL 2015 (A 21.255 NEL 2016)

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16.27 - venerdì 9 febbraio 2018

Dal reddito pro capite alla casa: ecco gli indicatori positivi sulla situazione economico-sociale in Trentino. Rischio povertà: nessun drastico peggioramento

Reddito medio pro capite in Trentino? Cresciuto, da 20.922 euro nel 2015 a 21.255 nel 2016. Bassa qualità dell’abitazione? E’ calata, da 9,5 a 6,3, sempre nello stesso periodo di riferimento. Situazioni di grande difficoltà economica? Calate anch’esse, da 7,5 a 6,1. Forse è cresciuto il tasso di mancata partecipazione al lavoro? No, anzi, è in lieve calo da un paio d’anni. Ma forse ci sono più lavori instabili, e quindi è aumentata nelle famiglie la sensazione di insicurezza? Nemmeno, le trasformazioni da lavori instabili a stabili sono in crescita, erano 15,4 nel 2015, sono 18,7 nel 2016.

Questi dati non sono di fonte provinciale, sono dati Istat/Eurostat. Difficile quindi capire come mai secondo lo stesso Istat il Rischio povertà e esclusione sociale in Trentino sia cresciuto da 15,8 nel 2015 a 23,5 nel 2016, come riportato oggi anche da alcuni organi di informazione.

Se così fosse, infatti, questa crescita dovrebbe trovare riscontro in tutti gli altri indicatori, come appunto reddito, qualità dell’abitazione e così via. Cosa che non avviene.

Senza contare che il Trentino è sempre stato sensibile al tema della lotta alle diseguaglianze sociali, prova ne è che lo stesso Assegno unico provinciale, il nuovo strumento di welfare operativo dal 1° gennaio, ha fra i suoi obiettivi proprio quello di prevenire il rischio povertà, e prevede non a caso coperture più ampie rispetto al Rei nazionale.

La Provincia, attraverso l’Ispat-Istituto provinciale di statistica, ha provveduto a chiedere all’Istat le opportune delucidazioni, che sono arrivate a stretto giro di posta. La nota Istat spiega innanzitutto che su campioni ridotti piccole variazioni nella raccolta dei dati possono tradursi in modifiche percentuali significative che richiedono cautela nell’interpretazione.

Entrando nel merito, l’Istat spiega che “in generale comunque, anche a livello nazionale si è registrato un miglioramento per taluni indicatori e un peggioramento per altri. In particolare, la crescita del reddito è stata accompagnata a un aumento della disuguaglianza, essendo stata più marcata tra le famiglie con i livelli reddituali medio alti”.

La Provincia – con il suo presidente Ugo Rossi e in suo vicepresidente, anche assessore allo sviluppo economico e lavoro, Alessandro Olivi – sottolinea a questo proposito come in Trentino il problema delle diseguaglianze sia sempre stato al centro degli interventi dell’amministrazione, come provano tutte le misure messe in campo dall’inizio della crisi, quindi dal biennio 2008-2009, ad oggi, sia sul fronte del welfare che su quello del lavoro.

Ulteriori indagini aiuteranno a capire come e in che misura le dinamiche di crescita che pure si sono iniziate a registrare nell’ultimo periodo abbiano inciso nelle diverse fasce della popolazione, ma viene escluso che esse si siano tradotte solo in benefici per chi già percepiva redditi alti.

Va inoltre considerato, come rileva l’assessore alla salute e solidarietà sociale Luca Zeni, che le persone che si rivolgono ai servizi sociali, e che quindi presentano una situazione di particolare fragilità sociale ed economica, sono all’incirca 26.000 persone, meno del 5% della popolazione trentina. Accanto al prezioso lavoro dei servizi, in una dinamica di prevenzione, promozione e inclusione sociale, numerosi e significativi sono inoltre i progetti di welfare di comunità che insieme al terzo settore ed ai cittadini, perseguono il miglioramento del benessere sociale e collettivo, valorizzando la centralità delle relazioni e la necessità di ridurre il più possibile le forbici sociali.

A questo proposito, è interessante dare uno sguardo all’Assegno unico provinciale, il nuovo strumento di welfare, dal carattere fortemente innovativo, entrato a regime il 1° gennaio. Uno strumento che, anche rispetto al Rei nazionale, prevede coperture più ampie, con l’intento di combattere proprio il rischio povertà, ovvero di intervenire anche sulle situazioni ancora distanti dalla povertà conclamata, al fine di prevenire un loro peggioramento.

Alla fine di gennaio sono stati presi in carico poco più di 33.000 nuclei familiari, per una spesa complessiva annua di euro 67 milioni. I nuclei che hanno diritto alla quota di sostegno al reddito sono 8.600, quelli che ricevono la quota per il mantenimento dei figli sono 28.600 mentre i nuclei con persone invalide sono 4.200. Sono stati, inoltre, effettuati nei tempi previsti i pagamenti delle mensilità di gennaio e febbraio, interessando 32.500 nuclei familiari per una spesa complessiva di circa 11 milioni di euro.

Infine si evidenzia come 2523 nuclei familiari possano ora beneficiare anche della quota di sostegno al reddito grazie all’innalzamento della soglia di accesso Icef da 0,13 a 0,16. Attenzione: non si tratta di 2.500 nuclei familiari “in più” all’interno della fascia di povertà, ma nuclei che ora posso accedere del sostegno al reddito perché con l’assegno unico si è ampliata la platea dei beneficiari, andando a comprendere anche chi in precedenza, quando vigeva il reddito minimo di garanzia, sarebbero rimasti fuori perché la soglia di accesso era collocata su livelli più bassi (si doveva cioè essere più povero per averne diritto). L’intento è ovviamente quello di consolidare la situazione di queste famiglie e prevenire

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