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ISTAT * ECONOMIA NON OSSERVATA: « NEL 2018 SI ATTESTA A 211 MILIARDI DI EURO, CON UN PESO DELL’11,9% SUL PIL »

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10.33 - mercoledì 14 ottobre 2020

Nel 2018 l’economia non osservata, che comprende economia sommersa ed economia illegale, si attesta a 211 miliardi di euro, con un peso dell’11,9% sul Pil.

Rispetto al 2017, si riduce di circa 3 miliardi, confermando la tendenza alla discesa dell’incidenza sul Pil dopo il picco raggiunto nel 2014 (13,0%).

L’economia sommersa ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro e le attività illegali a circa 19 miliardi.

Le unità di lavoro irregolari nel 2018 sono 3 milioni 652 mila, in calo di 48 mila unità rispetto al 2017.

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In leggera contrazione l’economia non osservata
L’economia non osservata è costituita dalle attività economiche di mercato che, per motivi diversi, sfuggono all’osservazione diretta della statistica ufficiale e pongono problemi particolari nella loro misurazione. Essa comprende, essenzialmente, l’economia sommersa e quella illegale.

Le principali componenti dell’economia sommersa sono costituite dal valore aggiunto occultato tramite comunicazioni volutamente errate del fatturato e/o dei costi (sotto-dichiarazione del valore aggiunto) oppure generato mediante l’utilizzo di input di lavoro irregolare. Ad esso si aggiunge il valore dei fitti in nero, delle mance e una quota che emerge dalla riconciliazione fra le stime degli aggregati dell’offerta e della domanda. Quest’ultimo tipo di integrazione contiene in sé, in proporzione non identificabile, sia effetti collegabili a fenomeni di carattere puramente statistico sia elementi ascrivibili all’esistenza di componenti del sommerso non completamente colte attraverso le consuete procedure di stima.

L’economia illegale include le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, e quelle che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati. Le attività illegali incluse nel Pil dei Paesi Ue sono la produzione e il commercio di stupefacenti, i servizi di prostituzione e il contrabbando di sigarette.

Nel 2018 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata, ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali, si è attestato a poco più di 211 miliardi di euro (erano 213,9 nel 2017), in flessione dell’1,3% rispetto all’anno precedente e in controtendenza rispetto all’andamento del valore aggiunto, cresciuto del 2,2%. L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil si è di conseguenza ridotta di 0,4 punti percentuali, portandosi all’11,9%, confermando una tendenza alla discesa in atto dal 2014, quando si era registrato un picco del 13,0%.

Tale andamento si deve alla diminuzione del valore aggiunto sommerso da sotto-dichiarazione (-2,9 miliardi di euro rispetto al 2017) e da utilizzo di input di lavoro irregolare (-1,7 miliardi) mentre risultano in crescita le altre componenti residuali (+1,4 miliardi). L’economia illegale ha segnato un aumento contenuto in valore assoluto, con un’incidenza che è rimasta ferma all’1,1%.

Rispetto al 2017 si osserva una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti dell’economia non osservata: a una riduzione delle quote ascrivibili alla sotto-dichiarazione (dal 46,0% al 45,3%) e all’utilizzo di input di lavoro irregolare (dal 37,5% al 37,2%), fa fronte un incremento di quelle riconducibili alle altre componenti del sommerso (dal 7,6% all’8,3%) e all’economia illegale (dall’8,8%al 9,1%).

 

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Valore aggiunto sommerso soprattutto nei servizi

Nel 2018, il complesso dell’economia sommersa vale 191,8 miliardi, il 12,0% del valore aggiunto prodotto dal sistema economico, con una riduzione di 3,2 miliardi rispetto all’anno precedente.

La componente legata alla sotto-dichiarazione del valore aggiunto ammonta a 95,6 miliardi (98,5 miliardi nel 2017) mentre quella connessa all’impiego di lavoro irregolare si attesta a 78,5 miliardi (80,2 miliardi l’anno precedente). Le componenti residuali ammontano a 17,6 miliardi (16,3 nel 2017).
La diffusione del sommerso economico risulta essere fortemente legata al tipo di mercato di riferimento piuttosto che alla tipologia di bene/servizio prodotto. Al fine di cogliere in maniera più accurata questa caratteristica del fenomeno, nel descriverlo si utilizza una disaggregazione settoriale che tiene in considerazione la specificità funzionale dei prodotti/servizi scambiati piuttosto che le caratteristiche tecnologiche dei processi produttivi.

Nella classificazione utilizzata a questo fine, le attività industriali sono distinte in Produzione di beni di consumo, Produzione di beni di investimento e Produzione di beni intermedi (che include il comparto energetico e della gestione dei rifiuti). Nel terziario, le attività dei Servizi professionali sono analizzate separatamente dagli Altri servizi alle imprese.
Nel complesso, i settori dove è più alto il peso del sommerso economico sono gli Altri servizi alle persone, dove esso costituisce il 36,1% del valore aggiunto totale, il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (22,8%) e le Costruzioni (22,7%). Negli Altri servizi alle imprese (5,7%), nella Produzione di beni d’investimento (3,6%) e nella Produzione di beni intermedi (1,8%) si osservano invece le incidenze minori.

Il ricorso alla sotto-dichiarazione del valore aggiunto ha un ruolo significativo nei Servizi professionali e negli Altri servizi alle persone, dove rappresenta il 12,9% del valore aggiunto, nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (12,4%) e nelle Costruzioni (11,7%). Il fenomeno risulta meno rilevante negli Altri servizi alle imprese (2,4% del totale del settore), nella Produzione di beni di investimento (2,3%) mentre è marginale nella Produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,6%).
Il valore aggiunto generato attraverso l’impiego di lavoro irregolare ha un peso particolarmente rilevante, pari al 22,5% del valore aggiunto, negli Altri servizi alle persone, dove è forte l’incidenza del lavoro domestico. Il suo contributo risulta, invece, molto limitato nei tre comparti dell’industria in senso stretto (tra l’1,2% e il 3,0%) e negli Altri servizi alle imprese (1,6%). Nel settore primario il valore aggiunto sommerso è generato solo dall’impiego di lavoro irregolare e rappresenta il 17,1% del totale prodotto dal settore.

 

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