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DORIGATTI * PRIMO MAGGIO: “ LA POLITICA CONTINUI A FAVORIRE LA RICOMPOSIZIONE DELLE DISUGUAGLIANZE SOCIALI PER AFFRONTARE LE SFIDE FUTURE “

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14.24 - lunedì 30 aprile 2018

Nel terzo Millennio festeggiare il Primo Maggio vuol dire anche ”immergersi “ nello stato liquido del mercato del lavoro e rendersi conto che esso è sempre più instabile e imprevedibile.

Fino alla metà del secolo scorso, il lavoro, cristallizzato nei luoghi e nei tempi, era caratterizzato da un forte rapporto di subordinazione, in quanto il lavoro “salariato”  era scambiato in relazione al tempo e alla mansione con una quantità di denaro più o meno pattuita.

Nel tempo il rapporto “capitale-lavoro” si è evoluto in forme più flessibili e meno definite. Oggi l’instabilità sta diventando un elemento permanente e la politica deve saper tutelare tutte le varie forme di diversità che stanno emergendo nei singoli comparti.

La complessità dello scenario generale richiede nuovi sforzi  per far coesistere opzioni diverse, tra cui  la mobilità con la fidelizzazione del lavoratore. La competitività, poi, che viaggia oggi al ritmo velocissimo della rivoluzione digitale e la globalizzazione dei mercati hanno acuito le disuguaglianze fra sviluppo e nuove povertà, tra occupazione ed immigrazione incontrollata.

Si allarga sempre più la forbice tra i lavoratori portatori di elevate competenze  o i giovani ad elevata scolarità, che possono avere opportunità di crescita professionale, e i lavoratori precari e marginali, per i quali è  la sopravvivenza l’obiettivo primario.

Tuttavia anche i lavoratori specializzati si interrogano sul futuro nell’incertezza di una rendita pensionistica. Crescono i problemi collegati  all’ambiente che condizionano uno sviluppo sostenibile dell’economia, in aggiunta a un preoccupante tasso di infortuni e decessi sul lavoro, inammissibile nel terzo Millennio.

Nella nuova dimensione liquida del lavoro aumentano, infatti. anche i rischi per la salute, non solo le insicurezze di reddito. Questi cambiamenti radicali  devono far ripensare a nuove forme di tutela non solo per il presente, ma anche per il futuro. Non si tratta, quindi,  solo di ri-declinare le garanzie tipiche del posto “fisso” con le nuove flessibilità organizzative, ma di innovare le regole contrattuali e di riscrivere il modello di relazioni industriali, puntando anche alla presenza dei lavoratori dentro i consigli di amministrazione delle fabbriche e delle aziende.

In definitiva si tratta di approdare ad un nuovo paradigma di economia che preveda forme avanzate di cooperazione e di collaborazione strategica fra impresa e lavoratori, dando ancor più centralità alle organizzazioni sindacali, ridefinite nel ruolo di “facilitatori“ allo sviluppo e alla crescita.  Tutto questo obbliga, in ultima analisi, a cambi di logica nell’azione politica.  

Il mercato del lavoro odierno è orientato sull’asse della rivoluzione digitale, che solo in modo apparente favorisce maggiori opportunità di lavoro rispetto al recente passato. In realtà i disoccupati crescono e gli operai delle fabbriche, le cosiddette tute blu del Novecento esistono ancora.

Dati alla mano sono tornate ad essere 8,5 milioni come nel 2008 e una su otto è giovane. Non sono state soppiantate dai robot, come alcuni economisti avevano ipotizzato. I processi introdotti dalla potenza delle tecnologie digitali sono ancora agli albori e però stanno già producendo trasformazioni epocali alle quali gli schemi del passato stentano ad adattarsi,mentre emergono nuovi terreni di conflitto tra capitale e lavoro.  

Ritengo che, accanto a evidenti contraddizioni,  si intraveda la potenzialità di una cultura del lavoro, in cui  l’appagamento del lavoratore si rispecchi in una attività che soddisfa (qualità del lavoro) e non si restringa solamente all’opportunità di guadagno. Di fronte a questi cambiamenti occorre che la politica e la cultura sindacale continuino a favorire  un percorso di unità rivolto alla ricomposizione delle disuguaglianze economiche e sociali, per affrontare la complessità delle sfide future.

Buon Primo Maggio a tutti!

 

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Bruno Dorigatti

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