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LANCIO D'AGENZIA

MICHELE DALLAPICCOLA * LA CARNE OVINA SULLE TAVOLE: « IL BENESSERE DEI NOSTRI ANIMALI È BENE (ANCHE) PER LA NOSTRA SALUTE »

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22.07 - domenica 5 aprile 2020

LINK http://www.micheledallapiccola.it/2020/04/03/3001/

Se il Trentino ha perso l’abitudine al consumo di questo tipo di prodotto, la fotografia di ciò che accade fuori da qui, ci rappresenta che nemmeno a livello nazionale questa carne gode di buona fortuna.

Nel carrello della spesa degli italiani la troviamo con aspetti di contrazione meno gravi che a livello locale ma a ben vedere la disaffezione verso questo prodotto è guidata da luoghi comuni che affliggono la simpatia verso la carne in senso lato, condizione che rende ancor più difficilmente contrastabile l’abbandono del consumo osteggiato da falsi miti e luoghi comuni. Va meno peggio nel settore dell’HORECA ma vedremo tra poco perchè questo sia praticamente ininfluente.

Oltre a queste considerazione generali che in termini fin troppo succinti ho riassunto sopra si deve tenere in considerazione che la carne ovina subisce un’ulteriore urto mediatico derivante dal senso sentimentale di tenerezza e di empatia che l’agnello produce nella pubblica opinione. Quanto alla tipologia di animali consumati  posso confermare che vengono utilizzati animali adulti e non certo teneri agnellini da latte come quelli mostrati alla TV.

Vergognose campagne promozionali politiche strumentali come questa sopra hanno contribuito non poco al disfacimento di questo mercato al punto che secondo i dati sulla macellazione forniti dall’ISTAT nel giro di 10 anni la quantità si è più che dimezzata da 7 milioni circa di ovi-caprini macellati nel 2006 si è arrivati a meno di 3 milioni nel 2018. Questo volume macellato rappresenta poco meno del 1.5% del consumo di carne bovina ciò significa che se in Italia consumiamo meno di 20 kg di carne bovina pro capite mentre di ovino ne consumiamo mediamente poco più di 2 kg. Di questi, le macellazioni locali coprono le 56.000 tonnellate di carne di domanda solo per i tre quinti i restanti due quinti del consumo vengono coperti da import.

 

MA COME VIVONO DAVVERO QUESTI ANIMALI?

Per imporre metodi di allevamento rispettosi del benessere animale sono stati scritti fior di testi, decreti, editti comunitari  ed ogni sorta di disciplinare auto-imposto. Ebbene la pastorizia transumante di tutta questa burocrazia non ha mai dovuto nemmeno minimamente prendere coscienza dell’esistenza perché per antonomasia essa rappresenta il miglior metodo di allevamento possibile per un animale in quanto dentro al gregge essi conducono una vita simile alla vita naturale degli ovini selvatici. Per figurarci un parallelo cito il muflone che è appunto un animale selvatico tipicamente sardo che qualcuno potrà aver avvistato comunque in natura anche da noi poichè illegalmente trapiantato qualche anno fa in Val di Fassa (Ma questa è un’altra storia).

Queste caratteristiche di allevamento, oltre a generare senza dubbio animali molto sereni, si riflettono positivamente anche sulle loro caratteristiche fisiologiche.  In pratica si tratta di soggetti molto sani tendenzialmente longevi e che abbisognano davvero di scarsissimi trattamenti farmacologici al punto da poterli ritenerne pressoché esenti.

Formalmente non si può dire che questi allevamenti siano condotti secondo il regime biologico ma mi sento di poterli definire assolutamente animali dalle carni naturali dove per naturali intendo ciò che in tutto e per tutto sia assimilabile al mondo che lo circonda. Per meglio dire, il tenore di sostanze estranee all’interno dell’organismo di questi animali è esattamente lo stesso  dentro al nostro corpo: facile da credere poichè questi animali si nutrono esclusivamente di erba non coltivata.  Dal punto di vista del marketing vi sono campagne che puntano proprio su questo, li definiscono gli animali GRASS-FED.

 

È PER QUESTO CHE ALL’ESTERO E’ PIU’ FACILE ALLEVARE CHE DA NOI?

Sì, le stesse ragioni uguali e contrarie che hanno fermato il consumo della carne a livello nazionale quali tradizione, abitudini di consumo e caratteristiche di territorio, hanno positivamente sostenuto invece l’allevamento all’estero.

Su questi temi vale la pena aprire una piccola parentesi di confronto direttamente con la condizione trentina. A fronte delle estensioni adibite al pascolo del Nord Europa che, essendo recintabili, rendono inutile o marginale la presenza dell’uomo, l’allevamento trentino praticato tramite pascolo vagante, richiede la presenza costante di manodopera alla quale non possono essere garantiti giorni festivi a scadenza fissa. Da sempre la manodopera in questo settore è stata afflitta da condizioni di precariato.

In questi ultimi anni le cose sono leggermente migliorate grazie all’arrivo prevalentemente dall’Est di personale disponibile ai sacrifici richiesti anche se nell’operoso Trentino c’è oggi un mercato del lavoro che si trova ad offrire prospettive sempre più allettanti.

I problemi nel reclutamento del personale non sono nemmeno le peggiori pene del pascolo vagante. I costi fissi molto elevati che rispetto all’allevamento estero determinano costi di produzione più che doppi del prodotto finito rendendo quello di importazione assai concorrenziale. Giocano ruoli di pesante sfavore anche le norme sugli spostamenti nei Comuni, frequentemente avversi a queste pratiche, la presenza sempre più invadente dei grandi carnivori.

Terribile anche la concorrenza sleale di Imprese Agricole che fanno della gestione dei Titoli Pascolo europei una vera professione spesso anche speculativa, innalzando il prezzo degli alpeggi, per farne incetta e privando in questo modo i pastori veri della possibilità di poterne usufruire in maniera genuina.

 

 

QUALI SONO LE CONSEGUENZE SULLA PRODUZIONE LOCALE.

La situazione d’oggigiorno non può che riflettersi negativamente sui risultati economici delle aziende produttrici; in particolare l’unica strada perseguibile dalle stesse dovrebbe esser una politica di mercato basata su prezzi oltremodo allettanti: impossibile! E così per questo tipo di merce, specialmente ai clienti dell’HORECA , vengono proposti solo i tagli facili da preparare e assolutamente alla moda ma di provenienza estera dove allevare costa meno: chi non ha mai assaggiato le scottadito o le costatine di agnello nei nostri trentinissimi ristoranti? Ebbene merce buona, sana, controllata ma tutta di importazione!

Purtroppo la risposta alla concorrenza estera può essere praticata esclusivamente da allevatori operanti su scala industriale con decine di ettari a disposizione, in accordo, ad esempio, con l’assetto territoriale agricolo che, nel nostro paese, è presente prevalentemente al Sud dove per tradizione le razze allevate sono solo da latte (per la grande felicità di R. Paccher). L’abbacchio romano dunque è il parallelo del nostro capretto in Trentino: un sottoprodotto della produzione del pecorino come del resto lo sono gli arrosticini, un sistema per rendere gradevole al gusto il sapore forte della pecora vecchia non più adatta alla produzione. Logisticamente e tecnicamente questi allevamenti sono equiparabili al sistema maggiormente rappresentato a livello europeo.

(Francia, Inghilterra, Olanda), dove l’attitudine degli animali è da carne anziché latte ma dove ancor più che in Italia – figuriamoci in Trentino – si stagliano grandi estensioni prative con clima mite che permettono spese di gestione pressoché nulle come abbiamo avuto modo di ripetere più volte qui.

 

 

PERCHÉ’ MI DOVREBBE INTERESSARE IL CONSUMO DI CARNE OVINA?

Spiegato il perché per i piccoli produttori, ovvero per la maggior parte degli allevatori presenti sul territorio provinciale, la realtà e le prospettive di sviluppo non sono incoraggianti, vorrei però provare a stimolare una rinnovata curiosità al consumo di questo prodotto parlando allora delle sue caratteristiche.

Se si potesse prescindere dal costo di produzione e della moda culinaria si potrebbero apprezzare delle differenze enormi tra la carne in generale, l’ovino importato, quello allevato in strutture chiuse o infine quello transumante. Si tratta di fondamentali differenze di tipo qualitativo sulle quali mi sembra utile spendere due parole. Negli allevamenti nord europei Inghilterra, Francia o Olanda la qualità è legata alle razze allevate che offrono un ottimo rapporto ossa-muscolo, particolarmente adatto al sezionamento.

La qualità legata al tipo di nostra produzione invece non presenta mai la copertura di grassi in eccesso data la modalità di allevamento che mantiene gli animali in moto favorendo lo sviluppo muscolare rispetto al grasso sul peso totale.

A sostegno di questa tesi, riconducibile anche ad esperienze personali sul campo, lo voglio spiegare con uno studio condotto in Canada nel 1988, dall’Università’ di Alberta. Può sembrare datato, ma il funzionamento del corpo animale non cambia certo in così poco tempo rendendo lo studio rappresentato ancora attualissimo.

Furono condotti quattro esperimenti, nei quali quattro giovani pecore vennero sottoposte a:

  • a) carico di tipo statico con alimentazione limitata rapportata al 65% del peso corporeo
  • b) carico di tipo statico con alimentazione ad libitum; c) esercizi erano spinte a saltare su piattaforme attraverso percorsi progressiva resistenza, nei quali le pecore circolari
  • d) esercizi di endurance

– Gli esercizi comportanti basso sforzo, aumentarono l’assunzione di cibo, ma non influenzarono l’incremento medio ponderale o la proporzione di muscolo, ossa e grasso nella carcassa.

– Gli esercizi ad alto sforzo determinarono una depressione dell’appetito e ridussero l’incremento di peso.

In sede di macellazione conseguenti minori pesi vivi causarono un incremento della proporzione di ossa e muscolo ed un decremento della proporzione di grasso, come e normalmente osservato in carcasse più’ leggere. Gli effetti dell’esercizio sulla distribuzione del muscolo e delle ossa diedero uno stimolo diretto di crescita sia sui muscoli e sulle ossa individualmente implicate nell’esercizio, sia su quelle che non erano direttamente interessate Il peso del grasso localizzato e la sua distribuzione non furono influenzati dall’esercizio, ma il grasso intramuscolare chimicamente determinato decrebbe. Le pecore sottoposte ad esercizio consistente fornirono carni più tenere; questo fu associato al più alto contenuto di proteina fibrillare ed un più basso contenuto di collageno, elemento che fa risultare più tenera la carne. I muscoli dei capi sottoposti ad esercizio di endurance ebbero una più alta proporzione di fibre a bassa ossidazione, più brevi sarcomeri, ed un più lento declino del Ph delle carni post mortem, rispetto ad altre carcasse.

In conclusione, anche dal punto di vista scientifico la carne ovina transumante presenta interessantissime peculiarità rispetto ad altre forme di allevamento italiano o estero.

 

 

SI, OK, CI CREDO MA LA CARNE DI PECORA PUZZA! LE PROPRIETÀ ORGANOLETTICHE DELLA CARNE OVINA

La scarsa informazione al consumatore sulle proprietà nutritivo-alimentari della carne ovina, che la tradizione vuole molto grassa e di sapore estremamente pronunciato, in effetti costituiscono ostacolo decisivo ad una sua maggiore diffusione.

Come ha scientificamente dimostrato dallo studio sopra si tratta di un’opinione sostanzialmente errata, poiché se è vero che all’asporto la carne ovina può sembrare ricca di depositi adiposi, e altrettanto vero che si tratta di depositi molto localizzati e quindi facilmente toelettabili. Per contro in queste carni mai si rinviene la la prezzemolatura o le micro infiltrazioni che sono invece facile reperto nelle altre carni rosse e che sono per questo responsabili del loro elevato tenore in grassi.

Il secondo, deciso aspetto considerato è quello del sapore, dettato sicuramente dal ricordo di momenti del passato in cui la macellazione riguardava soprattutto castrati, ovvero soggetti le cui carni possiedono spiccate caratteristiche. La situazione ora è ben diversa non essendo più prodotto quel tipo di carne. Il sapore di quest’ultima qualità produttiva costituisce una valida alternativa alla vasta scelta di carni bianche presenti sul mercato, rispetto alle quali si stanno facendo sforzi straordinari per arrivare ad avere standard di allevamento e di produzione che non si avvicinano ancora nemmeno lontanamente a ciò che accade nel meraviglioso mondo che stiamo raccontando qui. A mio avviso inoltre va osservato che per le altre carni sono soprattutto l’arte culinaria e non il gusto intrinseco a determinare l’apprezzabilità.

Se poi vogliamo sezionare aspetti qualitativi con il bisturi salutistico e medico va detto che la carne ovina è uno degli alimenti più ricchi di vitamina B: 100 grammi di agnello contengono circa 140 mg di vit. B1 ed è uno degli alimenti con la maggior percentuale di minerali, quali Fe, Zn, P, Mg, Ca, e K. Contrariamente a quanto si crede, anche i grassi contenuti nella carne hanno un potere nutritivo-fisiologico di particolare importanza. per la qualità sono però essenziali gli acidi grassi e la loro composizione. Grazie all’età degli animali utilizzati ed ai migliori sistemi di allevamento il grasso della carne ovina contiene il 40% di acidi grassi insaturi e circa il 10% di acidi grassi saturi a catena semplice. Il grasso di questa carne insomma è costituito per il 50% da acidi grassi, elementi che non influenzano ma addirittura diminuiscono il livello di colesterolo e che devono essere assunti attraverso l’alimentazione poiché il nostro organismo in grado di sintetizzarli. Dal mondo animale arriva un aiuto alla salute un pò come da quello delle piante con l’olio di oliva di qualità del quale tutti conosciamo le proprietà benefiche.

Da aggiungere che il prodotto locale si avvale di tempi di trasporto minimi, tra luogo di macellazione e luogo di consumo, con enorme vantaggio in termini di grado di freschezza del prodotto, ecosostenibilità con attenzione all’ambiente e minore stress nel momento della macellazione.

 

 

 

E’ IMPORTANTE LA GESTIONE DELLA MACELLAZIONE?

Certo! Ed per questo voglio aprire una piccola parentesi su questo argomento: i livelli di stress vanno evitati in ogni modo  innanzitutto per ragioni di natura etica e di pietà verso gli animali ma è altrettanto risaputo che brevi ed agevoli periodi di trasporto ottenibili solo con allevamento e macellazione locali vanno d’accordo con la produzione di una carne di buona qualità.  e ormai assodato che nello stress la secrezione di cortisolo degli animali determina poi la produzione di carni con maggiori difetti di conservazione.

Eppure?  beh, nonostante questo lungo elenco di condizioni positive non c’è stato niente da fare, tutti questi vantaggi non sono stati comunque in grado di compensare la forza competitiva del prodotto importato. Prezzo, tagli selezionati riduzione della domanda e cultura di domanda e offerta hanno hanno determinato il definitivo surclassamento da parte del prodotto estero rispetto al prodotto locale

 

 

OK SONO CONVINTA/O MA DOVE POSSO ACQUISTARE CARNE OVINA LOCALE?

Niente paura, ci si arma di santa pazienza e si organizza la cosa con il proprio macellaio di fiducia, saprà lui come contattare i produttori. Insieme a loro esiste un collegamento con alcuni macelli locali offrono il loro servizio in collegamento con le macellerie più affezionate alla tradizione.

 

A titolo di esempio la virtuosa filiera che si è creata in Alta Valsugana dove l’allevamento ovino è ancora piuttosto ben rappresentato e il macello Agrinatura di Pergine (Salvo grazie alla sana caparbietà del sindaco di Palù d.F.). La macelleria Linea Carni di Baselga di Piné, sempre per citare esempi virtuosi, si occupa poi molto volentieri del sezionamento e dell’eventuale preparazione pre-cottura.

 

 

E COME SI CUCINA?

Le lunghe preparazioni tradizionali al forno, arrosto o con lungo impegno possiamo riservarle ormai solo ai cosciotti eccetto per chi è giustamente affezionato alla preparazione tradizionale che rimane sempre possibile. La carcassa oggi però può venir disossata in toto, eccetto ii carrè, dai quali è sacrilegio non ricavare le bracioline conosciute anche come famose scottadito. Il resto può essere utilizzato per la produzione di interessantissimi hamburger, salutari e saporiti.

 

 

OK, DELL’OVINO ABBIAMO CAPITO TUTTO MA SE IO CERCO IL CAPRETTO?

Questa pietanza tradizionale è reperibile in provenienza locale dagli stessi canali dell’ovino. Rispetto alla sua produzione va ricordato che provenire essenzialmente dagli allevamenti delle capre da latte dei quali abbiamo parlato precedentemente. Per questo motivo oltre ai canali di distribuzione di cui sopra va apprezzato l’impegno della federazione allevatori che su prenotazione prepara il prodotto ritirabile direttamente presso la sua sede.

Da segnalare che in questo giorni questo tipo di acquisto è promosso a titolo di stimolo positivo al consumo locale anche da Latte Trento ,cooperativa che di questi allevamenti acquista il latte e lo trasforma di prelibatissimi formaggi caprini.

Ma questa è tutta un’altra storia…

 

 

 

 

 

 

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