News immediate,
non mediate!
Categoria news:
LANCIO D'AGENZIA

MEDIASET – ‘ QUARTO GRADO ‘ * MOSTRO DI FIRENZE: PARLA PER LA PRIMA VOLTA NATALINO MELE TESTIMONE DEL PRIMO DUPLICE DELITTO (LA TRASCRIZIONE DELL’INTERVISTA)

Scritto da
17.21 - venerdì 22 giugno 2018

Nella puntata in onda questa sera, in prima serata su Retequattro, “Quarto Grado” si occupa del caso del cosiddetto Mostro di Firenze, la serie di otto duplici omicidi avvenuti nella provincia del capoluogo toscano tra il 1968 e il 1985. Si tratta di uno dei più famosi casi di presunti serial killer della cronaca italiana.

Per la vicenda, furono celebrati numerosi processi e si è giunti alla condanna definitiva di Mario Vanni e Giancarlo Lotti, noti come “compagni di merende”. Il terzo “compagno”, Pietro Pacciani, fu condannato all’ergastolo in primo grado e successivamente assolto in appello: morì prima di essere sottoposto a un nuovo processo di secondo grado, in seguito all’annullamento di tale sentenza da parte della Cassazione.

La trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi, con Alessandra Viero, propone la prima intervista a Natalino Mele. L’uomo, la sera del 21 agosto 1968 – 50 anni fa – si trovava a bordo di un’Alfa Romeo Giulietta con Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, le prime due vittime della Beretta calibro 22 del “mostro”. Mele era figlio della Locci: aveva 6 anni e stava dormendo sul sedile posteriore dell’auto.

 

*

Di seguito, la trascrizione dell’intervista realizzata dall’inviato di “Quarto Grado”, Giorgio Sturlese Tosi.

Mele: «Mi svegliai per dei forti rumori … poi… vedendo che mia madre era con la testa così, la chiamavo non mi rispondeva, cominciai a piangere… uscii dalla macchina e in lontananza vidi la lucina di una casa. Davanti alla casa chiesi aiuto e cominciai a dire che avevano ucciso mia madre. Le uniche parole che dicevo erano: “hanno ucciso mia madre”. Come per dire “tenetemi con voi, non mi abbandonate”».

Giornalista: «Tu hai visto in faccia chi ha ucciso tua madre?»

Mele: «No no, io dormivo. Sa quante volte ci ho pensato?»

Giornalista: «Per quel delitto, tuo padre si è fatto 15 anni di carcere. Lo avresti riconosciuto se fosse stato lui?»

Mele: «Sì, sicuramente».

Giornalista: «Tuo padre ha confessato di aver ucciso tua madre».

Mele: «Beh, forse gliel’hanno fatto anche dire… vai a sapere!».

Giornalista: «Tua madre fu uccisa…».

Mele: «Sì, fu uccisa e mio padre arrestato… poi mi ritrovai in collegio, all’orfanotrofio».

Giornalista: «Ti ricordi l’interrogatorio che ti fecero?»

Mele: «Sì, anche 15 ore di interrogatorio… carabinieri, marescialli, non so chi erano. Mi bruciavano per dire (mima un accendino vicino al palmo della mano, ndr): “parla, parla, sennò ti si brucia”. Piangevo e dicevo “non so nulla».

Giornalista: «Il rapporto, nella memoria, con tua madre?».

Mele: «Te l’ho detto… poche cose, ero piccino. Mi ricordo che aveva una pezzuola in testa. So che mi portava a prendere il panino. C’erano gli alimentari di fronte a casa. Ho sempre il solito incubo: mi sveglio e vedo mia madre morta. Quello è un incubo che ho avuto per anni, quasi tutte le notti».

Giornalista: «Secondo te è stato tuo padre a uccidere tua madre?»

Mele: «Non penso ne sarebbe stato capace. A quanto diceva mia zia, le voleva tanto bene, l’amava. Era così mite, tranquillo…».

Giornalista: «Ricordi di aver mai visto una pistola in casa tua? O tuo padre maneggiare una pistola?»

Mele: «No no…».

Giornalista: «Quella famosa Beretta?»

Mele: «No no».

Giornalista: «Quindi Pacciani, Vanni, Lotti…?»

Mele: «Mai visti».

Giornalista: «Sei mai stato a trovare tua madre?»

Mele: «Lo sai che non ci sono mai stato? Ci dovrei andare… prima di morire lo farò».

In seguito, Sturlese Tosi intervista l’allora sostituto procuratore generale Piero Tony: lui, che nel processo di appello contro Pietro Pacciani rappresentava l’accusa, ne chiese l’assoluzione. Il verdetto, prima che la Cassazione disponesse l’annullamento della sentenza, gli diede ragione.

 

*

Giornalista: «Oggi per Pacciani chiederebbe l’assoluzione?»

Tony: «Ma sì, nel modo più assoluto, sicuramente. Tant’è vero che quando mi chiesero di fare ricorso, al mio procuratore generale di allora dissi che non sarei mai andato contro la mia coscienza».

Giornalista: «E quel proiettile trovato nell’orto?»

Tony: «Nella sentenza di assoluzione per Pacciani si dice che quel bossolo non poteva esserci al momento delle perquisizioni e che quindi era stato immesso successivamente».
Giornalista: «Quindi lei crede che quel bossolo sia stata una prova falsificata?»

Tony: «La Corte d’Assise, l’estensore e il presidente che hanno fatto la sentenza di assoluzione di Pacciani hanno detto che quel bossolo era stato messo da qualche manina. È uno scenario gravissimo, che dopo è stato in qualche modo edulcorato dall’assoluzione di Pacciani e dalla condanna dei “compagni di merende”. È stato tutto un tramestio, che non consente di dire a voce alta una cosa piuttosto che un’altra».

Giornalista: «Ma se davvero quella prova fosse stata falsificata, la domanda è: perché?»

Tony: «Perché… io credo che la maggior parte degli errori che si fanno, errori giudiziari, avvengono sulla base della certezza morale di chi investiga. Io ho sempre diffidato della certezza morale di chi investiga, perché in un procedimento – che tendenzialmente è un procedimento verificazionista e non falsificazionista – se uno scarta le cose pro e costruisce soltanto su quelle contro, lei capisce che si arriva a questa conclusione?».

Giornalista: «Quindi il mostro non era Pietro Pacciani?»

Tony: «Contro Pacciani, al di là del giudizio sulla persona – sporco, brutto… tutto quello che vuole -, per quanto riguarda i delitti del mostro c’era poco o nulla».

Categoria news:
LANCIO D'AGENZIA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DELLA FONTE TITOLARE DELLA NOTIZIA E/O COMUNICATO STAMPA

È consentito a terzi (ed a testate giornalistiche) l’utilizzo integrale o parziale del presente contenuto, ma con l’obbligo di Legge di citare la fonte: “Agenzia giornalistica Opinione”.
È comunque sempre vietata la riproduzione delle immagini.

I commenti sono chiusi.