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DIOCESI DI TRENTO * VENERDÌ SANTO: ARCIVESCOVO TISI, « GESÙ CROCIFISSO OFFRE L’AMORE COME UNITÀ DI MISURA DELLA BELLEZZA, NELLA PANDEMIA SI RINNOVA IL MIRACOLO DEL GOLGOTA »

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17.25 - venerdì 2 aprile 2021

Oggi, Venerdì Santo, la Chiesa è in ginocchio davanti a Gesù che abbraccia la croce in un estremo, totalizzante, atto d’amore per l’umanità.

L’arcivescovo Lauro Tisi ha presieduto nel pomeriggio in cattedrale la celebrazione della Passione e Morte. Con lui ha concelebrato anche l’arcivescovo emerito Luigi Bressan. “Il volto sfigurato di Gesù – ha detto Tisi nell’omelia – riscrive i canoni della bellezza, offrendoci l’amore come sua unità di misura”. Don Lauro descrive un “Dio che ‘mi ama da morire’. La seduzione sta nella disarmante semplicità di un amore vestito di gratuità e perdono.

Questo amore vince la morte, l’ultima parola spetta alla vita, non alle lacrime, né al sepolcro”.
Come già ieri sera, nella Messa del Giovedì Santo (memoria dell’ultima cena di Gesù che lava i piedi ai discepoli), monsignor Tisi declina anche il giorno centrale del triduo pasquale nell’attualità dell’emergenza: “La buona notizia per tutti noi, in questo lungo anno di pandemia, è che il miracolo del Golgota ha continuato a ripetersi: tanti uomini e donne hanno reagito alla morte con un di più di amore, di dono, di tenerezza. Questa è la vera bellezza che salva il mondo”.

Domani, Sabato Santo, 3 aprile – nel giorno in cui ricorrono i cinque anni dall’inizio del suo servizio episcopale alla guida della Chiesa di Trento (3 aprile 2016) – l’arcivescovo Lauro presiederà la Veglia pasquale, anticipata in Duomo alle ore 19.30 (diretta Telepace Trento e in streaming sui ortali diocesani) per consentire il rientro a casa dei fedeli nel rispetto del coprifuoco.

 

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Omelia Venerdì Santo
(Cattedrale di Trento 2 aprile 2021)

“Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi.” (Is 53, 2b)
La constatazione del quarto canto del Servo di Jhwh, sembra essere in dissonanza con l’affermazione di Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. (Gv 12,32)

In base a queste parole di Gesù, la via maestra per diventare credenti è l’attrazione. Ma cosa può esserci di attraente nel volto sfigurato di un Crocifisso? L’apostolo Paolo nella lettera ai Galati, riprendendo il Deuteronomio afferma: “Maledetto chi è appeso al legno.” (Gal 3, 13b)
Il volto sfigurato di Gesù riscrive i canoni della bellezza, offrendoci l’amore come sua unità di misura. Nel volto sfregiato di Gesù ad attirare non è la sofferenza, ma un Dio che “mi ama da morire”. La seduzione sta nella disarmante semplicità di un amore vestito di gratuità e perdono, che l’evangelista Giovanni non esita a definire “gloria”.
Forse non è casuale che quando parliamo dell’odio, usiamo termini come abbruttito e accecato.

Continuando a tenere fisso lo sguardo sulla bellezza del Crocifisso, soffermiamoci sulle parole di Gesù: “Ho sete”. (Gv 19, 28b)

Gesù muore gridando la sua sete, ma subito dopo la sete si trasforma in un pozzo, in una sorgente: dal suo costato sgorga l’acqua della vita.
Come può un uomo assetato divenire fontana di acqua fresca? In quella sete abita l’amore viscerale di Dio per l’uomo, il suo desiderio irrefrenabile di non perderlo.
Incredibilmente, sperimentiamo di essere noi l’attrazione fatale di Dio, il suo incanto, la sua passione. Le nostre ombre, la nostra cattiveria, le nostre inconsistenze non fermano l’amore di Dio per noi.

Rimanendo in contemplazione della bellezza dell’uomo della croce, sorprendono le parole di Gesù mentre muore: “E’ compiuto”. (Gv 19, 30b)
Noi commentiamo solitamente la morte delle persone dicendo: “È arrivato alla fine, ha terminato i suoi giorni”. Ma ben diverso è parlare della morte come compimento. Lasciamoci accompagnare dal centurione romano. Egli, abituato a frequentare gli occhi dei morenti, scorge nello sguardo di Gesù dei tratti assolutamente inediti, che lo portano ad affermare: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”. (Mc 15, 39) Il centurione vede un amore assolutamente innovativo: gratuito, libero totalmente da se stesso, scevro da qualsiasi domanda di contraccambio, senza imporre alcuna ipoteca.
Questo amore vince la morte, l’ultima parola spetta alla vita, non alle lacrime, né al sepolcro.
La buona notizia per tutti noi, in questo lungo anno di pandemia, è che il miracolo del Golgota ha continuato a ripetersi: tanti uomini e donne hanno reagito alla morte con un di più di amore, di dono, di tenerezza. Questa è la vera bellezza che salva il mondo.

 

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Foto Zotta

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