Negli ultimi giorni si è aperto un gran dibattito sul tema delle slot machine e del gioco di azzardo. Nel 2015 infatti, la Provincia di Trento aveva adottato una propria norma (la Legge Provinciale 13/2015, “Interventi per la prevenzione e la cura della dipendenza da gioco”) con la quale disponeva il divieto della collocazione di sale da gioco in aree “sensibili”, ovvero vicine a istituti scolastici, struttura sanitarie e assistenziali, aree sportive, ricreative e di aggregazione giovanile, centri anziani e luoghi di culto.
Contestualmente veniva assegnato ai gestori delle stesse il termine di anni cinque, ovvero fino al 2020, per trasferire l’attività lontano dalle zone prescritte.
Ora, durante i lavori per l’approvazione dell’assestamento al bilancio 2018, con una sorta di “blitz”, il termine è stato prorogato di ulteriori due anni, ovvero a tutto l’anno 2022.
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E questa è cronaca.
Ma voglio portare l’attenzione più nel merito e nel metodo. Il sottoscritto si è sempre dichiarato contrario alle slot machine e ne ha sempre apertamente manifestato le motivazioni, convinto delle gravi conseguenze che sono all’origine della dipendenza dal gioco d’azzardo.
Ciò sia durante l’esame e l’approvazione della Legge provinciale del luglio 2015, ma anche la scorsa settimana in occasione dell’approvazione dell’emendamento sulla proroga di cui si è detto. Tanto è vero che il mio voto è stato contrario e palese.
Nei giorni successivi si è aperta una bufera mediatica su questa questione e quello che più meraviglia è che l’assessore Luca Zeni si difenda dietro il fatto che la proposta è arrivata – dice lui molto genericamente – “dalle minoranze”.
Ma l’assessore ben sa che la proposta è arrivata solo da un consigliere di minoranza e non è corretto quindi generalizzare tanto per attribuire la colpa del misfatto a chiunque ma non a sé stessi.
Io non ci sto. E allora chiedo: come mai tale atteggiamento viene messo in atto solo quando le azioni hanno risvolti palesemente negativi per la comunità?
Come mai l’assessore non ha pensato invece – se ne era convinto – di esprimere il proprio parere contrario e, potendo contare sulla maggioranza dei voti, cassare la proposta? (come peraltro spesso avviene anche per proposte positive e costruttive presentate dalle minoranze).
Non sappiamo bene i motivi, ma una cosa è chiara: se è stata approvata una assurdità, per errore o con consapevolezza, chi l’ha votata se ne deve assumere le responsabilità, senza addossare le colpe a chi invece ha sempre manifestato la contrarietà.
Se la responsabilità della politica è questa, si capisce come mai la gente si allontana!
E poi questi stessi politici sono quelli che criticano i populisti. Ma cosa è un populista se non uno che non si assume la responsabilità delle proprie azioni dando addirittura le colpe agli altri, solo per avere il consenso dell’opinione pubblica?
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Massimo Fasanelli
Consigliere Provinciale