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LANCIO D'AGENZIA

CONSIGLIO PAT * QUARTA COMMISSIONE: « ASSEGNO ALLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA, SÌ AL DDL PARI OPPORTUNITÀ DA CENTRO STUDI GENERE – ALFID – ATAS – CENTRO ANTIVIOLENZA – COORDINAMENTO DONNE »

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14.49 - martedì 1 dicembre 2020

Assegno alle donne vittime di violenza, sì al ddl dalle pari opportunità, Centro studi di genere, Alfid, Atas, Centro antiviolenza e Coordinamento donne.

In Quarta commissione, presieduta da Claudio Cia (Agire), si sono tenute le audizioni sul ddl 48 dell’ex consigliere Paolo Ghezzi e di Lucia Coppola (Futura) che ha come obiettivo l’introduzione dell’assegno di autodeterminazione e l’acceso agli alloggi Itea per le donne che hanno subito violenza.

 

La Cpo: bene il ddl, ma vanno estesi i criteri per accedere all’assegno.

Per la Commissione pari opportunità (Cpo) sono intervenuti Paola Taufer e Marco Monzani e Anna Maria Belluccio.
La presidente della Cpo, Paola Taufer, ha salutato positivamente la proposta che, ha detto, va a favore di una fascia di popolazione particolarmente esposta al rischio povertà. Quando si parla di donne che hanno subito violenza, ha aggiunto, sarebbe bene fare riferimento al cosiddetto “codice rosso”. Inoltre, sarebbe interessante estendere l’assegno di autodeterminazione alle donne con invalidità psichica inferiore al 75%. Ancora, si potrebbe inserire una valutazione legata all’età anche se con invalidità inferiore al 75%. Altra proposta della Cpo, quella di prendere in considerazione la presenza di figli disabili. Poi c’è il tema spinoso della denunce. Paola Taufer ha ricordato che l’esperienza dimostra che molte donne che si rivolgono ai centri anti violenza non proseguono con la denuncia. Quindi, per accedere ai benefici previsti dal ddl, potrebbe bastare una certificazione del centro antiviolenza per accedere agli aiuti, creando quindi una sorta di presunzione di vittimizzazione. Per questo motivo va avviato un confronto con i centri anti violenza. Importante anche approfondire il riferimento alle donne straniere che si trovano in una posizione di ulteriore vulnerabilità, anche economica. Nel suo insieme, per la Cpo, la proposta è però molto positiva.
Marco Montani ha affermato che le statistiche dicono che solo 3% delle donne che subiscono violenza accedono a un centro anti violenza il che fa capire la necessità di allargare la platea delle donne che possono accedere all’assegno di autodeterminazione.
Lucia Coppola ha detto che il testo del ddl, che non vuole essere di parte, verrà emendato in base alle indicazioni venute dalla Cpo.
Il neo consigliere Paolo Zanella (Futura) ha condiviso le osservazioni della Cpo, forse non si è riflettuto abbastanza, ha aggiunto, sul fatto che le vittime di violenza non denunciano e solo una piccola parte si rivolge al Cav. Sugli altri casi di vulnerabilità da aggiungere per rideterminare l’assegno di autodeterminazione forse vale la pena di approfondire.
Claudio Cia ha affermato che questo ddl può fare emergere ancor di più la profondità del problema della violenza, ma ci può essere anche il rischio che si possano creare ad arte situazioni per accedere a questi benefici. Che ci possano essere casi di abusi come quelli che si sono evidenziati col reddito di cittadinanza.
Paola Taufer ha risposto che se si introducono criteri seri il problema non si presenterà. Monzani ha aggiunto che il rischio può esserci e per questo è importante il collegamento con i Centri anti violenza che possono valutare, perché ne hanno gli strumenti e la preparazione, se una donna è una vittima reale o finge.

 

 

Rendere più forte il riferimento alla Convenzione di Istanbul.

Giovanna Covi del Centro studi interdisciplinari di genere dell’Università degli studi di Trento ha condiviso il ddl perché si devono fare tutti i passi possibili per onorare la Convenzione del Consiglio di Europa (La Convenzione di Istanbul) sottoscritta dal nostro Paese ma che sta incontrando continue difficoltà. Per questo ha chiesto che venga espressa la definizione di donne che ha subito violenza in modo più esplicito mutuandola da quella contenuta nella carta di Istanbul. L’articolo 18 della Convenzione, ha ricordato inoltre la professoressa Covi, invita a rendere il più possibile autonome le donne vittime di violenza. Si è di fronte a una “pandemia” di femminicidi, ha affermato ancora, e le risposte devono avvenire attraverso lo strumento della Convezione che definisce i reati di violenza sulle donne crimini contro l’umanità. Infine, ha ricordato che la Convenzione di Istanbul prevede che una vittima non debba fare denuncia per accedere ai servizi di sostegno. Concetto che va ripreso nel ddl Ghezzi – Coppola.
Lucia Coppola ha detto che le sollecitazioni venute da Giovanna Covi sono fondamentali. Il tema è sempre più grave e riguarda tutti, ha sottolineato, basti pensare che nella Giornata contro la violenza due donne sono state uccise. Serve quindi un tessuto sociale e associativo per combattere questo fenomeno che dimostra anche l’arretratezza culturale del nostro Paese.
Paolo Zanella, condividendo le affermazioni della professoressa, le ha chiesto però un parere su come migliorare le condizioni per accedere all’assegno di autodeterminazione. Giovanna Covi ha detto che esplicitare la definizione di violenza della Convenzione permetterà di avere un ventaglio più preciso delle possibilità di accesso, e ha concluso ricordando che quando nel 2013 l’Italia ha sottoscritto il Convezione di Istanbul lo ha fatto con un voto unanime del Parlamento, la politica non si è quindi divisa sul tema della violenza contro le donne.

 

 

Cia: il maggior femminicidio è quello dell’aborto.

Claudio Cia, d’accordo sul fatto che la violenza contro le donne sia un crimine contro l’umanità, ha aggiunto che che la prima causa di femminicidio al mondo è l’aborto.
Lucia Coppola ha chiesto a Cia di attenersi al tema del ddl e ha definito non pertinente il riferimento all’aborto. Cia ha ribadito che l’interruzione di gravidanza è una condizione di vulnerabilità. Anche Zanella ha detto che la questione dell’aborto non c’entra nulla con questa proposta di legge che parla di reddito di autodeterminazione per le donne che subiscono violenza e non di feti.

 

Un sì deciso al ddl da Alfid, Atas, Centro antiviolenza e Coordinamento donne.

Per l’Alfid, Sandra Dorigotti ha affermato che il ddl è in linea con il ventaglio di interventi messi in campo dalla Pat sulla violenza di genere. Bene il fatto che si allinei il concetto di violenza con quello della Convenzione di Istanbul, così come la garanzia che le donne straniere possano avere dei mediatori culturali, scelta che dimostra attenzione alle maggiori fragilità. Sull’assegno ci sono già esperienze in Italia, in Sardegna, e Sandra Dorigotti che la definizione contenuta nel ddl è buona. In sintesi, la valutazione dell’Alfid sul ddl è decisamente positiva.
Violetta Plotegher, vicepresidente Atas, ha affermato che il ddl è importante e anche lei ha sottolineato il valore del riferimento alla Convenzione di Istanbul e quello alle donne straniere. Sull’assegno Plotegher ha ricordato che la denuncia arriva spesso dopo un lungo percorso di accompagnamento delle donne mentre i bisogni economici e abitativi nascono subito dopo la rottura con i partner violento. Quindi, non ci si deve legare ad un aspetto penalistico ma ai reali bisogni della persona. Sugli alloggi la vicepresidente Atas ha sottolineato la necessità di evitare la definizione di donna che ha subito violenza, per esempio rintroducendo la possibilità di potenziamento del punteggio per le persone che hanno avuto accesso a un percorso di accompagnamento. Inoltre, ha ricordato che i vincoli introdotti di recente, come quello dei 10 anni, hanno complicato le cose per le le fasce più deboli.
Elena Biaggioni del Centro antiviolenza e Coordinamento donne, ha definito estremamente positivo il ddl perché risponde ai bisogni delle donne che escono da situazioni di violenza. Anche il Centro violenza ritiene inopportuna la scelta della denuncia, meglio sarebbe seguire l’esempio del congedo Inps per motivi di violenza che è ancorato alla presa in carico dei servizi sociali e dei Centri anti violenza. Una garanzia più vasta della denuncia perché dà la garanzia di un percorso di uscita dalla violenza. Le donne che presentano denunce sono poche, nel 2019 il 29% avevano presentato querela quindi c’è il rischio di lasciare fuori il 70% delle potenziali richiedenti. E anche lei ha messo in evidenza che la stessa Convenzione di Istanbul non prevede la necessità di ricorrere alla denuncia. Infine, Elena Biaggioni ha chiesto il confronto per la definizione del regolamento di attuazione della legge.
Delia Valenti ha espresso il plauso per il ddl ma anche lei ha sottolineato che è fondamentale scollegare l’accesso ai benefici dalla denuncia.
Lucia Coppola ha ribadito che le osservazioni verranno trasformate in emendamenti. Paolo Zanella ha detto che si porrà attenzione in particolare sulla necessità di togliere il riferimento alla necessità di una denuncia e a quella di derogare al regolamento Itea, anche perché molte donne che accedono al Centro anti violenza sono straniere.

 

 

Usare il Mes per ristrutturare la sanità.

Si è poi affrontato il tema della Petizione sul Mes sanitario consegnata al presidente del Consiglio, Walter Kaswalder, a luglio. Monia Zuntini ha presentato il contenuto della raccolta di firme che è nata dal dialogo con i cittadini preoccupati dall’emergenza sanitaria Covid che ha investito anche il Trentino. Emergenza che richiede una profonda revisione del modello sanitario per il quale alla Pat potrebbero servire i 350 milioni che potrebbero arrivare nelle casse di piazza Dante tramite il Mes. Fugatti, ha ricordato la referente della petizione, ha detto di non essere contrario al ricorso del Mes ma ha liquidato la questione come competenza del Governo. Invece, secondo Monia Zuntini, la Pat si dovrebbe esprimersi su questi temi. Pietro Pallanch, medico, ha presentato una serie di slides che contengono un’analisi approfondita della situazione della sanità nazionale e trentina e la necessità di introdurre cambiamenti profondi a favore della medicina territoriale. Paolo Zanella ha affermato che per attuare una riforma che metta al centro la territorialità della medicina servono risorse che, al di là del Mes, la Pat potrebbe già mettere a disposizione. Claudio Cia ha ricordato che negli ultimi anni, con i governi Monti, Letta e Renzi, sono stati tagliati 36 miliardi di euro. Tagli imposti dall’Unione Europea e he hanno riguardato anche il Trentino con una riduzione di 100 milioni di euro e di 342 posti letto durante la Giunta Rossi. La morale, per Claudio Cia, è che non si possono effettuare tagli su sanità e scuola. Filippo Degasperi (Onda Civica Trentino) ha ricordato che il Mes è previsto per Paesi in gravi difficoltà finanziaria ma l’Italia, in questo periodo, si finanzia sui decennali a tassi convenienti. Quindi, ricorrendo a questo strumento, si rischiano conseguenze sul servizio del debito ordinario che viaggia attorno ai 70 miliardi all’anno. Monia Zuntini ha risposto che il Mes è una linea di credito e i fondi si possono spendere o no. Inoltre, avere a disposizione un’altra fonte di finanziamento potrebbe invece rassicurare gli investitori. Quindi, per la referente della petizione, l’importante è fare la richiesta anche a fronte delle continue necessità causate dalla pandemia che, tra l’altro, stanno portando a un maggior consenso a favore del Mes rispetto a qualche mese fa.

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