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OPENPOLIS * DECRETI LEGGE:« L’ECCESSIVA PRODUZIONE HA INGOLFATO L’AGENDA DELLE CAMERE, SPESSO NON SONO RIUSCITE A TRATTARLI IN TEMPI UTILI »

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18.01 - mercoledì 5 ottobre 2022

Una delle ultime iniziative del governo Draghi è stata l’approvazione del cosiddetto decreto aiuti ter, entrato in vigore lo scorso 24 settembre. Si tratta di un atto particolarmente importante, non solo perché prevede una serie di misure ulteriori per contrastare il caro energia. Ma anche perché in esso sono contenute (dall’articolo 22 al 34) alcune norme volte a velocizzare l’iter di attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

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Com’è evidente, questo decreto dovrà essere convertito in legge dal prossimo parlamento. Ma i tempi appaiono molto serrati. La prima seduta della XIX legislatura infatti è stata calendarizzata al prossimo 13 ottobre. Ma le camere non saranno immediatamente operative. Prima infatti dovranno essere composti i gruppi e le commissioni parlamentari, nominati i capigruppo, eletti i presidenti di camera e senato. Nel caso di Montecitorio inoltre c’è anche la questione della riforma del regolamento, necessaria per adeguare la camera alla riduzione dei suoi componenti e che deve ancora essere approvata.

I decreti legge hanno effetto immediato, e devono poi essere convertiti in legge dal parlamento entro 60 giorni. Se ciò non avviene, le norme in essi contenute perdono efficacia. Vai a “Che cosa sono i decreti legge”.
Se a tutti questi passaggi si aggiunge il fatto che, non appena insediato, il prossimo parlamento dovrà subito mettersi a lavoro sulla legge di bilancio, ecco che i tempi per la conversione del Dl 144/2022 appaiono estremamente ristretti. Per evitare che le norme contenute nel decreto perdano di efficacia è probabile quindi che si decida ancora una volta di ricorrere a una pratica che è stata utilizzata spesso durante i governi Conte II e Draghi. Quella cioè di abrogare il Dl prima della scadenza attraverso un’altra legge di conversione confermandone allo stesso tempo gli effetti.

17 su 62 i decreti legge del governo Draghi non convertiti in tempo dal parlamento.

Tale prassi però, detta dei “decreti minotauro”, è stata spesso biasimata sia dal presidente della repubblica che dal comitato per la legislazione della camera. E tollerata solamente alla luce dell’emergenza Covid prima e degli effetti della guerra in Ucraina successivamente.

Le emergenze e il ricorso ai decreti legge
Il ricorso alla decretazione d’urgenza è giustificato nella misura in cui sia necessario affrontare questioni indifferibili e urgenti. Negli ultimi anni infatti spesso sono stati pubblicati decreti legge per diverse emergenze: dalla siccità agli incendi, dai terremoti alle frane e alle alluvioni. Ma certamente l’emergenza pandemica prima e l’esplosione della guerra in Ucraina successivamente hanno influito in maniera significativa sul ricorso a questo strumento. A partire dal 2 febbraio 2020, data dell’entrata in vigore del primo decreto Covid, infatti i Dl pubblicati sono stati ben 104.

Considerando i due esecutivi che hanno dovuto fronteggiare la pandemia, quello che ha pubblicato il maggior numero di decreti legge è stato il governo Draghi con 62, mentre il secondo esecutivo Conte si ferma a 54. Il governo gialloverde invece, che ha guidato il paese dall’1 giugno 2018 al 4 settembre 2019 – quindi prima dell’esplosione della pandemia – si era fermato a 26 decreti legge pubblicati.

Tutti i decreti legge presentati alle camere per la conversione ogni mese durante la XVIII legislatura. Nel conteggio sono compresi anche 4 decreti legge presentati al parlamento dal governo Gentiloni, ancora in carica fino all’insediamento di Giuseppe Conte avvenuto l’1 giugno 2018. Si tratta dei decreti 30, 38, 44 e 55 del 2018.

146 i decreti legge pubblicati durante la XVIII legislatura.

Facendo un confronto con gli esecutivi che hanno guidato il paese negli ultimi 15 anni, possiamo osservare che la conversione di decreti è stata spesso la tipologia di legge più approvata dal parlamento. Se si escludono le ratifiche di trattati internazionali (che generalmente hanno uno scarso peso politico) infatti possiamo osservare che il 32,2% delle leggi approvate durante il governo Draghi è una conversione di decreto (47 su 146 leggi totali), del 34,7% durante il Conte II (34 su 99) e del 34,3% durante il Conte I (22 su 69). Il dato più elevato in assoluto è però quello del governo Letta (52,4%).

Con il governo Draghi una legge su tre serve per convertire un decreto
La tipologia di legge approvate durante i governi delle ultime 3 legislature (2008-2022)

Dati piuttosto elevati si riscontrano anche durante i governi Berlusconi IV e Monti, entrambi con il 26,5% circa di leggi di conversione approvate rispetto al totale. Da notare che gli ultimi 2 governi risultano ai primi posti se si considera la media di decreti legge pubblicati al mese (3,26 l’esecutivo Draghi, 3,18 il Conte II). Mentre analizzando il numero totale di Dl il più prolifico è stato il Berlusconi IV con 80. Seguono i governi Draghi (62) e Renzi (56). Numeri che confermano come la tendenza a fare massiccio ricorso ai decreti legge fosse presente già prima dell’esplosione della pandemia.

Va rilevato che spesso in passato gli esecutivi hanno fatto ampio ricorso alla decretazione d’urgenza non solo per intervenire in caso di emergenza ma anche per dare una più rapida attuazione al programma di governo (ne abbiamo parlato, ad esempio, in questo articolo). Una pratica però non solo scorretta ma che, se accoppiata con il frequente ricorso alla questione di fiducia, riduce in maniera significativa le prerogative del parlamento.

I problemi derivanti dall’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza
L’eccessivo ricorso ai decreti legge comporta anche delle criticità di natura “tecnica”. La proliferazione dei Dl infatti ha l’effetto di saturare l’agenda del parlamento che non solo avrà spazi di manovra ridotti per occuparsi di altri temi ma avrà anche poco tempo per entrare nel merito delle misure adottate con il decreto. Data la necessità di convertire i decreti prima della loro scadenza, spesso il parlamento quindi si è visto costretto a prendere atto delle decisioni già prese a palazzo Chigi.

I decreti minotauro rendono meno chiaro l’iter legislativo e contribuiscono al monocameralismo di fatto.

Ma anche in questo quadro i problemi non mancano. A causa dell’eccessiva produzione normativa del governo infatti le camere negli ultimi anni spesso non sono state in grado di rispettare la scadenza dei 60 giorni. Durante il governo Draghi ad esempio, sono ben 17 i Dl che non sono stati convertiti in tempo. Dato che pone l’esecutivo uscente al primo posto, tra quelli delle ultime legislature, sia per quanto riguarda il numero assoluto di decreti legge non convertiti che per rapporto percentuale rispetto a tutti i decreti legge pubblicati (27,4%).

Il 27% dei decreti del governo Draghi non è stato convertito
La percentuale di decreti non convertiti dal parlamento rispetto al totale dei pubblicati nelle ultime 3 legislature (2008-2022)

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