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GIOVANNI CESCHI (PRESIDENTE CONSIGLIO SISTEMA EDUCATIVO TRENTINO) * PRIMO GIORNO SCUOLA: « NON SARÀ UNA MASCHERINA A TOGLIERCI IL VOLTO DI PERSONE SOLIDALI E PREMUROSE »

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09.49 - lunedì 14 settembre 2020

Caro studente, non sembra anche a te che questo primo giorno di scuola sia diverso da tutti quelli che hai vissuto finora? Non c’è paragone, perché finora l’estate te la bevevi in un sorso e arrivavi a settembre accaldato di sole, di vita, di corse a perdifiato con gli amici. Da un anno di scuola all’altro, quasi senza accorgertene. Quest’anno te ne sei accorto eccome, di un’estate lunghissima e strana iniziata ai primi tepori di marzo. Perché questa stranissima estate, senza preavviso, ti ha tolto dapprima i compagni, insieme ai quali non hai potuto condividere l’attesa di spostare gli incontri da un’aula al cortile polveroso e assolato, e hai cominciato a vederli in un reticolo di figurine virtuali, come un surreale videogioco che era per te, per noi tutti, il pallido fantasma di una scuola che non esisteva più. Sembrava impossibile, non esistesse più. Per settimane. Per mesi.

Finché è venuta l’estate per davvero, e hai riscoperto che le vacanze sono belle, e incredibilmente brevi, perché il vuoto d’impegni che esse portano con sé si contrappone al pieno dei mesi precedenti. Come l’alternanza delle stagioni, nell’altalena della vita. Questo i tuoi compagni dell’antichità lo sapevano bene, e dimostravano d’averlo capito con una parola, la stessa che occupa le prime pagine di quotidiani e telegiornali ormai da settimane: scuola. Sai che significa in greco antico “scholè”? Tempo libero. Incredibile, no? L’opposto esatto di ciò che hai sempre pensato della scuola. Perché la scuola all’epoca dei Greci e dei Romani era un privilegio, che si poteva permettere solo chi non avesse impegni di ben altra natura: non nei cortili polverosi a rincorrere il pallone sotto il sole d’estate dopo mesi tra i banchi, ma sotto il sole cocente a lavorare nei campi. Chi poteva dedicare del tempo davvero a se stesso, aveva scholè. Faceva scholè. Un privilegio per pochi.

Poi scuola ha cominciato ad assumere il significato d’impegno, fatica quotidiana, peso dello studio. E per decine, centinaia di anni, prima di questa pandemia che ha un precedente solo nei tempi di guerra, la fine delle lezioni è stata attesa e sospirata da generazioni di tuoi coetanei. Attesa come il calore dell’estate dopo il rigore dell’inverno; sospirata come un periodo di riposo dalle fatiche dell’imparare e del crescere insieme. Quando per la prima volta ti sei trovato senza compagni a fianco e in una scholè tremendamente simile al nonsenso di un riposo forzato (perché – diciamolo – le videolezioni non riescono a imitare quelle vere manco di striscio: sono come i videogiochi dove sfidi il computer) ecco, allora hai capito quanta tristezza metta addosso una scuola senza vita – frequentata da soli davanti a un monitor – ma più ancora una vita senza scuola. Hai compreso la bellezza e il privilegio della normalità.

Ora ci proviamo insieme, a riprenderci quella normalità. Non credere che sia possibile proprio del tutto: oltre all’impegno di chi a scuola ci lavora, è fondamentale la tua consapevolezza. Il privilegio fragile dello stare accanto dipende dalla tua prudenza, dal rispetto delle regole che non vogliono limitare la tua libertà ma consentirti di tornare in classe libero, con i tuoi compagni, e di arrivare a tarda primavera attendendo, come dev’essere, la fine naturale delle lezioni per assaporare la moderna scholè, il riposo dell’estate dopo le stagioni dell’impegno. Ricorda, però: la prudenza, come la gentilezza e la premura, è sempre rivolta agli altri: e solo negli altri la scoprirai. Come nello schieramento oplitico della Grecia arcaica, dove il guerriero con lo scudo non proteggeva se stesso ma il compagno d’armi a fianco. Ecco: la vittoria nella guerra al virus dipende da come ciascuno di noi saprà proteggere, più di se stesso, chi gli sta a fianco.

E non dimenticare d’essere anche un po’ imprudente. Ma come, dirai? Non è una contraddizione, e te lo spiego. La prudenza dev’essere nella tua testa. Dovrai rispettare senza eccezioni le regole che genitori e insegnanti ti spiegheranno. Con la vita non si scherza. L’imprudenza dev’essere nel cuore: torna a scuola fiducioso, non farti schiacciare da questo clima di paura intorno, cerca i volti di coloro che ami, continua a credere nell’incontro e quando ti mancherà qualche abbraccio, o qualche spintone in corridoio, pensa che tornare ad avere compagni e insegnanti al tuo fianco è un privilegio che fino a marzo 2020 davi per scontato ma che scontato non è. Ci avvicineremo, passo dopo passo. La normalità è già raggiunta ora che siamo di nuovo insieme e il regalo di tornare a scuola (l’avresti detto, qualche mese fa?) val bene qualche rinuncia. Ecco: varcando idealmente con te e con i tuoi compagni la soglia di un’aula, ti auguro l’imprudenza del cuore e la gioiosa scoperta di tornare a parlarci senza microfoni, a sorriderci senza telecamere, a fidarci di coloro che abbiamo a fianco. Non sarà una mascherina a toglierci il volto di persone solidali e premurose.

Buona scuola, caro studente: sia un anno, che tutti ci meritiamo, di sorprese belle e d’incontri veri.

 

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Giovanni Ceschi

Insegna al Liceo “Prati” e presiede il Consiglio del sistema educativo Trentino

 

 

 

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