(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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STRANIERI. – Protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604 del 2013 (cd. Regolamento Dublino III) – Interpretazione dei principî affermati dalla CGUE nella sentenza del 30/11/2023 – Valutazione del rischio di violazione del principio di non refoulement da parte del giudice di altro Stato membro – Limiti.
Presidente: P. D’Ascola
Relatore: U.L.C.G. Scotti
L’esito in sintesi
Le Sezioni Unite Civili,
pronunciando sulle questioni rimesse dalla Sezione Prima civile con l’ordinanza interlocutoria n. 10903 del 23 aprile 2024, richiamate le statuizioni della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione Seconda, del 30 novembre 2023, cause riunite C-228/21, C-254/21, C-297/21, C-315/21 e C-328/21, secondo cui
«il diritto dell’Unione poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE, e tale premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri nel riconoscimento di tali valori e, dunque, nel rispetto del diritto dell’Unione che li attua nonché nel fatto che i rispettivi ordinamenti giuridici nazionali sono in grado di fornire una tutela equivalente ed effettiva dei diritti fondamentali, riconosciuti dalla Carta, segnatamente agli articoli 1 e 4 di quest’ultima, che sanciscono uno dei valori fondamentali dell’Unione e dei suoi Stati membri, ossia la dignità umana che include segnatamente il divieto di trattamenti inumani o degradanti (§ 130);
il principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri riveste un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, per quanto riguarda, in particolare, lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che l’Unione realizza e a titolo del quale, quest’ultima, conformemente all’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. In tale contesto, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati di ritenere che, tranne in circostanze eccezionali, tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (§ 131);
nell’ambito di un sistema europeo comune di asilo si deve presumere che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme a quanto prescritto dalla Carta, dalla Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, nonché della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (§ 132);
poiché non si può escludere che tale sistema incontri gravi difficoltà di funzionamento in un determinato Stato membro, cosicché sussisterebbe un grave rischio che taluni richiedenti protezione internazionale siano, in caso di trasferimento, trattati in modo incompatibile con i loro diritti fondamentali, il giudice investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, se dispone di elementi prodotti dall’interessato per dimostrare l’esistenza di un tale rischio, è tenuto a valutare, sulla base di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, e alla luce del livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell’Unione, l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate o che colpiscono determinati gruppi di persone (§ 133.135, 136);
in assenza di fondati motivi di ritenere che sussistano carenze sistemiche nello Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo, tale disposizione può essere invocata qualora non sia escluso che, in una fattispecie concreta, il trasferimento di un richiedente asilo nel quadro del Regolamento Dublino III comporti un rischio reale e comprovato che tale richiedente sarà, in tal modo, sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, ai sensi di detto articolo (§ 138);
la differenza di valutazione da parte dello Stato membro richiedente, da un lato, e dello Stato membro competente, dall’altro, del livello di protezione di cui può beneficiare il richiedente nel suo paese di origine, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva «qualifiche», o dell’esistenza di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, ai sensi dell’articolo 15, lettera c), di tale direttiva, è, in linea di principio, irrilevante ai fini del controllo della validità della decisione di trasferimento; tale interpretazione è l’unica compatibile con gli obiettivi del Regolamento Dublino III, che mira segnatamente a stabilire un metodo chiaro e operativo di determinazione dello Stato membro competente e a prevenire movimenti secondari di richiedenti asilo tra gli Stati membri. Tali obiettivi escludono che il giudice che esamina la decisione di trasferimento effettui una valutazione nel merito del rischio di refoulement in caso di rinvio. Tale giudice deve infatti ritenere acquisito il fatto che l’autorità competente in materia di asilo dello Stato membro competente valuterà e determinerà correttamente il rischio di refoulement, nel rispetto dell’articolo 19 della Carta, e che il cittadino di paese terzo disporrà, conformemente alle prescrizioni derivanti dall’articolo 47 della Carta, di mezzi d’impugnazione effettivi per contestare, se del caso, la decisione di detta autorità al riguardo (§ 140 e 141).»,
hanno affermato il seguente principio: «Nel procedimento di impugnazione delle decisioni di trasferimento dei richiedenti asilo ex art.27 del Regolamento UE n. 604 del 26.6.2013, nonché ex art.3 del d.lgs. 28.1.2008 n.25, e s.m.i. e ex art.3, lettera e-bis del d.l. 17.2.2017 n. 13, convertito con modifiche in legge 13.4.2017 n. 46, il giudice adito non può esaminare se sussista un rischio, nello Stato membro richiesto, di una violazione del principio di non-refoulement al quale il richiedente protezione internazionale sarebbe esposto a seguito del suo trasferimento verso tale Stato membro, o in conseguenza di questo, sulla base di divergenze di opinioni in relazione all’interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale, a meno che non constati l’esistenza, nello Stato membro richiesto, di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.».