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LANCIO D'AGENZIA

MEDIACOM043 * LUOGHI CULTO (2001-2019): « IN TRENTINO ALTO ADIGE IL CALO MAGGIORE DEI PRATICANTI ASSIDUI (-41%) / VENETO A -40,4% / MOLISE A -39,8%) »

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10.41 - sabato 3 aprile 2021

Dopo almeno 18 anni di una caduta lunga e pesante, nel 2019 tornano a salire – seppure di poco – i praticanti assidui dei luoghi di culto. Ma, nel resto della popolazione italiana, la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso continuano a crescere in maniera molto pronunciata.

 

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Ultrasintesi del Rapporto
Erano almeno 18 anni, da quando cioè (2001) l’Istat monitora il fenomeno della pratica religiosa in Italia, che il numero dei praticanti assidui (ossia coloro, nella fascia d’età da 6 anni in su, frequentano un luogo di culto almeno una svolta a settimana) anno dopo anno scendeva inesorabilmente, accusando nel periodo 2001-2018 una flessione del 26,3%, pari a -5,211 milioni di persone. Un calo che, al momento, nel 2019 si è fermato e anzi si registra un incremento, benché leggero (+0,6%, pari a +90mila praticanti assidui).

Ma la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso continuano a crescere, con il numero di coloro che non frequentano mai un luogo di culto che nel 2019 aumenta ancora del 5,2%, con un bilancio 2001-2019 di +81,4%, pari a un incremento di quasi 7 milioni di persone. E anche nel 2019 coloro che non frequentano mai un luogo di culto sono aumentati di 760mila unità. Tra l’altro, dal 2008, per la prima volta nella storia d’Italia, il numero di coloro che non frequentano mai un luogo di culto supera quello di chi invece lo frequenta almeno una volta a settimana.
Nel 2019 sono il Nord-Ovest (+7,5%) e il Mezzogiorno (+3,1%, con le Isole che fanno +3,9%) a mostrare una crescita su base annua dei praticanti assidui, mentre Nord-Est (-4,1%) e Centro (-9,6%) proseguono nel calo. Tra le regioni Valle d’Aosta, Campania e Lombardia evidenziano gli aumenti più consistenti di praticanti assidui, mentre le regioni con le flessioni maggiori sono Liguria, Lazio e Abruzzo.

Se, invece, si guarda alla percentuale – sul totale della popolazione da 6 anni in poi – di coloro che frequentano un luogo di culto ameno una volta a settimana, sono Campania (32,8%), Calabria (31,9%), Sicilia (31,7%), Puglia (30,8%) e Molise (28,4%) a mostrare i valori maggiori, mentre i valori più bassi li evidenziano Liguria (16,3%), Toscana (17%), Emilia Romagna (18,9%), Friuli Venezia Giulia (19%) e Umbria (20%). La media nazionale è del 25,1%.

Per quanto riguarda l’intero periodo delle rilevazioni Istat sulla frequenza nei luoghi di culto, 2001-2019, tutte le circoscrizioni e le regioni mostrano il segno meno (a livello nazionale la flessione è del 26,3%).

I cali maggiori in Piemonte (-37%), Valle d’Aosta (-16,7%) e Liguria (-35%), quelli minori in Sardegna (-28,2%), Sicilia (-25,2%) e Calabria (-19,7%).
Infine, le regioni con il maggior tasso di secolarizzazione e di indifferentismo religioso nel 2019 sono Friuli Venezia Giulia (39,9%), Lombardia (39,5%) e Valle d’Aosta (38,6%). I valori minori in Puglia (16,5%), Basilicata (17%) e Campania (17,9%).

 

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Uno sguardo di sintesi
Parlare di inversione di tendenza è certamente prematuro, ma di certo al momento si è interrotto il lungo e pesante calo della pratica religiosa, trend che caratterizza l’Italia da anni. Nel 2019 (vedere le tre tabelle allegate, elaborate da Mediacom043 sui dati forniti dall’Istat), infatti, il numero delle persone da 6 anni in su che frequentano un luogo di culto almeno una volta a settimana in Italia è cresciuto per la prima volta dal 2001, da quando cioè l’Istat monitora annualmente il fenomeno attraverso l’indagine campionaria, passando dai 14,264 milioni del 2018 a 14,354 milioni del 2019 (+90mila, +0,6%).

La percentuale di persone da 6 anni e più che frequentano un luogo di culto almeno una vola a settimana è quindi passato – su totale di questa fascia d’età – dal 24,9% del 2018 al 25,1% del 2019.Un incremento se si vuole modesto, ma che appare importante se si tiene conto che, al momento, ferma un trend discendente che, anno dopo anno, ha visto i praticanti assidui scendere dal 36,4% del 2001 al 24,9% nel 2018. In valori assoluti, dai dati dell’Istituto nazionale si statistica emerge che si è scesi dai 19,475 milioni di praticanti assidui del 2001 ai 14,264 milioni del 2018, con la perdita di 5,211 milioni di praticanti (perdita che, con il leggero recupero del 2019, si è ora leggermente ridotta a -5,121 milioni). Se si guarda all’intero periodo 2001-2019, il calo dei praticanti assidui è stato del 26,3%.

I dai riportati nelle tabelle allegate riguardano tutte le religioni praticate in Italia, ma è chiaro che nel nostro Paese la parte del leone la fa la religione cattolica. Anche se è difficile dire quanto, nell’incremento dei praticanti assidui registrato nel 2019, abbiano inciso le altre religioni in conseguenza del fenomeno immigratori, a cominciare da immigrati in Italia provenienti da Paesi di religione islamica e di quelli arrivati dai Paesi di religione ortodossa.

 

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Ma la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso continuano ad avanzare
Nonostante il calo dei praticanti al momento si fermi e anzi mostri un incremento, la secolarizzazione e l’indifferentismo religioso continuano tuttavia continua ad aumentare con forza. Anche nel 2019, infatti, in Italia è proseguita la crescita di coloro che non frequentano mai un luogo di culto. L’incremento nel 2019 è stato – rispetto al 2018 – del 5,2%, notevolmente più dell’incremento dei praticanti assidui (come detto, +0,6%).
Si tenga presente, inoltre, che dal 2018, per la prima volta nella storia d’Italia, il numero di coloro che non frequentano mai un luogo di culto supera quello di chi invece lo frequenta almeno una volta a settimana. Divario che cresce anche nel 2019, con 14,43 milioni di praticanti assidui e 15,43 milioni – 760mila persone in più rispetto al 2018 – che non praticano mai un luogo di culto.

Dal 2001 al 2018 il numero dei non praticanti è cresciuto da 8,51 ad appunto 15,43 milioni, con un incremento dell’81,4%, pari a oltre 6,9milioni di persone in più (Tabella 2). Nel 2001 i mai praticanti rappresentavano il 15,9% della popolazione da 6 anni e oltre, nel 2019 rappresentano il 27% (contro il 25,1% di persone che frequentano un luogo di culto almeno una volta a settimana).

 

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L’andamento nelle circoscrizioni e nelle regioni
Nelle tabelle allegate al Rapporto Mediacom043 ci sono i dati relativi a tutte le circoscrizioni e regioni italiane. Dati che, benché di fonte pregiata come l’Istat, vanno presi con un po’ di prudenza perché si tratta pur sempre di un’indagine campionaria e, tra un anno e l’altro, il rinnovamento del campione può amplificare o diminuire gli scostamenti. Tuttavia, l’indagine campionaria riesce a cogliere bene i trend di fondo.

 

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Presentiamo, per sintetizzare, tre punti chiave

1) Le circoscrizioni e le regioni dove si evidenzia la ripresa dei praticanti e quelle dove invece il calo prosegue.
Il numero dei praticanti assidui, come detto coloro che frequentano un luogo di culto almeno una volta a settimana, nel 2019 aumenta – rispetto al 2018 – nel Nord-Ovest (+7,5%) e nel Mezzogiorno (+3,1%, con le Isole che fanno +3,9%), ma scende nel Nord-Est (-4,1%) e Centro (-9,6%).
A livello di regioni, nel 2019 sono più quelle in cui il numero dei praticanti assidui continua a calare (13: Liguria, Lazio, Abruzzo, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Sardegna, Umbria, Emilia Romagna, Basilicata, Veneto, Calabria e Marche) che quelle dove si registra un incremento (7: Valle d’Aosta, Campania, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Molise e Puglia). Ma alla fine il saldo positivo (+0,6%, +90mila praticanti assidui) perché tra le regioni in cui i praticanti assidui aumentano ci sono quelle tra le più popolose d’Italia come Lombardia, Campania e Sicilia.
La regione che registra l’aumento maggiore dei praticanti assidui è la Valle d’Aosta, seguita da Campania e Lombardia. Le regioni con le flessioni maggiori sono invece Liguria, Lazio e Abruzzo.

 

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2) Dove è maggiore la quota di praticanti sulla popolazione e dove i praticanti assidui sono calati di più nel quasi ventennio 2001-2019

Se, invece, si guarda (Tabella 1) alla percentuale – sul totale della fascia d’età da 6 anni in su – di coloro che frequentano un luogo di culto ameno una volta a settimana, nel 2019 la circoscrizione con più praticanti assidui è il Mezzogiorno con il 30,3% (con il Sud continentale che segna 30,8%). Seguono il Nord-Ovest con il 24,5% il Nord-Est con il 21,5% e infine il Centro, la circoscrizione con meno percentuale di praticanti assidui (20,4%, un abitante su cinque).

Tra le regioni, quelle con le percentuali più elevate di praticanti assidui sono Campania (25,1%), Calabria (31,9%), Sicilia (31,7%), Puglia (30,8%) e Molise (28,4%), mentre i valori più bassi li mostrano Liguria (16,3%), Toscana (17%), Emilia Romagna (18,9%), Friuli Venezia Giulia (19%) e Umbria (20%).

Per quanto riguarda l’intero periodo delle rilevazioni Istat sulla frequenza nei luoghi di culto, 2001-2019, tutte le circoscrizioni e le regioni mostrano il segno meno (a livello nazionale come visto è la flessione è del 26,3%). I cali maggiori in Trentino Alto Adige (-41%), Veneto (-40,4%) e Molise (-39,8%), quelli minori nel Lazio (-16,2%), Lombardia (-16,5%) e Valle d’Aosta (-16,7%).

 

 

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3) Dove sono cresciuti di più nel 2019, e nel quasi ventennio 2001-2019, coloro che non frequentano mai un luogo di culto. Le regioni con il tasso di secolarizzazione e indifferentismo religioso più elevato

A fronte di una crescita media nazionale dell’81,4% tra il 2001 e il 2019 (Tabella 1), per quanto riguarda il numero di coloro che non frequentano mai un luogo di culto è Il Nord-Est a segnare l’aumento più forte (+92,7%), seguito dal Centro (+83,9%). Tra le regioni, in testa Trentino Alto Adige (+178,7%), Abruzzo (+171,2% e Veneto (+125,1%), mentre gli incrementi minori li fanno registrare Calabria (+43,2%), Sicilia (+53%) e Campania (65,5%).

Quanto al tasso di secolarizzazione e di indifferentismo religioso, nel 2019 Centro e Nord-Est sono le circoscrizioni che presentano le percentuali più elevate di coloro che non frequentano mai un luogo di culto (rispettivamente 31,4% e 29,6%), mentre tra le regioni i valori più alti sono di Friuli Venezia Giulia (39,9%), Lombardia (39,5%) e Valle d’Aosta (38,6%). I valori minori in Puglia (16,5%), Basilicata (17%) e Campania (17,9%).

 

 

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