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ON. BIANCOFIORE * EMERGENZA COVID – POLITICI IN SMART WORKING: « IL BOLZANINO MATTEO BIASI, CEO DELLA FLEASHBEING SRL, OFFRE PIATTAFORMA PER PARLAMENTO ON LINE »

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17.25 - lunedì 23 marzo 2020

Biancofiore – Emergenza Covid: FlashBeing offre piattaforma per Parlamento on line.

Sono fiera di annunciare che il noto bolzanino Matteo Biasi, Ceo della FleashBeing srl – vista la querelle che si è aperta sull’opportunità di riaprire il Parlamento nonostante i pericoli derivanti dai potenziali contagi causati dal Covid 19 , metterebbe a disposizione di Camera e Senato la sua piattaforma all in one per lo smart working già provata da diverse aziende ed amministrazioni. In allegato trovate il comunicato ufficiale dell’azienda. Lui è un tecnico Full Stack Developer con particolare conoscenza dello sviluppo di interfacce grafiche e dell’esperienza d’uso (UI/UX). Personalmente mi sono presa la responsabilità di diffondere il suo comunicato, affinché i Presidenti di Camera e Senato possano prendere in considerazione l’offerta di questo giovane cervello bolzanino che si è posto il problema del funzionamento della democrazia nell’epoca della situazione pandemica mondiale e straordinaria che stiamo vivendo.

Michaela Biancofiore

 

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Parlamento in Smart Working? Secondo un’azienda di Bolzano è possibile.

L’azienda FlashBeing, che fornisce formazione e il principale software italiano per lavorare in smart working, avanza una proposta per permettere al parlamento di lavorare a distanza.

(Bolzano, 23/3/2020) – Il Coronavirus sta cambiando di giorno in giorno il modo con cui le aziende lavorano. Lo smart working, ovvero il modo intelligente di lavorare da remoto, sta prendendo sempre più piede e ci si auspica che le innovazioni di questo cambiamento andranno ben oltre al periodo di quarantena, con risultati positivi sulla produttività e relax dei lavoratori. Secondo infatti una ricerca del Politecnico di Milano, uno smart worker risparmierebbe all’anno ca 255 ore – o 31 giorni lavorativi – già solo annullando il tempo di spostamento, evitando anche l’emissione di 135kg di Co2.

In tutto questo trambusto ci si chiede dove sia rimasta la politica, che abituata generalmente a discutere in parlamento, ora non può più farlo per una potenziale contagiosità dei parlamentari. Ma è proprio in un contesto di emergenza di questo tipo che il parlamento deve poter continuare a lavorare nel migliore dei modi, come se fosse dal vivo. La risposta a queste esigenze anche in questo caso sta nell’adottare correttamente le metodologie di smart working. È ipotizzabile che anche i nostri parlamentari possano lavorare in modo smart in un parlamento online? Se sì, come e quali sono i rischi?

Cultura e processi prima di tutto

Il segreto non è correre al software “magico” che risolverà tutto, ma capire quali sono i processi che finora sono stati svolti di persona e spostarli in una dimensione digitale. In questo le sfide sono analoghe a quelle che stanno affrontando le aziende in questo momento.

Prima di tutto è importante creare un punto di focus da cui tutti i membri possono controllare cosa sta succedendo, che deve essere uno solo. È un classico infatti cascare nel tranello di avere più software che fanno la stessa cosa: guardo le email, gli sms e i messaggi su qualche app di messaggistica. Questo, oltre che rendere a tutti particolarmente complicato e dispendioso fare il punto della situazione, crea anche una serie di problemi di sicurezza, perché dati e informazioni sensibili sono sparse in più sistemi, non controllati da un organo centrale.

Il software che fungerà da punto centrale da cui coordinarsi dovrà poi a sua volta permettere un’adeguata organizzazione del processo lavorativo. Prima di tutto è necessario uno strumento che permetta di organizzare il lavoro in progetti, che nel caso del parlamento saranno le diverse tematiche di discussione che vengono portate avanti in parallelo. In questi progetti tre funzioni sono poi fondamentali: la parte di comunicazione, la parte di gestione delle attività da svolgere e la parte di condivisione di documenti.

Vanno evitati enormi gruppi chat, senza una logica di conversazione simile a quella delle email, dove si trattano parallelamente più argomenti e si fa fatica a seguirli tutti. Di fatto servono strumenti che promuovano la comunicazione asincrona piuttosto che sincrona. Vuol dire che le persone

devono essere in grado di seguire più discussioni in parallelo anche non rispondendo in tempo reale. Allo stesso modo vanno evitate continue chiamate e videochiamate di gruppo, che in molti contesti risultano meno efficaci di organizzarsi tramite una chat.

È importante poi che sia chiaro a tutti quali sono le specifiche attività che ogni persona sta seguendo, senza però doverlo chiedere; di conseguenza il software dovrà avere un’avanzata funzione di assegnazione ti task – compiti – alle varie persone, di cui poi i membri a loro volta potranno segnare autonomamente lo stato di avanzamento.

Importante infine è la condivisione centralizzata dei file, in modo che ogni download si tacciabile e i file siano sempre gestibili e in server sicuri. Questo sistema di condivisione strutturata di documenti deve poi essere connesso a quello di messaggistica, perché spesso quando si comunica si condividono anche file.

Prima di partire quindi è necessario valutare nel dettaglio ognuno di questi punti e poi definire esattamente che le persone andranno ad utilizzare i rispettivi strumenti per interagire tra di loro.

Il coraggio di cambiare

I presupposti tecnici e teorici ci sono tutti. Se anche il parlamento Italiano, come quello Europeo, decidesse di gestire il lavoro da remoto, diventerebbe un esempio per tutta la nazione, abbracciando la cultura del lavoro smart che nei prossimi anni sarà sempre più comune. Ovviamente come ogni cambiamento, anche in questo caso sono ancora molte le difficoltà da superare. Si parte dalla probabile poca praticità, soprattutto da parte dei membri più anziani, di adottare strumenti tecnologici per lavorare, per poi arrivare alle diverse questioni di sicurezza informatica che può comportare condividere informazioni online. Su quest’ultimo aspetto però va fatta subito una considerazione: sicuramente i membri del parlamento già oggi utilizzano diversi strumenti digitali per comunicare in privato tra di loro, che però spesso e volentieri sono i mano ad aziende straniere, potenzialmente capaci di monitorare qualsiasi conversazione. Viceversa, adottare una soluzione completamente italiana e gestita in maniera centralizzata sarebbe sicuramente un passo avanti per tutelare le comunicazioni più sensibili. Sarà sicuramente un cambiamento che richiederà voglia e tempo, ma quale momento migliore di questo per iniziare?

 

 

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