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LANCIO D'AGENZIA

CONSIGLIO PROVINCIALE TRENTO * TRENTO NORD – AREE INQUINATE: « CONFERENZA D’INFORMAZIONE, LA PRIMA PARTE DEGLI INTERVENTI » (SINTESI)

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12.18 - lunedì 28 marzo 2022

Conferenza d’informazione sulle aree inquinate di Trento nord. Prima parte degli interventi. Nella mattinata di oggi si è palato di ex Sloi e dei terreni inquinati di Trento nord, di quello che viene definito un Sin, cioè un Sito di interesse nazionale. Una conferenza di informazione, chiesta da Paolo Zanella (Fuura), Sara Ferrari (Pd) e Alex Marini (5 Stelle), dal titolo “Il Sin di Trento Nord e le opere di bonifica previste”.

Il presidente del Consiglio, Walter Kaswalder, aprendo l’incontro, ha sottolineato l’importanza dell’appuntamento di oggi nella speranza di fare un passo avanti verso di una soluzione di una questione seria che va avanti da 40 anni. Paolo Zanella ha spiegato le motivazioni di questa conferenza di informazione su un tema che risale al lontano 1978 quando, in seguito ad un grave incidente che mise a rischio al città, la fabbrica di Trento nord venne chiusa. Ora su quest’area di concentra il cantiere del bypass ferroviario suscitando grandi preoccupazioni.

Preoccupazioni ribadite da Comune e Pat e la stessa commissione del Pnrr ha sollevato dubbi. Obiettivo della conferenza odierna, ha aggiunto Zanella, è quello di capire quante chance può avere la bonifica totale. Per Alex Marini l’urgenza di spendere le risorse del Pnnr ha portato le istituzioni locali ad affrontare il tema dei terreni Trento nord. I privati, ha aggiunto l’esponente di 5 Stelle, non vogliono metterci soldi e il pubblico non ha saputo trovare soluzioni. Con questo incontro si cerca di capire quali siano le soluzioni previste dalle autorità locali e se ci sono altre esperienze internazionali. Marini, infine, ha ricordato che sono stati i cittadini a mantenere vivo il tema e anche per questo devono essere coinvolti. Sara Ferrari ha ricordato che si sta parlando di un luogo che per Trento rappresenta una bomba innescata e sepolta.

Un grande rimosso che però può trasformarsi in rischio. Un luogo che è stato certo di lavoro, ma anche di morte e malattia. Recentemente un luogo nascosto, abitato dagli “ultimi degli ultimi”. Un luogo di ingiustizia perché chi lo inquinò non venne condannato a disinquinarlo; infine un luogo di speculazione. Insomma, una ferita che non si è mai rimarginata. E oggi la scelta di attraversarlo con la grande opera ferroviaria inquieta e preoccupa i cittadini.

Il dirigente del Dipartimento ambiente della Pat, Roberto Andreatta ha aggiunto che l’obiettivo della conferenza traguarda tutte le informazioni e fa incontrare tutti i soggetti, da Appa a RfI. La questione interroga la disciplina ambientale e urbanistica, la distinzione netta tra inquinatori e proprietari non inquinatori. C’è poi la posizione di Pat e Appa sul bypass, posizione che ha espresso con chiarezza che l’intervento non deve rallentare il processo di bonifica. Altro tema, l’adeguatezza della pianificazione urbanistica partecipata a fronte della legge su risparmio di suolo e ai 7000 sfitti (erano 1000 un lustro fa) presenti nella città di Trento. Ultimo elemento, ricordato da Andreatta, quello dell’espropriazione che, per essere possibile, ha la necessità di un progetto di interesse pubblico.

 

La lunga e drammatica storia di Sloi e Carbochimica
L’ingegner Gabriele Rampanelli, dirigente del Settore autorizzazioni e controllo dell’Appa, ha ricostruito la storia del Sin di Trento Nord composto dalla zona ex Carbochimica, ex Sloi e dalle rogge (“figlie” dello spostamento verso ovest dell’Adige nel 1858) che risultano contaminate perché le fabbriche vi scaricavano direttamente i reflui di lavorazione. Alla Sloi, ha ricordato Rampanelli, si produceva piombo teatrile, necessario alle benzine avio, e ipoclorito di sodio. Gli inquinanti che venivano diffusi nell’ambiente erano piombo totale, piombo organico e mercurio. Il piombo, estremamente volatile, ha ricordato l’ingegner Rampanelli, si accumula nel corpo umano creando malattie che si manifestavano spesso con sintomi psichiatrici. Una situazione a tal punto grave che si verificava il turn over del 50% del personale ogni sei mesi ma la Sloi rimaneva ambita per gli alti livelli salariali. La lavorazione era semplice dal punto di vista tecnologico e la lavorazione produceva dei fanghi di scarto che venivano versati direttamente nelle rogge. I vertici dell’azienda, ha ricordato ancora Rampanelli, erano coscienti della pericolosità del piombo. La questione Sloi esplose letteralmente quando, il 14 luglio 1978, i bidoni di sodio bagnati dalla pioggia scatenata da un temporale iniziarono a scoppiare. Per fortuna l’ingegner Salvati, allora capo dei Vvff, evitando di usare l’acqua, recuperò all’Italcementi una gande quantità di cemento con lil quale l’incendio venne soffocato. Dopo questo choc (sulla città aleggiò una nuvola nera per giorni) il sindaco Tononi ordinò la chiusura dello stabilimento.

Carbochimica, invece, produceva sottoprodotti della distillazione del catrame. L’attività durò dall’inizio del ‘900 ai primi anni ‘80 e gli inquinanti erano rappresentati soprattutto da idrocarburi policiclici aromatici. A causa di questo inquinamento l’utilizzo di acqua di falda a sud dell’ ex fabbrica e vietata e viene continuata monitorata.

Grazie ad alcuni interventi del 2001 la situazione sta migliorando. La bonifica di un sito contaminato, ha ricordato Rampanelli, dal punto di vista delle norme passa per la caratterizzazione, uma analisi di rischio e un progetto di bonifica. Del 2001 l’area di Trento nord è un Sito di interesse nazionale (Sin) sotto la responsabilità del Ministero dell’ambiente che, se gli ex proprietari Sloi e Carbochimica, ambedue falliti, non provvederanno, potrà intervenire con la collaborazione della Pat.

 

Un’intricatissima vicenda urbanistica e ambientale
L’assessora all’urbanistica del Comune di Trento, Monica Baggia, ha ricordato che i siti inquinanti si trovano ormai pienamente nel tessuto della città e ha ricordato la lunga e intricata storia dei vari tentativi fatti per risolvere la questione, prima di tutto la bonifica indispensabile per arrivare alla riqualificazione urbana. Non è detto, ha affermato nel suo intervento, che sia la bonifica con l’ asportazione della terra inquinata la sola soluzione, ma si potranno trovare altre vie che permettano una riqualificazione di queste aree. I proprietari dei terreni, ha ricordato, non sono i soggetti inquinatori e si sono assunti l’onere di bonificare per poter costruire. L’inerzia dei proprietari, secondo Baggia, è dovuta ai costi dell’intervento che si sommano alle difficoltà tecniche. E quello del cantiere del bypass ferroviario potrebbe essere l’occasione per affrontare questo tema in modo definitivo. Le vicende urbanistiche, ha ricordato nel suo intervento l’assessora, si sono sovrapposte alle questioni ambientali. Quella urbanistica inizia col Prg del 1989 nel quale si ipotizzò la creazione del corso nord della città e un insediamento di un polo terziario e produttivo. Nel 1992 la giunta affidò all’ing. Vittorini uno studio per la pianificazione delle aree inquinate.

Nel 1993 con un odg il Consiglio comunale impegnò la Giunta a costituire un equipe per disinquinare la zona. Mentre la parte urbanistica venne affidata arch. Silvio Bassetti per una programmazione unitaria delle aree ex Sloi e Carbochimica. Negli anni ‘90 il problema dell’inquinamento emerse in modo forte e la perizia dell’Università di Verona, redatta dal professor Campello, spinse a preparare un progetto di bonifica complessivo. Nel ‘90 – ‘91 si costituirono le società proprietarie dell’area e nel 1994 Tim srl presentò al Comune una proposta di pianificazione, ma l’Azienda sanitaria mise in evidenza la necessità di una bonifica dell’area Sloi. La vicenda urbanistica e quella ambientale, ha sottolineato Monica Baggia, sono sempre state parallele e nel 1994 il Consiglio approvò la variane al Prg che prevedeva la zona di riqualificazione e si arrivò a un protocollo d’intesa tra Comune e proprietari. Un momento in cui emerse la disponibilità dell’amministrazione a modificare il regime delle aree in cambio di spazi da riservare a uso pubblico, come quello per un insediamento fieristico.

Venne prevista una zona di 137 mila mq tra via Maccani e via Brennero con 470 mila meri cubi per una destinazione mista pubblico – privata che prevedeva anche il disinquinamento per una stima di costi di 5 miliardi e mezzo di vecchie lire. Ma la variante attuativa non approdò mai in Consiglio e nel 1999 si chiuse il rapporto con Bassetti. Alla fine anni ‘90 cambiò il quadro anche normativo e la competenza su queste aree passò alla Pat e vennero sospesi i progetti di bonifica avanzati fino a quel momento. Poi nel 1998, altro cambio normativo che aprì la strada all’intervento statale e nel 2001 le aree vennero dichiarate Sin. Ciò significa che ogni autorizzazione è di competenza del ministero Ambiente. Nel 2002 venne siglato un accordo di programma tra Comune e privati che prevedeva in sostanza l’impegno di palazzo Thun a programmare e per i proprietari di mettere mano alla bonifica. Nel 2004 lo studio Gregotti presentò, a nome dei privati, un documento per arrivare a una variante del Prg.

Nel 2008 venne approvata la variante Prg e il Cpp, cioè zona di controllo ambientale, diventò zona di riqualificazione urbana C6. Questa variante è importante, ha ricordato Baggia, perché contiene indicazioni su funzioni e indici. In buona sostanza, si affermava: tu privato ti assumi costi della bonifica dell’intera area e, in cambio, l’amministrazione ti consente di innalzare i limiti edificatori. Ma il Consorzio di bonifica Trento Nord contro il piano attuativo unitario, che prevede l’obbligatorietà di integrale bonifica dei due siti e i criteri puntuali fissati, presentò un ricorso al Tar che è stato peraltro respinto. Si è arrivati quindi alla variante al Prg del 2019 che prende atto della differenza tra le aree Sim e quelle limitrofe e ha suddiviso la zona in quattro aree. Quindi viene superata la necessità di agire in modo unitario. La classificazione C6 rimane, ma le quattro aree possono essere programmate in modo autonomo.

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