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MICROMEGA * EUTANASIA: PAOLO FLORES D’ARCAIS, « STIMATO CARDINAL BASSETTI SU TALE TEMA LA SFIDO A UN CONFRONTO PUBBLICO »

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19.23 - giovedì 12 settembre 2019

di Paolo Flores d’Arcais

Stimato cardinal Bassetti, non appena insediato il nuovo governo, e a poco più di una settimana dalla prossima sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato, Ella ha voluto schierare tutta la potenza spirituale e mondana della Chiesa cattolica gerarchica italiana per ribadire la pretesa che sulla vita di ciascuno (perché il fine vita è parte della vita) il potere di decidere sia della sua Chiesa, anziché del cittadino che quella vita vive.

Ha infatti pronunciato, a nome della Conferenza episcopale italiana, dunque di tutti i vescovi, la condanna anticipata di una sentenza della Corte costituzionale che riconoscesse anche solo parzialmente la illegittimità dell’articolo 580 del codice penale (voluto dal regime fascista), e ha addirittura invitato il premier Conte ad abrogare i punti innovativi della legge contro l’accanimento terapeutico approvata appena un paio di anni fa.

Mi permetto perciò, stimata Eminenza, di rivolgerle una domanda semplice e in forma personale. Siamo praticamente coetanei, lei 77 io 75 anni, entrambi nell’età in cui la prospettiva che l’ultima parte della vita possa avere a che fare con malattia (anche inguaribile) e sofferenza diventa statisticamente più alta. È il prezzo che si paga all’inverosimile e positivo allungamento delle aspettative di vita consentite dai progressi della medicina.

Ora, di fronte all’evenienza di un fine vita di malattia e sofferenza Lei ed io abbiamo valori diversi e probabilmente faremmo scelte diverse. Come giudicherebbe la pretesa che fossi io a decidere sul suo fine vita? Demenziale, credo, di una prepotenza smisurata e indecente. Oltretutto insultante del principio per cui siamo tutti eguali in dignità e libertà. Avrebbe ragione, ovviamente. Sul suo fine vita vuole decidere Lei.

Perché, allora, sul MIO fine vita vuole di nuovo decidere Lei, anziché lasciare a me il diritto di scegliere? Cosa ha Lei più di me (di sovraumano, evidentemente) da farle avanzare una pretesa che riterrebbe giustamente folle e indecente se la avanzassi io nei suoi riguardi?

Lei ha infatti apoditticamente affermato: “Vivere è un dovere, anche per chi è malato e sofferente”. E perché mai? Sarà vero per la sua ideologia e la sua fede, non per le mie convinzioni e i miei valori (e nemmeno per quelli di Sofocle, Seneca, Montaigne, Hume e una miriade di spiriti più magni di me e di Lei, o di cittadini a noi pari in dignità e libertà).

La sua risposta è “Perché la vita più che un nostro possesso è un dono che abbiamo ricevuto, e che dobbiamo condividere”. Temo che lei stia equivocando, Eminenza. Un dono è tale solo se lo si può rifiutare, o se se ne può fare quello che si vuole. Altrimenti non è un dono ma un obbligo, una condanna. E la vita non può essere una condanna, la condanna a vita è il sinonimo di ergastolo, non di vita come dono.

In realtà la vita di ciascuno di noi nasce dal caso, non abbiamo chiesto di essere messi al mondo. E se ad un certo punto il nostro essere al mondo diventa tortura, non si vede perché la Sua ideologia o fede dovrebbe diventare legge e norma dello Stato, cioè di tutti i cittadini, spessissimo non credenti o diversamente credenti (le faccio presente che credenti nel suo stesso Dio, come Hans Kung e tanti altri ritengono l’eutanasia un diritto, e lo fondano perfino cristianamente).

Converrà con me, stimata Eminenza, che dobbiamo essere una democrazia, dunque pluralista, non una teocrazia. Perché allora sul fine vita dovrebbe essere legge vincolante per tutti il Suo dogma, anziché essere sia Lei che io liberi di scegliere il nostro? Non si rende conto che la sua pretesa è analoga a quella di quanti vogliono imporre la loro sharia?

Ecco perché la invito a discutere pubblicamente con me su questi temi. Temo anzi di dover dire LA SFIDO. Ho la netta impressione che la Chiesa cattolica gerarchica stia schierando tutta la sua potenza mondana (nella speranza che il cattolicissimo premier sia sensibile) proprio perché si sente debole sul piano spirituale dell’argomentazione. La ho infatti invitata più volte a discutere pubblicamente dei temi bioetici sensibili, e lo stesso ho fatto con eminentissimi suoi confratelli. Ma su questi temi la Chiesa si sottrae al confronto pubblico, proprio mentre ribadisce i suoi ukase. Le ho fatto inviare il mio piccolo libro “Questione di vita e di morte” appena uscito da Einaudi, in cui espongo tutte le ragioni democratiche in favore del diritto all’eutanasia e discuto le obiezioni della Chiesa analiticamente.

Spero che questa volta la discussione verrà da Lei accettata e tutti i cittadini potranno ascoltare i pro e contro in un confronto diretto e per argomenti razionali.

SalutandoLa con la più grande cordialità, mi creda suo Paolo Flores d’Arcais

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