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DIOCESI TRENTO * CENTENARIO LUBICH: OMELIA TISI, « LA TESTIMONIANZA CRISTIANA NON DEVE ASSUMERE TRATTI DI ARROGANZA E IMPOSIZIONE, SU QUESTE CORDE SI È MOSSA CHIARA »

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19.50 - sabato 8 febbraio 2020

Seduto sul monte, davanti alla folla, Gesù proclama i suoi discepoli “sale e luce”, mostrando nei loro confronti una straordinaria fiducia: “Voi siete”.

Gesù utilizza due elementi comuni, forniti dalla natura, per indicare la missione dei discepoli: essere sale e luce.

Il sale sparisce negli alimenti e la luce non può venir catturata.

Nessuno dice che è buono il sale, ma la pietanza nella quale il sale si scioglie per esaltarla. Nessuno loda la luce, bensì la bellezza delle cose che essa mette in evidenza.
La natura di questi due elementi è l’essere per altro, non per se stessi.

Essere per gli altri è stata il desiderio e la passione di Chiara. La straordinaria fecondità del suo carisma, di cui anche voi, cari vescovi amici del Movimento, siete conferma, è figlia di questo anelito che ha condiviso con le sue prime compagne di avventura, mentre le bombe cadevano sulla nostra città di Trento.

Lo Spirito la raggiunge con la forza della Parola e le fa scoprire che, nella misura in cui si diventa spazio vuoto per accogliere l’altro, si comincia ad esistere; in perfetta linea con il sale che, mentre si scioglie, dà sapore.

Al pari, quando si evidenzia e si gioisce per il bene dell’altro, vengono creati i presupposti per la sinfonia della comunione, nella linea della luce che disegna la realtà illuminandola.

Se Gesù avesse voluto una Chiesa al centro non avrebbe usato l’immagine del sale e della luce. Siamo Chiesa e vescovi “per” gli altri. La Lumen Gentium esprime questa visione quando afferma che la Chiesa è “sacramento, segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano“. (LG n.1)

La Chiesa è dunque un mezzo, non un fine. Il fine è l’unità con Dio e tra gli uomini.

A volte si ha l’impressione che nelle nostre comunità cristiane – e anche tra noi vescovi – si ponga maggiore attenzione alla saliera rispetto al sale, al lampadario più che alla luce. Si spendono infatti molto tempo ed energie per curare strutture e organizzazione e si trascurano le relazioni.

C’è un’altra caratteristica comune a sale e luce: la necessità di un adeguato dosaggio, altrimenti diventano insopportabili e dannosi. Se il sale è troppo abbondante, il cibo diventa immangiabile; se troppo scarso, risulta insipido. Se la luce è troppo abbagliante appare fastidiosa, se è tenue impedisce di vedere le cose.

La testimonianza cristiana non deve mai assumere i tratti dell’arroganza e dell’imposizione, dell’attacco al mondo come fosse il nostro nemico.

Su queste corde si è mossa Chiara, come dimostra la sua efficacia del dialogo tra cristiani e tra religioni diverse.

Personalmente, continua ad affascinarmi l’esperienza mistica di Chiara sulle orme del Cristo abbandonato, in perfetta sintonia con Paolo che scrivendo ai Corinti afferma di “non sapere altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1Cor 2,2).

Chiara, in maniera sorprendente per la teologia del tempo, scopre nel morire di Gesù la potenza e la bellezza dell’amore trinitario, che svela all’uomo la grande notizia dell’amore gratuito di Dio.

Potente chiamata, per la Chiesa, a lasciarsi avvolgere da questo amore, realizzando la provocazione dei Padri ad essere Chiesa luna che prende luce dal sole ed evitando il tragico errore di pensare di essere noi, come Chiesa, il sole.

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arcivescovo Lauro

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