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LANCIO D'AGENZIA

CONSIGLIO PAT * IV COMMISSIONE: « RIORGANIZZAZIONE DELL’APSS, PARERE NON FAVORELE ALLA DELIBERA PROPOSTA DALLA GIUNTA E FIRMATA DALL’ASSESSORA ALLA SALUTE »

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20.19 - mercoledì 25 agosto 2021

La nota presenta i lavori della IV Commissione che oggi si è espressa a sfavore della delibera proposta dalla Giunta e firmata dall’assessora alla salute sulla riorganizzazione dell’Apss. cinque i voti contrari, favorevole solo la Lega. Presentato dal presidente della Commissione un documento sottoscritto da quasi tutti i consiglieri membri dell’organismo. L’assessora ha annunciato che venerdì sottoporrà comunque la delibera da lei proposta all’approvazione definitiva dell’esecutivo. In allegato, il documento sottoscritto da quasi tutti i consiglieri membri della Commissione, consegnato all’assessora.

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Bocciata dalla IV Commissione con cinque voti contrari – tra cui due di Fratelli d’Italia – e uno a favore (Lega), la delibera proposta dalla Giunta sulla riorganizzazione dell’Apss. L’assessora annuncia che sottoporrà comunque venerdì il provvedimento all’esecutivo per l’approvazione definitiva. E assicura che l’Apss terra conto, nel documento attuativo, delle osservazioni dai consiglieri.

Dopo quattro ore di discussione, con un il solo sì della Lega e i cinque “no” del Pd, del Patt, di Futura e di due dei tre esponenti di Fratelli d’Italia rimasti in aula al momento del voto, la IV Commissione del Consiglio provinciale si è espressa contro la delibera proposta dall’assessora alla salute – e già approvata in pre-adozione dalla Giunta – sulle “direttive in ordine alla riorganizzazione e alla gestione dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari, ai sensi dell’articolo 7, comma 1 lettera c) della legge provinciale 23 luglio 2010 numero 16”. Il parere della Commissione consiliare non è vincolante e l’assessora ha preannunciato che la Giunta approverà ugualmente la delibera venerdì essendo in scadenza la sperimentazione del modello organizzativo introdotto nel 2016, decaduto il quale si aprirebbe un vuoto nell’intero sistema. Il presidente della Commissione, del gruppo di FdI che aderisce alla maggioranza, nel motivare il proprio voto contrario ha consegnato all’assessora un documento sottoscritto da quasi tutti i componenti dell’organismo consiliare, tranne che dalla rappresentante della Lega, che giudica la delibera della Giunta “insufficiente a definire la cornice dalla riforma sanitaria trentina”. Inoltre il testo propone “alcuni punti che possono compensare parzialmente la carenza di contenuti della delibera”.

 

L’assessora: confronto già avvenuto con tutti i soggetti interessati tranne il Cal.

L’assessora, affiancata dai responsabili dell’Apss e del dipartimento salute, ha ricordato i momenti di confronto già avvenuti in vista dell’approvazione della delibera entro il 31 agosto, data di scadenza dell’attuale riorganizzazione introdotta come sperimentazione nel 2016. La delibera sulla riorganizzazione nasce quindi innanzitutto dalla necessità di intervenire entro la fine del mese per evitare il vuoto normativo che altrimenti si determinerebbe, ma – ha proseguito – le ragioni del cambiamento partono anche dalla considerazione che ci troviamo in un contesto sanitario completamente diverso da quello del 2016, cui si aggiunta anche l’emergenza Covid. A motivare una svolta ci sono anche l’esperienza maturata nel comparto sanità in questi ormai quasi tre anni di legislatura e dall’avvio della Scuola di Medicina del Trentino. Si trattava quindi sia di prendere atto di questi elementi sia di indicare all’Apss una prospettiva per il futuro. Per questo, ha spiegato, sono stati individuati i punti di forza e di debolezza dell’Azienda, il principale dei quali è stato indicato sia dagli operatori sanitari sia dagli amministratori locali e dai Sindaci nella difficoltà di comunicazione tra l’Apss e i territori. Territori che non si ritengono soddisfatti delle risposte date in questi ultimi anni dall’Apss alle istanze locali. Un’altra difficoltà emersa – ha continuato l’assessora – riguarda la gestione della medicina territoriale con i medici di medicina generale. Dagli incontri con questi professionisti è nata l’idea di un modello nuovo di medicina territoriale, che risponda meglio alle richieste dei territori. Questo vuol dire anche trovare medici da destinare agli ambiti locali per ovviare alla carenza di queste figure. Ancora, all’origine di questa riforma organizzativa c’è il Covid, che ha spinto a rivedere l’impostazione degli ospedali e dei reparti. Sapendo che con questo virus dovremo convivere ancora a lungo, serviva – ha concluso l’assessora – una visione di prospettiva in grado di andare incontro alle necessità emerse dagli ospedali e dai territori.

 

Il direttore dell’Apss Ferro: non vogliamo buttare il bambino con l’acqua sporca.

È stato poi il direttore dell’Apss, Antonio Ferro, ad illustrare la riforma alla Commissione, premettendo che la delibera è frutto di una approfondita analisi della situazione che in questi giorni non è stata evidenziata dai media. E ha citato per questo il coinvolgimento negli ultimi mesi di 400 interlocutori, tra operatori sanitari pubblici ed esterni. “Per l’Apss – ha detto – era fondamentale non correre il rischio di buttar via anche il bambino insieme all’acqua sporca. Per questo abbiamo individuato i punti di forza e di debolezza della riforma organizzativa del 2016, tenuto conto che l’emergenza Covid ha modificato la visione della sanità pubblica. Sarà poi il regolamento aziendale che dovrà dare attuazione a questa delibera a entrare più in dettaglio nei cambiamenti”. Ferro ha subito messo l’accento sul dipartimento prevenzione, che a suo avviso nella nostra provincia era uno dei più deboli in Italia. Per questo – ha segnalato – questa riorganizzazione dell’Apss inserisce innanzitutto nel dipartimento prevenzione i servizi di igiene e prevenzione fin’ora rientranti nell’ambito delle cure primarie e dotati di una catena di comando inadeguata. Quanto al territorio, il direttore ha riferito di aver effettuato un’operazione ascolto tra i professionisti dell’Apss, da cui è emerso il problema di uno scarso coordinamento con le aree perché tutto è stato concentrato sulle cure primarie. A questo livello si è avvertita la mancanza di una cabina territoriale e quindi andava fatta anche una rivisitazione di questa struttura. Ma salvando l’elemento più importante della riorganizzazione fin’ora sperimentato, l’omogeneità da garantire nei trattamenti. Altro problema: l’Hub & Spoke spinto, modello già fallito in Lombardia, perché l’ospedale non può dare risposte territoriali. “Occorre introdurre quindi una rete ospedaliera che funzioni come un corpo umano – ha spiegato il direttore – nel quale se non vi sono le mani che portano il cibo alla bocca è difficile sopravvivere. Gli ospedali sono il corpo e il sangue è rappresentato dagli operatori, che possono anche muoversi, spostarsi per avere esperienze diversificate che alimentino le loro prospettive di crescita professionale”. L’altra disomogeneità importante a cui ovviare secondo Ferro riguarda le aree, dove sono emerse notevoli criticità. Il problema chiarito attraverso l’ascolto degli operatori è che manca un chiaro mandato ai responsabili di area. Altro problema: le reti cliniche sono state messe in piedi solo in alcune aree, ma è mancato un supporto sistemico per la valutazione degli esiti. Quanto alla medicina convenzionata, per il direttore le criticità sono note, con un sistema fermo da 10 anni rispetto al resto d’Italia. Politiche del personale: se per le prestazioni professionali il Trentino è al top, a giudizio di Ferro la recente vicenda dell’ospedale Santa Chiara ha messo in risalto che le risorse umane sono anche le principali da valorizzare. Su questo aspetto l’Apss sta insistendo molto nei concorsi per l’assunzione dei nuovi primari. “Il 50% delle loro responsabilità – ha osservato – riguarda gli aspetti gestionali, il fare squadra, la capacità di risolvere i conflitti e la trasparenza nella conduzione dell’attività. A lungo termine, secondo il direttore, la gestione del personale sarà fondamentale per rendere attrattivo il sistema sanitario del Trentino”. Circa la proposta di riorganizzare la medicina di famiglia – ha proseguito –, questa nasce da un tavolo con i territori che hanno concordato l’esigenza di superare il modello del medico di famiglia isolato con i suoi 1.500 assistiti. Per questo sono stati identificati 13 ambiti che daranno la possibilità a 20-30 medici di famiglia di lavorare tutti insieme con una rete di professionisti. Rete che dovrà comprendere anche infermieri e clinici, arrivando a formare un gruppo di una cinquantina di professionisti che all’interno di un’area assicurino tutte le attività necessarie a servizio della popolazione locale. Saranno sempre i medici di famiglia a segnalare alla rete le esigenze formative del personale. La formazione, quindi, non sarà più decisa dai primari. Tutta questa riorganizzazione sarà su base obbligatoria. Su base invece volontaria sarà invece la riorganizzazione della medicina integrata, che avrà una sede unica in cui i medici dovranno essere presenti una volta alla settimana e utilizzare le tecnologie per ridurre il più possibile l’ospedalizzazione. A questo livello il coinvolgimento di 5-7 medici permetterà di garantire una flessibilità organizzativa in rapporto alla zona di competenza e alla consistenza della popolazione. A questo servizio sarà agganciata la riforma della sanità sul territorio nella quale – ha proseguito Ferro – occorrerà immettere ulteriori risorse umane. Evitando la fragilità introdotta in quest’ambito con il modello sperimentale del 2016, in cui due sole persone dovevano decidere l’intera organizzazione territoriale anche con posti di unità complessa che poi non sono mai stati coperti. Occorre quindi investire a questo livello rimettendo in piedi i distretti (che dovranno essere “fino a tre”, si legge nella delibera). “L’organizzazione distrettuale che la riorganizzazione del 2016 voleva superare – ha ricordato il direttore – funziona in tutta Italia”. Per quanto riguarda la rete degli stabilimenti ospedalieri, fondamentale nel nuovo impianto organizzativo è per Ferro la revisione della posizione del direttore di presidio, che in questi ultimi anni ha perso pregnanza. In questa nuova strutturazione organizzativa dell’Apss si inserisce anche la Scuola di Medicina, perché sarà necessario disporre non più di un solo direttore di presidio, ma di una rete di direttori di presidio capaci di fare sintesi tra territori vicini tra i quali promuovere una collaborazione per trovare le soluzioni più adeguate ai bisogni. L’Apss si sta già muovendo in questo senso per la copertura dei posti di direttori di presidio.

 

Benetollo: l’ospedale policentrico per sollevare il Santa Chiara e attrarre i medici.

Il direttore del Servizio ospedaliero provinciale Pierpaolo Benetollo ha poi chiarito il significato dell’ospedale policentrico previsto dalla riforma organizzativa proposta con la delibera. Vi è infatti l’esigenza di procedere ad una unificazione che concentri in un’unica sede l’erogazione di prestazioni riguardanti, ad esempio, la cura dei tumori. È infatti ampiamente dimostrato che concentrando la casistica migliorano le risposte e gli esiti. E si riescono a gestire meglio le complicanze. Questo principio – ha ricordato il direttore – è stato rappresentato dal decreto ministeriale 70, che ha stabilito soglie e bacini di utenza minimi portando ad un beneficio complessivo in termini di qualità delle prestazioni. Tuttavia – ha proseguito Benetollo – l’Apss ha maturato la convinzione che unificare i processi assistenziali è sì importante, ma che non necessariamente questo deve avvenire portando tutto al centro: nel caso della nostra provincia a Trento. Già oggi l’ospedale Santa Chiara è sovraccaricato di funzioni. Di qui l’idea di ospedale policentrico, che significa unificare, concentrare la casistica con un coordinamento forte delle attività e degli interventi chirurgici minori ma comunque importanti, ma con una concentrazione che non necessariamente deve avvenire in un unico centro. Si tratta di mettere a norma quel che sta avvenendo ad esempio al centro di Arco, che costituisce un punto di riferimento non solo per la nostra provincia. Evitando di affollare ulteriormente l’ospedale di Trento. Ospedale policentrico significa che per ogni patologia rilevante vi dev’essere un centro per l’erogazione di servizi. A seconda dei casi si tratterà di una unificazione completa in un unico punto, oppure del coordinamento di un complesso di attività che potranno essere svolte sia in un ospedale sia in altri ospedali. Questo per risolvere il problema dell’ospedale di Trento e valorizzare chi opera negli ospedali di valle. Che continueranno ad avere un ruolo centrale nell’affrontare alcune patologie. L’obiettivo è fare in modo che ciascun ospedale sia riconoscibile da tutti come un centro che ha delle eccellenze e che può essere considerato un punto di riferimento. In modo che un medico sia attratto dalla possibilità di crescere nelle competenze e anche di puntare a una carriera. Il modello a cui la nuova riorganizzazione dell’Apss punta prevede dipartimenti un po’ più piccoli che coordinino il lavoro di unità operative omogenee. Le reti cliniche saranno dipartimenti funzionali chiamate a coordinare il lavoro di diverse unità operative per accompagnare il percorso diagnostico assistenziale e di cura. Per favorire percorsi di cura a cavallo tra ospedale e territorio la riorganizzazione prevede il dipartimento transmurale, perché la maggior parte dei pazienti hanno bisogno di momenti sia intra che extra ospedalieri. Le prese in carico devono avvenire tanto all’interno di uno o più ospedali della rete quanto all’esterno dell’ospedale. Il termine transmurale caratterizza, per Benetollo, questa riorganizzazione dell’Apss.
Scuola di Medicina: il direttore ha ricordato che negli incontri avuti soprattutto con i giovani medici è emerso che questa è vista come una grande opportunità e un motivo di attrazione. Si sa – ha concluso il direttore – che in quasi tutte le aziende ospedaliere universitarie vi sono tensioni tra mondo ospedaliero e mondo universitario. Oggi in Trentino abbiamo la possibilità di evitare questo problema, dialogando non solo con l’ospedale Santa Chiara ma con tutti gli ospedali del territorio. E questo può accrescere l’attrattiva sui giovani medici dal nostro sistema sanitario.

 

Le critiche dei consiglieri. Solo la Lega plaude alla riorganizzazione.

L’esponente del Patt ha osservato che il testo della proposta di delibera messo a disposizione dall’assessora non riflette quel che è emerso oggi dagli interventi dei dirigenti in Commissione. Ma che comunque vi sono cose non dette sia da loro sia dalla delibera. In primo luogo l’assessora non ha fornito dati sulla riorganizzazione sperimentata a partire dal 2016. Sarebbe stato interessante poter conoscere e analizzare questi dati per capire il perché della proposta di una nuova riorganizzazione. Anche le motivazione del cambiamento legate al Covid inserite nella delibera appaiono insufficienti. C’è poco anche a proposito della riorganizzazione sul territorio nonostante sia noto che questo è l’ambito più debole del sistema. Manca poi la possibilità di distinguere le difficoltà e le osservazioni sull’attuale organizzazione espresse dagli stakeholder dell’Apss e dai cittadini. La consigliera ha chiesto poi a Ferro perché il direttore dell’Apss si sia soffermato solo sulla debolezza del dipartimento prevenzione. Dalla delibera non emergono a suo avviso elementi che, sull’ospedale policentrico, spieghino la ragione per cui vi è bisogno di modificare l’attuale assetto della rete ospedaliera. Non sono chiari insomma gli intenti politici di questa riforma. Altri vuoti riguardano l’assenza di richiami alla valorizzazione delle professioni sanitarie, sia di area medica sia di area infermieristica. Non si capisce se la visione ospedaliera che la Giunta vorrebbe introdurre è medico-centrica o consideri anche le altre professioni. Dal documento non emerge la gerarchia necessaria a er una organizzazione altamente complessa come questa. Infine un’altra incoerenza che emerge secondo il Patt riguarda i distretti: non si capisce se la Giunta ne voglia sei, com’è andata sostenendo qualche operatore dell’Apss sul territorio, o non più di tre come si legge nella delibera.

 

 

Il Pd: riorganizzazione che cambia molto il contenitore e pochissimo i contenuti.

Il rappresentante del Pd ha premesso che si sta parlando non di una riforma del sistema sanitario ma di una modifica del sistema organizzativo dell’Apss. Il modello organizzativo va a suo avviso continuamente adattato al mutare delle esigenze, ma quel che emerge è che in questa delibera la Giunta provinciale, nonostante la dichiarata volontà di ascoltare prima di decidere, non tiene conto delle problematiche evidenziate da tutto il mondo della sanità. Per questo secondo il Pad la proposta di delibera dovrebbe subire profonde modifiche. Innanzitutto perché manca del tutto un’analisi della sperimentazione realizzata fino ad oggi. Ferro ha parlato di un’analisi approfondita di cui nella delibera non vi è traccia. Si nota solo la volontà di marcare una discontinuità politica rispetto ai governi provinciali precedenti. Non si spiega se e come la riorganizzazione sperimentata fin’ora abbia cambiato la sanità trentina. Manca la ragione del cambiamento che si vuole introdurre. Ma secondo il consigliere del Pd manca anche il cambiamento stesso, perché quel che la delibera dice sulla rete ospedaliera è esattamente quel che la riorganizzazione introdotta nel 2016 intendeva promuovere. Riflette insomma il sistema vigente, un modello già adottato. La delibera costruisce insomma una caricatura della sanità trentina perché la verità è che oggi non può più prescindere dal concetto di rete. Secondo il Pd la Giunta vuole contrapporre pretestuosamente chi è per la centralizzazione e chi no. Si creare una rappresentazione falsa e mistificatoria solo per soddisfare intenti di contrapposizione politica. Il problema vero per il Pd riguarda i distretti, perché non si capisce cosa voglia dire che potranno essere fino a un massimo di tre. Mentre la legge precedente e le indicazioni nazionali parlano di quattro distretti. E sei sarebbero troppi. Altro tema: distretti ai quali occorre garantire omogeneità. Giusto, ma il problema è che non si dice come. Non si spiega, in caso di conflitti, da chi saranno gestiti. Manca chiarezza. Si dice anche che la pandemia ha evidenziato delle criticità ma non si precisa quali. Non si capisce perché venga tolto il dipartimento unico e non si danno indicazioni sui costi. Vi sarebbero 400.000 euro di spesa aggiuntiva per attuare la nuova riorganizzazione, ma non si capisce se per tre distretti o due. Si afferma di volere una riorganizzazione che riduca i costi amministrativi e burocratici per immettere più risorse nella parte clinica. Ma la delibera aumenta proprio i costi amministrativi e burocratici. Sui medici di medicina generale, bene per il Pd le indicazioni date. ma preoccupa che il cuore del sistema sia su base volontaria. Il rischio è che così l’obiettivo si realizzi solo a macchia di leopardo. Di rapporti con le amministrazioni locali e il sociale la delibera non parla. Ci si sofferma insomma più sul contenitore (distretti, dipartimenti funzionali, ecc.) che sui contenuti. Non si dice soprattutto in che modo questa riorganizzazione impatterà sugli utenti, in che modo garantirà equità, appropriatezza ed efficacia nelle cure. Questa sì sarebbe una vera riorganizzazione dell’Apss: spiegare cosa combierà per i cittadini e non solo nella catena di comando.

 

Futura: la riforma proposta è un’occasione persa.

Secondo l’esponente di Futura questa macro-riorganizzazione è un’occasione persa. A suo avviso la Giunta avrebbe potuto e dovuto fare il punto sulla sperimentazione organizzativa avviata nel 2016 e attuata fino ad oggi. Sperimentazione che si giustificava per tre obiettivi che oggi non si capisce se sono stati raggiunti o meno. Non si mette in premessa un’analisi sul perché sia necessario un ripensamento del sistema sanitario oggi. La delibera non accenna né al trend demografico né al piano sanitario provinciale, né al quadro epidemiologico. Mentre un’analisi del contesto avrebbe chiarito il perché sia necessaria una nuova organizzazione. Non si capisce su cosa si vuole investire, se sulla prevenzione di future pandemie o sugli ospedali. Giusto per Futura potenziare il dipartimento prevenzione, ma va chiarito come. Ospedale policentrico: per Futura è fumo negli occhi perché è ovvio che non si può mettere tutto in ogni ospedale. Ovvio che occorre potenziare alcune specializzazioni in certi ospedali di valle. Ma non sarà certo questo, per il consigliere, a rendere più attrattivo il Trentino agli occhi dei medici. Sbagliato continuare a vendere l’alta specialità come attrattiva. Oggi l’investimento da fare è sulla medicina di comunità. La scuola di medicina di Trento potrebbe e dovrebbe attrarre medici che vogliono gestire bene le cure intermedie imparando a gestire le situazioni e a sapere quando affidare un paziente alle cure ospedaliere. Direzioni mediche di presidio: questo riferimento nella delibera non c’è. La decisione di aprire altri 46 posti di rianimazione perché diventino in tutto 78, implica costi fissi e soprattutto la necessità di trovare altri medici. La creazione di 46 nuovi posti in rianimazione renderebbe necessari 150 infermieri che oggi verrebbero sottratti al territorio che si dice di voler potenziare. Distretti: per Futura forse questa è la parte che va maggiormente potenziata. Ma non è chiaro a cosa serviranno i 27 milioni in arrivo con il Pnrr sa cosa serviranno. Il punto è come implementare questo elemento. Secondil consigliere di Futura, “forse un grande strumento di attrattività sarebbe rendere i medici di medicina generale dipendenti dell’Apss. Difficile, certo, ma questo orientamento è stato adottato dalla stessa Giunta provinciale nella strategia per lo sviluppo sostenibile”. Importante sarebbe anche investire sull’infermiere di comunità. Si tratta di capire come si vuole implementare questa figura per sviluppare la prevenzione e la medicina di comunità. Scuola di medicina: per Futura servono primari che siano accademici e accreditare le sedi con i tirocini. Non si comprende infine che fine fanno gli attuali dipartimenti: governance, staff, ospedaliero e territoriale.

 

La Lega: giusto puntare alla semplificazione burocratica.

La Lega Salvini Trentino ha evidenziato che la riforma del 2016 non è mai stata veramente recepita e che è stata sempre prorogata, creando un pachidermico apparato burocratico centralizzato slegato dalla parte clinica assistenziale. Questo ha generato una gerarchia di professioni sanitarie spesso in contrasto e inefficace. Inoltre occorre considerare che il principio di fondo della precedente riforma organizzativa prevedeva il superamento del concetto di distretto sanitario. Ma i cittadini chiedono da anni una sanità più vicina al territorio per rispondere meglio alle esigenze delle persone. La riorganizzazione che oggi la Giunta propone vuole appunto andare incontro alle esigenza dei territori e dei pazienti, puntando a una rete ospedaliera diffusa per assicurare un percorso di cura molto più efficace. La pandemia ha messo in evidenza la mancanza di questo approccio, mentre questo bisogno è molto aumentato con il Covid. Secondo la capogruppo della Lega le critiche delle minoranze si potranno in parte anche recepire nei documenti attuativi dell’Apss, perché puntano più alla stessa delibera che all’impianto. La delibera è positiva perché parla di distretti sanitari, di dipartimenti diversificati, di reti cliniche, di incarichi di percorso e soprattutto perché riduce l’organizzazione amministrativa e di vertice a favore dei territori, e punta a una semplificazione burocratica riducendo sensibilmente gli uffici. Se politicamente questa riforma può non piacere – ha concluso l’esponente del Carroccio – va però incontro alle esigenze emerse sia dagli operatori sanitari sia dai cittadini. E potrà comunque essere valutata e modificata nel tempo in base alle esigenze che emergeranno.

 

Fratelli d’Italia: è mancato il coinvolgimento. La Giunta si fermi.

Il presidente della Commissione e capogruppo di Fratelli d’Italia ha ricordato di essersi confrontato sulla delibera con i rappresentanti degli operatori e di aver ascoltato le loro osservazioni. E ha evidenziato che purtroppo, come è accaduto anche nelle precedenti legislature, su questo tema la Commissione è stata coinvolta dalla Giunta solo nella fase finale. Così la Commissione non ha potuto ascoltare, approfondire e studiare per elaborare delle proposte migliorative del provvedimento. L’esponente di FdI ha accennato a un documento elaborato attraverso il confronto con alcuni colleghi infermieri sul territorio e con gli stessi consiglieri provinciali che provengono dalla professione infermieristica. A suo avviso la Giunta ha sbagliato interlocutori, perché i soggetti più importanti con cui avrebbe dovuto confrontarsi sono stati ignorati. “Come Commissione – ha aggiunto – non vogliamo essere considerati degli spettatori”. “Perché i consiglieri provinciali possono dare un contributo importante. “Giusto – ha proseguito – non voler buttare il bambino con l’acqua sporca. Ma il problema è che non vi sono gli elementi necessari per distinguere il bambino dall’acqua sporca”. La riorganizzazione la cui sperimentazione che sta per concludersi a fine mese aveva elementi critici, ma non è stato chiarito con precisione dalla Giunta cosa non andava. “Il fatto è – ha avvertito – che la riorganizzazione dell’Apss riguarda tutti e non solo i professionisti che ci lavorano. Riguarda anche i pazienti e tante realtà che gravitano attorno all’Apss, come le strutture sanitarie private, le Rsa, i laboratori sul territorio, i centri di diagnosi privati: tutti soggetti con cui l’Apss si relaziona. La riorganizzazione della sanità – ha aggiunto – non dev’essere considerata di destra o di sinistra, perché riguarda tutti i trentini. E da essa dipenderà l’uso del miliardo e 200 milioni di euro destinati dal bilancio provinciale a questo settore. Questa riorganizzazione interesserà non solo gli oltre 9.000 dipendenti dell’Apss ma tutti gli operatori e i cittadini che interagiscono con l’Azienda sanitaria. Per questo FdI condividerebbe l’esigenza di cambiare se venisse chiarito cosa c’è esattamente da cambiare. “Questa delibera – ha lamentato – è invece solo l’embrione di un progetto che non si capisce quali sviluppi avrà e a quale realtà organizzativa darà vita. E’ una delibera ha maglie troppo larghe, è piena di vuoti da riempire: servirebbe quindi qualcosa di più per capire cosa si vuole, per non dover sottoscrivere una cambiale in bianco”. Ecco perché questa volta la valutazione di FdI riflette quella espressa perfino dai sindacati, ma soprattutto quella degli ordini delle professioni sanitarie: degli infermieri, dei medici chirurgi odontoiatri, dei farmacisti, delle professioni ostetriche, degli psicologici, dei medici veterinari, dei chimici e fisici. Se questi professionisti dicono che su questa delibera non c’è stato coinvolgimento, è perché non sono stati tenuti presenti i soggetti più rappresentativi del mondo sanitario. Tutto questo – ha suggerito – dovrebbe indurre la Giunta a fermarsi”. Per FdI non si può sostenere che queste critiche siano dettate da interessi inconfessabili. “Con quasi tutti i colleghi della Commissione – ha concluso è stato elaborato un documento propositivo che chiede alla Giunta di fermarsi, di sospendere questa delibera e di confrontarsi con tutte le parti interessate per migliorare il provvedimento. E non si dica che i tempi sono stretti, perché in Consiglio provinciale sono state fatte deroghe a qualunque cosa sia stata considerata necessaria per il bene del Trentino”. Anche il documento con le osservazioni degli ordini e delle professioni sanitarie e della Consulta provinciale per la salute, segnalano come una riforma di questa importanza e di questo respiro non si possa liquidare in un solo incontro, per di più a ridosso della scadenza. Non possiamo come consiglieri decidere oggi su qualcosa di cui non si riescono a vedere con chiarezza i contorni”. L’esponente di FdI ha aggiunto infine che oltre al problema di attrarre medici in Trentino, “vi è anche il problema di trattenere il personale sanitario attuale, visto che abbiamo già perso molti professionisti che hanno abbandonato ad esempio il Santa Chiara pur non avendo un altro ospedale in cui andare. O che hanno rinunciato a borse di studio pur di non rimanere in certe unità operative. Si tratta allora di lavorare a un clima sereno in cui i professionisti sentano di poter crescere con una squadra adeguata e non siano collocati in uno scantinato a leggere carte”. La posizione di FdI – ha concluso – non è innanzitutto politica ma emerge da una persona che nella sanità trentina ha lavorato. Ed esprime quindi un giudizio sul contenuto tecnico e non politico di questa delibera”.

 

L’assessora: il regolamento dell’Apss potrà recepire queste osservazioni, ma la Giunta non può fermarsi e approverà comunque la delibera.

L’assessora ha ricordato che a questa delibera seguirà un regolamento che sarà l’Apss ad elaborare esplicitando anche gli elementi segnalati dai consiglieri e non evidenziati in questo testo. Quanto alla richiesta di sospendere la delibera sottoscritta da quasi tutti i componenti della Commissione, ha spiegato che per la Giunta non è possibile fermarsi perché la sperimentazione dell’organizzazione in essere scade il 31 agosto e non deliberare significherebbe l’interruzione di tutte le posizioni lavorative previste. Per questo ha detto che sottoporrà la delibera alla Giunta questo venerdì. Si terrà in considerazione il documento dei consiglieri nella predisposizione da parte dell’Apss del regolamento attuativo di questa delibera.

 

Ruscitti: anche altri territori chiedono al ministero di poter adottare come noi modelli organizzativi autonomi che favoriscano la prossimità.

Il dirigente di dipartimento salute Giancarlo Ruscitti ha poi ricordato i finanziamenti ottenuti dalla Provincia a livello nazionale anche per quanto riguarda il Pnrr. Risorse che andranno sia al personale sia per strutture come il laboratorio di microbiologia. Purtroppo – ha osservato – la sanità nazionale e anche del Trentino aveva subito in precedenza notevoli tagli come nel resto d’Italia. A uno dei tavoli di lavoro sull’utilizzo delle risorse del Pnrr e gestito in parte dal ministero della salute e in parte dall’Agenas, si è riusciti a garantire per ora che ad ottenere finanziamenti saranno innanzitutto le apparecchiature sanitarie. Potremo quindi modificare la parte tecnologica più velocemente rispetto alle procedure normali. Nel 2019 e 2020 il ministro Speranza aveva convocato la Commissione salute per preannunciare il passaggio del governo da una politica di tagli alla sanità a una politica di investimenti. Oggi si sta lavorando a due documenti da rendere noti in ottobre: uno riguarda il rapporto tra bacini d’utenza, dipartimenti e servizi per superare una struttura oggi troppo rigida e dare spazio a equipe multiprofessionali. Si punta alla creazione di reti cliniche per la cura di pazienti complessi affetti da più patologie sia croniche sia nelle fasi acute. Si vogliono anche aumentare i posti letto perché sta crescendo la pressione sugli ospedali. In tal senso si vogliono rivalutare gli ospedali di piccoli e medi, che non dovranno più chiudere ma essere posti nelle condizioni di prendersi carico di situazioni non urgenti. Ruscitti ha segnalato anche un gruppo di lavoro dedicato alla medicina territoriale. Si sta discutendo di un superamento del decreto Balduzzi, per portare la sanità alla prossimità con le persone e a una gestione extraospedaliera delle cronicità. Si dovrebbe arrivare presto a una sintesi di questi due documenti nazionali e il Trentino partecipa a questi tavoli soprattutto nella parte che riguarda le professioni sanitarie. Alcuni professionisti dovranno agire sul territorio in maniera indipendente ma coordinata. Dopo la nascita degli infermieri di famiglia inseriti anche nella sperimentazione di Spazio Argento, questa volontà c’è. Altri territori in Italia stanno reclamando una autonomia organizzativa. Trento e Bolzano chiedono di poter avere modelli che si possono anche discostare da quello nazionale. Le regioni chiedono poi una linea che permetta di applicare modelli diversi con autonomie organizzative in rapporto alla popolazione. Scuola di Medicina: anche quest’anno sono pervenute 600 domande per 60 posti, ma la novità è che 460 ragazzi hanno indicato Trento come prima scelta. Ruscitti ha concluso evidenziano che d’intesa con Verona la nostra provincia diventerà presto sede anche di scuole di specializzazione con docenti trentini.

Ferro: “vi chiedo un atto di fiducia perché nel testo attuativo di questa delibera l’Apss terrà conto delle vostre osservazioni e riempirà i vuoti segnalati”.

Il direttore dell’Apss ha assicurato che le osservazioni emerse dai consiglieri saranno tenute in considerazioni dall’azienda quando elaborerà il testo attuativo. Anche i vuoti segnalati verranno colmati nella futura delibera dell’Apss. Distinguendo chiaramente il bambino dall’acqua sporca. Sul dipartimento di prevenzione ha precisato di essersi soffermato perché è il comparto nel quale era stato coinvolto inizialmente. Ma la prevenzione – ha aggiunto – dev’essere sviluppata a 360 gradi perché riguarda sia la medicina di famiglia sia tutte le attività dei 9.000 dipendenti dell’Apss sia la società civile. Su questo gioca a favore il nuovo piano della prevenzione che si svilupperà da quest’anno fino al 2025 con il coinvolgimento di professionisti di varie aree in rapporto con il volontariato e la società civile. Sulla prevenzione l’Apss assicura quindi un’attenzione fortissima. Anche per fronteggiare eventuali nuove pandemie. Con una flessibilità che si dovrà creare anche aprendo nuovi tavoli con i sindacati. Medicina di famiglia: il modello volontario delle reti mediche integrate – ha detto Ferro – si giustifica per la necessità di mettere insieme mondi completamente opposti: quello dei medici di famiglia e quello dei nuovi medici con esigenze molto diverse. “Non dobbiamo dare troppi benefit ai nuovi medici e omettere la valorizzazione dei medici che in questi anni hanno garantito la tenuta del sistema”. Bene comunque, per Ferro, che tutti si voglia che la riorganizzazione della medicina di famiglia prenda piede. I tempi sono maturi per rispondere con questo elemento alle istanze dei cittadini. Professioni sanitarie: su questo punto contano i fatti. La delibera non spiega quale sarà il ruolo di questi operatori, ma l’Apss ritiene fondamentale l’asse e la colonna portante della dirigenza infermieristica. Ma occorre superare una delle acque sporche che consiste nel fatto che si sono creati dei silos con la parte medica. “Va bene l’autonomia – ha avvertito il direttore – ma occorre anche essere trasversali perché i vari professionisti devono collaborare da ruoli diversi”. Alla nuova dirigenza sarà chiesto di migliorare l’integrazione tra le varie professioni, perché i silos creano situazioni di cui poi fa le spese il cittadino. Fare ed essere gruppo è strategico. Ferro ha chiarito anche, rispondendo al consigliere di Futura, che non si potrà mai soddisfare la richiesta di rendere i medici di base dipendenti dell’Apss. Ferro ha rivolto un appello ai consiglieri chiedendo loro “un atto di fiducia” nell’Apss, perché nel regolamento che l’azienda elaborerà saranno riempite le osservazioni e colmati i vuoti evidenziati, in modo da arrivare ad una riorganizzazione capace di dare le risposte migliori ai cittadini.

 

Le dichiarazioni di voto.

Il consigliere di Futura ha detto di non essere disposto a esprimere con questo voto un atto di fiducia perché questa delibera ha maglie troppo larghe, perché i temi si potevano affrontare e discutere con tempi diversi. Inoltre non è stato costruito un percorso partecipativo né con gli ordini né con la Commissione.

Il Patt ha annunciato il voto contrario al parere positivo perché la delibera non esprime neppure la volontà politica della Giunta.

Il rappresentante del Pd ha osservato che la legge prevede che il parere della Commissione dev’essere rispettato. E ha ribadito che tutto il mondo della sanità esprime critiche e preoccupazioni su questa delibera chiedendo alla Giunta di fermarsi perché questa riorganizzazione appare troppo fumosa. Il problema non è il modello ma gli obiettivi, che non sono chiari. Quel che preoccupa è la vaghezza e fumosità che impedisce di capire quale impatto la nuova organizzazione avrà sui servizi e sui cittadini. Invece la Giunta liquida le preoccupazioni espresse dal mondo della sanità e questo sorprende. In queste condizioni non è possibile andare avanti comunque, senza considerare nemmeno il parere negativo di questa Commissione, come fosse irrilevante mentre invece ha un grande peso. Il consigliere ha detto di non ricordare una situazione del genere. Resta il problema del nuovo modello previsto “fino a tre distretti” perché si concentra il grosso delle critiche ai contenuti.

L‘esponente della Lega ha motivato il voto favorevole alla delibera perché a suo avviso la critica principale non riguarda tanto la riorganizzazione della sanità ma la delibera in quanto tale che sarebbe fumosa mentre è stato spiegato che vi sarà un regolamento con cui l’Apss darà attuazione ad essa. E ha ricordato che anche nel 2016 la delibera sulla riorganizzazione dell’Apss era di appena una decina di pagine in quanto andava poi precisata con un documento attuativo. Per la Lega sul piano dei contenuti questa nuova riorganizzazione è positiva perché porta avanti una sburocratizzazione della sanità. E non è vero che tutte le sigle sindacali si siano espresse contro questa riforma. Infine la riorganizzazione proposta è una necessità sentita sia dagli operatori sia dai cittadini.

Il presidente della Commissione, di Fratelli d’Italia, ha detto di confidare che nel regolamento attuativo che sarà l’Apss a predisporre verranno riempiti i vuoti di questa delibera. Ma ha aggiunto di non poter dare fiducia ad essa perché troppo piena di lacune. Grave è a suo avviso il fatto che la Giunta approvi possa approvare questa delibera in modo definitivo a prescindere dal parere negativo della Commissione. Così com’è questa delibera non può essere approvata da FdI, perché aprirebbe la strada alla necessità di condividere poi tutti i provvedimenti conseguenti a quest’atto. “Se vi fosse stato un percorso diverso in Commissione – ha aggiunto – vi sarebbe stato anche un voto diverso da parte di FdI”. “Ma oggi mi renderei ridicolo se votassi questa delibera perché perderei quella credibilità personale che proprio nel settore in cui l’ho maggiormente costruita in questi anni”. “Sono anche sereno nel votare contro – ha concluso – perché questo non impedirà alla Giunta di andare avanti. E perché confido che andando avanti possa farmi rimpiangere di non aver votato a favore”.

Replicando alla consigliera della Lega, l’esponente del Pd ha ricordato che il provvedimento che aveva introdotto nel 2016 la riorganizzazione da sperimentare fino ad oggi era stato preceduto da 150 incontri con il mondo della sanità e da vari e approfonditi altri documenti accompagnatori.

Il consigliere di Futura ha precisato di voler esprimere con il proprio no alla delibera un voto politico coerente con la formazione da lui rappresentata, che si chiama partecipazione e solidarietà. Partecipazione che in questo caso non c’è stata. E ha contestato la decisione dell’assessora di portare comunque in Giunta la delibera per l’approvazione finale “facendosi scudo della scadenza, il 31 agosto, della sperimentazione introdotta nel 2016”.

 

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