La cronaca ci riporta che negli ultimi tempi nel Regno Unito sono tornati ad aumentare i contagi da coronavirus, dopo che per mesi c’era stato un calo evidente per effetto delle restrizioni e della campagna vaccinale. È stato appurato che questa crescita è dovuta principalmente alla variante B.1.617.2 del coronavirus, derivata dalla variante Delta (o indiana) che ha provocato la grave ondata di COVID-19 che ha interessato l’India tra aprile e maggio. Le autorità sanitarie la considerano una variante “preoccupante” perché dagli studi è emersa la sua capacità di diffondersi più velocemente rispetto alla versione iniziale del coronavirus.
È stato possibile notare questa caratteristica grazie al sequenziamento genomico: nel Regno Unito l’attività di sequenziamento è massiccia e costante, ma in Italia vengono sequenziati ancora pochi campioni derivati dai prelievi con tampone, quasi quindici volte in meno.
“Sequenziare” significa analizzare un campione per rilevare le caratteristiche del materiale genetico del virus, informazioni che mostrano come riesce a entrare nell’organismo e sfruttare le cellule per replicarsi. Il coronavirus è in circolazione da oltre un anno e mezzo e nel corso di questo periodo di tempo ha subìto molte mutazioni anche perché fino allo scorso anno il virus si è trovato a diffondersi in un ambiente dove milioni di individui avevano sistemi immunitari scarsamente preparati per contrastarlo. Oggi invece una parte considerevole della popolazione è già stata infettata o vaccinata. Lo scopo primario della sorveglianza genomica è capire se il virus si stia adattando all’ambiente e come lo stia facendo.
In Italia sono raddoppiate nell’arco di un mese le infezioni causate dalla variante Delta, che sembra essere presente in almeno sette regioni, tra le quali il Trentino Alto Adige. Non sono noti i numeri reali della cirolazione della variante in quanto appunto le sequenze genomiche in Italia sono poche.
Secondo le stime delle 58 sequenze della variante Delta 28 arrivano dal Trentino Alto Adige, 17 dalla Puglia, 3 dalla Campania, 2 dal Veneto e una rispettivamente dall’Emilia Romagna, Lombardia e Lazio.
Sappiamo che altre varianti si affacceranno e starà a noi contenerle anche grazie agli studi che progrediscono di giorno in giorno, alle vaccinazioni, ai comportamenti corretti.
Ciò che preoccupa particolarmente non sono solo gli effetti pesanti della malattia per chi la contrae, ma anche e soprattutto gli effetti patologici del post Covid: è fondamentale che le istituzioni sanitarie prendano coscienza e si facciano carico di questo nuovo emergente problema medico. Gli effetti a lungo termine correlati al nuovo coronavirus, infatti, sono ancora oggetto di studio in ambito medico, tuttavia, dopo un anno e mezzo dallo scoppio della pandemia, conoscono già alcune condizioni patologiche, più o meno gravi, che colpiscono i pazienti che hanno superato la fase acuta della malattia.
Sono disturbi che possono essere semplicemente lievi o fastidiosi, ma che talvolta diventano invece assai invalidanti. Nella metà dei casi regrediscono spontaneamente nel giro di due o tre settimane, ma nell’altra metà dei pazienti persistono per diversi mesi, condizionando negativamente la vita quotidiana in ambito familiare e sociale e impedendo frequentemente anche la ripresa della normale attività lavorativa.
Un’emergenza nell’emergenza di cui l’Azienda sanitaria dovrà tenere conto.
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Tutto ciò premesso interrogo il Presidente della provincia per sapere:
se si sono verificati casi di variante Delta (Indiana) in provincia di Trento e quali sia la sua incidenza;
quale sia l’incidenza delle altre varianti presenti in Trentino;
se viene eseguito nella nostra provincia il sequenziamento genomico, su quale percentuale di casi positivi e da quale U.O dell’APSS e/0 Istituto diagnostico convenzionato;
nel caso non venisse effettuato il sequenziamento genomico quali sono le motivazioni;
se tale sequenziamento non venisse effettuato o solo in misura limitata se non intenda colmare questa carenza che influisce negativamente sulla comunità trentina, tenendo soprattutto conto che dai primi studi le varianti sono responsabili anche di importanti effetti patologici post Covid;
se si hanno dei dati circa il numero di patologie e complicanze post Covid rilevate nella nostra provincia e quali sono;
se il nostro sistema sanitario provinciale è attrezzato per rispondere efficacemente alle complicanze importanti alla salute di coloro che hanno contratto il Covid;
se, anche sulla base delle rilevazioni della pericolosità della variante Delta, che ha costretto il Regno Unito a posticipare di un mese le riapertutre, non si intenda rafforzare ulteriormente la campagna informativa vaccinale mettendo particolarmente in luce i rischi per la popolazione ultrasessantenne non ancora vaccinata. Solo con una decisa accelerazione delle vaccinazioni (dosi a disposizione permettendo) si riuscirà ad immunizzare una vasta platea di cittadini/cittadine trentini/e e affrontare il prossimo autunno con maggiore tranquillità.
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Cons. Lucia Coppola
consigliera provinciale/regionale
Gruppo Misto/Europa Verde