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LANCIO D'AGENZIA

ISTAT * AGRITURISMI: « COMUNI CON ALMENO UN AGRITURISMO, TOSCANA (97,8%) – UMBRIA (96,7%) – MARCHE (88,2%) – TRENTINO ALTO ADIGE (83,7%) – EMILIA ROMAGNA (83,5%) / LE AZIENDE ATTIVE SONO 25.060 (+2% »

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11.36 - martedì 28 dicembre 2021

Agriturismi in crescita nell’anno della pandemia, ma crolla il loro valore economico. Nel 2020 le aziende agrituristiche attive sono 25.060 (+2% rispetto al 2019); la crescita maggiore è nel Nord-est (+3,5%) e nel Sud (+3,4%). Il 63% dei comuni italiani ospita almeno un agriturismo ma si arriva al 97% in Toscana e Umbria. Rispetto all’anno precedente gli agrituristi di nazionalità italiana si riducono del 21,8%, quelli stranieri del 62,7%. Oltre due terzi degli agriturismi multifunzionali (con almeno tre tipologie di attività) offrono alloggio e/o ristorazione.

 

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La pandemia non arresta la crescita e la diffusione territoriale degli agriturismi

La crisi sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 non ha prodotto effetti negativi sul numero delle aziende agrituristiche(i) che, rispetto al 2019, aumentano di 484 unità. Si conferma in tal modo la crescita che dal 2007 caratterizza questo settore: negli ultimi 13 anni è stata in media nazionale del +41,4%, con un saldo attivo di 7.340 strutture e raggiunge +61,3% nel Nord-ovest, +45,6% nel Centro, +41,9% nelle Isole, +36,2% nel Sud e +30,2% nel Nord-est.

Il tasso medio annuo di crescita tra il 2007 e il 2020 è del 2,5% e sale a 3,5% nel Nord-ovest. Nelle altre ripartizioni varia tra il 2,2% del Sud e il 2,7% del Centro, con il Nord-est attestato a +1,9%. Sembra, quindi, che la crescita media sia maggiore nelle aree dove nel 2007 il numero di agriturismi era più basso, a testimonianza di un processo di convergenza territoriale tra le diverse aree del Paese.

La dinamica positiva caratterizza questo settore nel medio-lungo termine, oltre che sotto l’aspetto quantitativo anche sotto quello della diffusione. Nel 2020 i comuni con almeno un agriturismo sono 4.979 (+21 rispetto allo scorso anno) e rappresentano il 63% del totale dei comuni italiani (58% nel 2011).

Nel Centro oltre l’84% dei comuni ospita almeno un agriturismo; seguono i comuni del Nord-est (78,6%), delle Isole (62,6%), del Sud (56,9%) e quelli del Nord-ovest (52,5%).

Le regioni a maggior diffusione di comuni con almeno un agriturismo sono la Toscana (97,8%), l’Umbria (96,7%), le Marche (88,2%), il Trentino-Alto Adige (83,7%) e l’Emilia-Romagna (83,5%).

Rispetto al 2011 diminuisce la percentuale di Comuni con un solo agriturismo (dal 37,2% al 35,9%) e di quelli che ne contano tra 6 e 10 (da 12,3% a 10,1%). Al contrario, aumentano quelli con 2-5 agriturismi (dal 41,7% al 44,5%) e, in modo più contenuto, quelli con 11-50 agriturismi. Infine, sono sostanzialmente stabili (intorno all’1%) i Comuni con oltre 50 agriturismi.

Il 56% dei Comuni conta fino a nove agriturismi per 100 km2. In questi comuni, complessivamente si localizza oltre il 26% di queste strutture.

I comuni con almeno 100 agriturismi sono nove (Grosseto, Cortona, Castelrotto, Manciano, Appiano sulla strada del vino, San Gimignano, Montepulciano, Montalcino, Caldaro sulla strada del vino), localizzati in Toscana e nel Trentino-Alto Adige. Sono 45 i comuni che ospitano da 50 a 99 agriturismi e 438 quelli nei quali è presente un numero di agriturismi compreso tra 10 e 50.

La densità degli agriturismi sull’intera superfice italiana è di 8,3 strutture per 100 km2 (6,7 nel 2011).

 

 

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Gli agriturismi crescono di numero ma crolla il loro valore economico

Nel 2020, la produzione agrituristica è di poco superiore a 802 milioni di euro (-48,9% rispetto al 2019 e -27%(iii) rispetto al 2007). La crisi sanitaria ha quindi fortemente ridimensionato il valore economico di questo comparto il cui valore aggiunto incide per il 2,3% su quello dell’intero settore agricolo (compresa silvicoltura e pesca). Va tuttavia sottolineato che in conseguenza del lockdown e delle limitazioni per il contenimento della pandemia, molti agriturismi sono rimasti chiusi e quelli autorizzati alla ristorazione hanno potuto solo offrire servizio di asporto.

Il 76% del valore economico è stato generato dagli agriturismi del Centro e del Nord-est. Rispetto al 2019 si registra una forte riduzione per tutte le ripartizioni geografiche: dal -47,4% del Centro al -50,5% del Nord-est che è quindi l’area più penalizzata anche per la forte riduzione di agrituristi provenienti dal centro Europa.

Il valore medio della produzione per azienda (valore economico del settore diviso numero agriturismi) è di poco superiore a 32mila euro (63mila euro nel 2019) e sale a poco più di 41mila nel Nord-est e a oltre 34mila nel Centro. Rispetto al 2019 la contrazione più forte, in valore assoluto, è ancora una volta sopportata dalle strutture del Nord-est (-45 mila euro).

Fino al 2019 l’andamento degli agriturismi segue, anche se con fluttuazioni più contenute, l’andamento del ciclo economico. Nel 2020, in seguito all’emergenza sanitaria, si registra una differenziazione tra valore economico, presenze e numero di agriturismi. Il Covid-19 ha prodotto effetti gravissimi sulle presenze e quindi sul valore economico degli agriturismi, ma, al contempo, non ha inciso sulla struttura della rete di queste aziende che ha mostrato la propria solidità.

Forte calo degli agrituristi

Nel 2020 gli arrivi nelle strutture agrituristiche sono stati 2,2 milioni (-41,3% rispetto al 2019), il numero più basso dal 2010. La composizione degli ospiti rispetto alla nazionalità vede la prevalenza degli italiani con 1,5 milioni (poco meno di 2 milioni l’anno precedente) mentre gli stranieri sono poco più di 669mila (meno di 1,8 milioni nel 2019). La riduzione riguarda tutte le ripartizioni geografiche, si va dal -49,3% delle Isole al -29,3% del Sud.

Come l’anno precedente anche nel 2020, benché con volumi molto più bassi, il 72% degli agrituristi ha scelto le strutture del Centro e del Nord-est e, in particolare, della Toscana (27%) e della provincia autonoma di Bolzano (15%). Rispetto al 2019, in queste due aree geografiche gli ospiti diminuiscono di poco meno del 50%, valore superiore alla media nazionale. Il rapporto tra italiani e stranieri, che nel 2019 era di 11 a 10, è 23 a 10 nel 2020. In Basilicata, Molise, Abruzzo e Lazio è maggiore di 10 a 1.

Le presenze sono state 9,2 milioni (-34,4% rispetto al 2019), valore simile a quello del 2010. Il 61% delle presenze è dato da agrituristi italiani che superano quindi gli stranieri. La durata della permanenza media (numero di notte trascorse) è pari a 3,7 per gli italiani e a 5,3 per gli stranieri.

 

 

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Agriturismi che hanno chiuso l’attività: oltre 1 su 3 senza alloggio e ristorazione

L’aumento, pur contenuto, del numero di agriturismi è un indicatore della solidità socio-economica e culturale di questo settore anche in un anno drammatico per gli effetti della pandemia.

Tra il 2011 e il 2020 le attivazioni sono state 17.424 contro 12.452 cessazioni. Sia i tassi di attivazione (nuove aziende/totale aziende) che quelli di cessazione (aziende cessate) registrano i valori più alti nel 2015 e sono rispettivamente pari a 11,4% e 9,2%. Complessivamente nei 10 anni considerati il tasso di attivazione è al 7,7% e quello di cessazione al 5,5%.

Nel 2020 il tasso di attivazione è pari a 7,4% (8,2% lo scorso anno) e raggiunge l’8,3% nelle regioni del Sud (10% nel 2019). Il tasso di cessazione aumenta invece di un punto percentuale a livello nazionale (5,5%); i valori più alti si registrano nelle Isole (8,3%) e al Centro (7,3%).

Tra i 1.385 agriturismi cessati nel 2020, oltre il 30% (erano il 21,5% l’anno precedente) non offriva servizi di alloggio né di ristorazione ma prevalentemente servizi di degustazione, trekking, attività sportive, quindi penalizzati dalle limitazioni imposte dalla pandemia. Questa percentuale scende all’1,9% per gli agriturismi che offrono alloggio, all’1,5% per quelli che offrono solo ristorazione e addirittura allo 0,8% per le strutture con alloggio e ristorazione.

La vita media degli agriturismi è di 13,6 anni e oscilla tra i 12 anni delle Isole e i 15 anni del Nord-est. In relazione all’offerta, le strutture più longeve (14 anni) sono quelle che abbinano alla ristorazione almeno un’altra attività diversa dall’alloggio. D’altra parte, per le strutture con solo alloggio o con sola ristorazione la permanenza sul mercato è rispettivamente di 13 e 12 anni.

La probabilità di sopravvivenza a un 1 anno dall’inizio dell’attività agrituristica si aggira intorno al 97%, a 5 anni all’86%, a 10 anni è del 64% e, infine, a 20 anni è di poco superiore al 16%. In relazione all’articolazione dell’offerta di servizio, la probabilità di sopravvivere cinque anni è maggiore per le strutture con alloggio o ristorazione (85%). A lungo termine (dopo venti anni) la probabilità di sopravvivenza è maggiore per gli agriturismi con alloggio (17%) e per quelli con alloggio e ristorazione (13%)

 

 

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Crescita disomogenea all’interno delle ripartizioni territoriali

La crisi pandemica sembra aver colpito però in maniera differente le diverse aree del Paese: il Sud si dimostra ancora una volta il territorio trainante, con una crescita del 3,4%, seguito dal Nord (+3%); al Centro il numero degli agriturismi rimane pressoché invariato (+0,8%), mentre le Isole mostrano qualche difficoltà (-1.2%).

All’interno di ciascuna ripartizione geografica vi sono però notevoli differenze tra regione e regione. Nel Centro, la crescita contenuta di Umbria e Lazio (entrambe +1,9%) è accompagnata dalla flessione delle Marche (-1.6%). Nel Sud primeggia la Campania (+13,2%) mentre Molise e Calabria mostrano una flessione (rispettivamente del 9,4% e del 5,2%. Nel Nord, a fronte della performance positiva di Liguria (+4,6%), Provincia autonoma di Bolzano (+4,1%), Veneto (+4,3%) ed Emilia-Romagna (+4%) si registra un calo nella Valle d’Aosta (-3,3%).

La maggiore densità di agriturismi si rileva in Trentino Altro Adige, dove si contano circa 27 agriturismi per 100 km2, soprattutto nella Provincia di Bolzano, che raggiunge picchi di 100 agriturismi ogni 100 km2. Seguono per densità di agriturismi la Toscana (23 agriturismi per 100 km2) (iv) e l’Umbria (16).

All’interno del territorio nazionale altre aree si caratterizzano per una forte presenza di agriturismi: l’area meridionale del Piemonte, la parte orientale del Friuli-Venezia Giulia, quella occidentale del Veneto e della Liguria e l’estremità meridionale della Puglia.

La distribuzione per zona altimetrica rimane pressoché invariata rispetto al 2019: il 53,2% degli agriturismi si trova in comuni collinari, con una forte concentrazione in Toscana, che detiene ben 4.322 dei 13.342 agriturismi collinari. Il 31% si situa invece in zone montuose, in particolare nella Provincia autonoma di Bolzano, che conta il 42% degli agriturismi di montagna. Il restante 15,9% degli agriturismi è ubicato in pianura; in particolare Veneto, Lombardia e Puglia detengono il 48% degli agriturismi delle zone pianeggianti.

 

 

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Stabile la quota di imprenditrici donne

Sono 8.652 gli agriturismi condotti da donne (8.566 nel 2019, +1%): la quota di imprenditrici donne rimane praticamente invariata rispetto allo scorso anno (35%). Il numero di imprenditrici aumenta nel Nord-est, in particolare in Veneto (+18,4%), e nel Sud (+2,2%); all’aumento del numero di conduttrici della Campania (+11,4%), si contrappone un calo in Molise (-10,3%) e in Calabria (-7,6%).

Il Sud si conferma l’area geografica con la maggiore presenza di imprenditrici: la quota di agriturismi condotta da donne rappresenta complessivamente il 46,2% nel Sud, con punte del 50,2% in Basilicata, del 47,6% in Campania e del 47,1% in Abruzzo. Tale percentuale si attesta invece al 37,2% nel Centro e al 28,7% al Nord. In particolare, il Nord evidenzia una situazione molto disomogenea, con quote femminili rilevanti in Valle d’Aosta (45,8%) e Liguria (48,7%) e quote piuttosto basse in Trentino-Alto Adige (+14,8%).

La presenza femminile è rilevante nella conduzione degli agriturismi con fattorie didattiche, che rappresentano un fenomeno innovativo e in costante crescita negli ultimi anni: dal 2011 il loro numero è aumentato del 70,3%. Nel 2020 le fattorie didattiche mostrano una crescita rispetto l’anno precedente dell’11,4%, e rappresentano una quota sempre crescente sul totale degli agriturismi: 7,6% nel 2020, 7% nel 2019 e 6,4% nel 2018.

In questo contesto la quota di imprenditrici donne è superiore alla media e rappresenta il 39,5% del totale dei conduttori, quota sostanzialmente invariata rispetto al 2019 (40,2%).

 

 

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La diversificazione dei servizi traina la crescita degli agriturismi

Nel corso degli anni si è assistito a un costante ampliamento dei servizi offerti dagli agriturismi, che hanno affiancato a quelli tradizionali di alloggio e ristorazione una vasta gamma di altre attività.

Rispetto al 2019 gli agriturismi con attività di alloggio crescono dell’1,6% e quelli con ristorazione del 2%, ma sono le attività più innovative a segnare la crescita maggiore: la degustazione aumenta del 7,6% rispetto allo scorso anno, mostrando una tendenza positiva che si protrae ormai da anni: dai 3.224 agriturismi che offrivano degustazione nel 2007 si è passati ai 6.414 del 2020, con una crescita del 98,9%.

L’ampia gamma di “altre attività”, comprendenti equitazione, escursionismo, osservazioni naturalistiche, trekking, mountain bike, corsi, sport e varie, segna un incremento contenuto rispetto al 2019 a livello complessivo (+1,5%) ma con punte di +16,3% per i corsi, +12,3% per le osservazioni naturalistiche, +11,4% per le fattorie didattiche.

La diversificazione si conferma lo strumento principe con cui si realizza in agricoltura la multifunzionalità. L’affiancamento all’attività tradizionale agricola di produzione di beni alimentari di una serie di servizi secondari non solo consente all’imprenditore agricolo di ampliare le proprie fonti di reddito ma nello stesso tempo gli conferisce una funzione sociale, che si esplica nell’offerta di servizi alla collettività, nella valorizzazione dell’ambiente rurale, nella promozione dei prodotti locali e nella diffusione di valori rilevanti tra i quali il rispetto per l’ambiente.

Gli agriturismi con una sola attività (monofunzionali) sono il 18%, quelli con due attività (bifunzionali) il 42% e quelli con almeno tre attività (multifunzionali) sono il 36%.

La distribuzione regionale delle attività conferma la situazione del 2019, con Bolzano al primo posto per l’offerta di attività escursionistica, l’Umbria per le attività di trekking, mountain bike e gli sport in generale, la Sicilia per il maneggio. Piemonte e Lombardia sono le regioni con il maggior numero di fattorie didattiche (ne contano entrambe 255), seguite dal Veneto (che ne conta 200).

Alcune attività si concentrano in particolare in alcune province: a Napoli il 74% degli agriturismi offre osservazioni naturalistiche, a Palermo il 97% degli agriturismi offre escursioni e il 62% equitazione e mountain bike, a Catania il 97% degli agriturismi propone attività sportive.

 

 

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Trend sempre positivo per gli agriturismi con degustazione

Nel 2020 la degustazione continua a rappresentare un servizio su cui investire. Nell’ultimo biennio, infatti, gli agriturismi con degustazione segnano una crescita del 7,6% attestandosi a 6.414 unità ovvero il 25,6% del complesso degli agriturismi presenti a livello nazionale (24,2% nel 2019).

Questa attività si conferma maggiormente diffusa tra gli agriturismi del Centro Italia (40,1% del totale), in particolare in Toscana dove è presente quasi un quarto della quota nazionale (24,6%). Nel Nord- ovest la regione con il maggior numero di agriturismi con degustazione è il Piemonte (11,6% del totale nazionale) e nel Nord-est il Veneto (10,5%). Nel Mezzogiorno è localizzato il 26,5% degli agriturismi nazionali con degustazione, in particolare in Sicilia (7,3%) e in Puglia (7%).

Quasi la metà delle aziende agrituristiche (49,7%) svolge attività di ristorazione, con un incremento del 2% rispetto al 2019. Nel 2020 la Toscana detiene il primato nazionale anche per gli agriturismi con ristorazione (15,7%). Gli agriturismi con ristorazione sono presenti soprattutto nel Nord (42,2%), quote più basse si rilevano nel Centro (28,7%) e nel Mezzogiorno (29,1%).

L’attività di ristorazione si associa spesso a una più ampia gamma di servizi offerti. Solo il 12,1% degli agriturismi con ristorazione non diversifica la propria offerta: una peculiarità, questa, che contraddistingue maggiormente le aziende del Nord (21,2%), in particolare quelle del Nord-est (24,9%) con un picco del 39,2% nel Friuli-Venezia Giulia e del 37% nella Provincia autonoma di Bolzano.

Il 73,2% delle aziende unisce la ristorazione all’alloggio, in particolare nel Centro (85,3%) e nelle Isole 85,9%. Nel Centro, sono soprattutto la Toscana (88,1% delle corrispondenti aziende) e l’Umbria per la totalità delle proprie aziende, ad adottare questa strategia operativa, mentre nelle Isole primeggia la Sicilia (95,2%).

Assieme alla ristorazione possono essere offerte altre attività (equitazione, escursionismo, sport, corsi ecc.), questa articolazione dell’offerta riguarda il 56,8% delle aziende. Scendendo nel dettaglio territoriale, tale combinazione di servizi trova una maggiore diffusione tra le strutture del Centro (64,1%) e del Sud (68,2%) mentre nella sola Sicilia rappresenta il 93,7% delle aziende con ristorazione della regione.

 

 

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Aziende con alloggio: nel Sud la maggiore diversificazione di servizi

Nel 2020 le aziende con servizio di alloggio caratterizzano l’81,8% del totale degli agriturismi presenti a livello nazionale (+1,6% rispetto al 2019). Questa crescita interessa soprattutto le regioni del Nord (+4%), in particolare del Nord-est (+4,3%) mentre si registrano lievi flessioni nelle aree del Centro (-0,8%) e delle Isole (-0,7%).

Anche se in lieve calo, la maggior presenza di agriturismi con alloggio si registra il Centro (40,5% nel 2020) grazie soprattutto al valore registrato, sul totale degli agriturismi, dalla Toscana (24,3%). Seguono le regioni del Nord-est (26,5%) con capofila la provincia autonoma di Bolzano (13,6%).

Il solo pernottamento caratterizza il 48,5% del totale delle aziende con alloggio, il 44,2% associa all’alloggio la ristorazione e il 42,5% al pernottamento la prima colazione.

Se si considerano gli agriturismi con alloggio per ciascuna ripartizione territoriale si ottiene una articolazione geografica dell’offerta agrituristica che vede le regioni del Centro al primo posto per strutture che offrono solo pernottamento (63,2% del totale degli agriturismi di questa macroarea), il Nord-ovest per aziende che abbinano pernottamento e prima colazione (64,2% del totale degli agriturismi di questa area) e, infine, il Sud con il 76,3% degli agriturismi dotati di alloggio e ristorante.

 

 

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Tasso di ricambio degli agriturismi: un aspetto della resilienza del settore

Il rapporto tra attivazioni e cessazioni può essere inteso come uno degli indicatori che danno conto della capacità di resilienza del settore agrituristico. Resilienza che è testimoniata dalla propensione alla “rigenerazione” di queste strutture nonostante le drastiche limitazioni imposte dalla crisi sanitaria che hanno fortemente condizionato questo settore economico nel 2020. In quest’anno il rapporto tra attivazioni e cessazioni è 1,3 (13 nuovi agriturismi ogni 10 cessati), nel 2019 era 1,8.

La relazione tra il tasso di ricambio (agriturismi nati/cessati nel 2020 a livello provinciale) e una serie di indicatori geo-demografici delle aziende agrituristiche è stata indagata con un modello di autoregressione spaziale (Spatial lag). Un primo dato di questa analisi è la presenza di spillover territoriali, vale a dire in una provincia il tasso di ricambio degli agriturismi aumenta se anche nelle province contigue si registra un aumento analogo.

Allo stesso modo, il tasso di ricambio aumenta all’aumentare dell’estensione della rete di strutture (agriturismi per 100 km2); ii) e della quota di donne tra gli imprenditori agricoli. Al Nord l’aumento è maggiore rispetto alle Isole. Al contrario, la presenza di strutture con una lunga tradizione (anni di vita dell’agriturismo) sembra frenare la sostituzione delle strutture cessate con quelle nuove.

 

 

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