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CONSIGLIO PAT – COMMISSIONE PARI OPPORTUNITÀ * CASO GRILLO: PRESIDENTE TAUFER, « CI RAMMARICHIAMO DI QUANTO ANCORA SI SOTTOVALUTI LA FORZA DELLE PAROLE » (VIDEO)

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15.50 - mercoledì 21 aprile 2021

La Commissione Pari Opportunità tra donna e uomo aderisce con forza e convinzione alla posizione espressa pubblicamente dal Coordinamento Nazionale delle Commissioni Pari Opportunità, attraverso le parole della referente Roberta Mori.

«Dopo l’ennesima riproposizione del videomessaggio di Beppe Grillo in tutti i talk show di tutti i canali e in tutte le fasce orarie, riteniamo doveroso prendere parola per rammaricarci di quanto ancora si sottovaluti la potenza del linguaggio, la forza delle parole e gli effetti che possono provocare».

Il Coordinamento delle Commissioni Pari Opportunità di Regioni e Province Autonome stigmatizza il comportamento del leader politico che, da personaggio pubblico e popolare, utilizza la sua influenza per rafforzare quelli che sono stereotipi sessisti stantii quanto pericolosi. Nel discusso video di Beppe Grillo a difesa del figlio accusato di stupro si ravvisa «un retaggio della visione predatoria del maschile che si autolegittima nonostante tutto, lo sfogo scomposto di un padre umanamente comprensibile ma del tutto inaccettabile nei modi, nei tempi e nel contesto di una società contemporanea che vuole emanciparsi dai rigurgiti patriarcali.»

«Come persone impegnate nelle istituzioni per affermare diritti paritari e riequilibro di genere in una società ancora profondamente diseguale non condanniamo soltanto le discriminazioni e iniquità che frenano lo sviluppo del Paese, ma anche il linguaggio violento che incide nei rapporti tra donne e uomini e in quella dimensione intima su cui si fonda la storia travagliata dell’emancipazione femminile.»

Si tratta di una questione di linguaggio, «usato a sproposito su un tema, quello della violenza maschile sulle donne, che imporrebbe grande prudenza, rispetto, financo silenzio» .

Quando al contrario, Grillo sceglie di parlare, lo fa da un unico e prevaricante punto di vista. «Questa vittimizzazione secondaria, che dipinge le donne vittime di stupro come “quelle che se la sono cercata e gli è pure piaciuto”, che le riduce a corpi contendibili e colpevolizzabili, va rigettata senza alcun dubbio a prescindere dai sentimenti che la animano.»

In definitiva, qualunque sarà l’esito giudiziale della vicenda, le parole sono state sbagliate e tutti, a maggior ragione se personalità pubbliche, dovrebbero recuperare un linguaggio di senso, rispettoso delle donne e della realtà che ci circonda. «Si riservino piuttosto spazi televisivi e di dibattito, indignazione e veemenza ai tanti, troppi femminicidi commessi da uomini che ancora fanno delle donne oggetti di proprietà da neutralizzare, violare, uccidere».

 

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dott.a Paola M. Taufer
Presidente della CPO

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Allegato:
Estratto Legge provinciale n. 13/2012
Art. 11
Disposizioni per le comunicazioni e promozioni pubblicitarie
1. Nel caso di diffusione di comunicazioni e messaggi pubblicitari discriminatori e non rispettosi della dignità della persona in base al genere, la commissione, anche su segnalazione di singole/i cittadine/i, evidenzia alle competenti autorità i profili di discriminazione contenuti e promuove azioni anche specifiche di sensibilizzazione sulla cultura di genere.

2. La Provincia, gli enti locali e i loro enti pubblici strumentali effettuano comunicazioni, promozioni pubblicitarie e concessioni di patrocinio nel rispetto della dignità della persona e senza contenuti discriminatori in base al genere. Quanto previsto da questo comma si applica anche ai concessionari di servizi pubblici. Chiunque può segnalare eventuali violazioni di questo comma alla commissione che ne informa l’ente interessato, indicando eventuali idonee misure interdittive e di sensibilizzazione.

 

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CASO GRILLO. IL COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE COMMISSIONI PARI OPPORTUNITA’ STIGMATIZZA LE PAROLE USATE DAL LEADER POLITICO.

«Dopo l’ennesima riproposizione del videomessaggio di Beppe Grillo in tutti i talk show di tutti i canali e in tutte le fasce orarie, riteniamo doveroso prendere parola per rammaricarci di quanto ancora si sottovaluti la potenza del linguaggio, la forza delle parole e gli effetti che possono provocare».

Il Coordinamento delle Commissioni pari opportunità di Regioni e Province Autonome stigmatizza il comportamento del leader politico che, da personaggio pubblico e popolare, utilizza la sua influenza per rafforzare quelli che sono stereotipi sessisti stantii quanto pericolosi. La coordinatrice nazionale Roberta Mori riscontra nel discusso video di Beppe Grillo a difesa del figlio accusato di stupro «un retaggio della visione predatoria del maschile che si autolegittima nonostante tutto, lo sfogo scomposto di un padre umanamente comprensibile ma del tutto inaccettabile nei modi, nei tempi e nel contesto di una società contemporanea che vuole emanciparsi dai rigurgiti patriarcali.»

«Come persone impegnate nelle istituzioni per affermare diritti paritari e riequilibro di genere in una società ancora profondamente diseguale – spiega Mori – non condanniamo soltanto le discriminazioni e iniquità che frenano lo sviluppo del Paese, ma anche il linguaggio violento che incide nei rapporti tra donne e uomini e in quella dimensione intima su cui si fonda la storia travagliata dell’emancipazione femminile.»

Perché secondo la coordinatrice e consigliera dell’Emilia-Romagna è questione di linguaggio, «usato a sproposito su un tema, quello della violenza maschile sulle donne, che imporrebbe grande prudenza, rispetto, financo silenzio.» Quando al contrario, Grillo sceglie di parlare e lo fa da un unico e prevaricante punto di vista. «Questa vittimizzazione secondaria, che dipinge le donne vittime di stupro come quelle che se la sono cercata e gli è pure piaciuto, che le riduce a corpi contendibili e colpevolizzabili, va rigettata senza alcun dubbio a prescindere dai sentimenti che la animano.»

In definitiva, qualunque sarà l’esito giudiziale della vicenda, le parole sono state sbagliate e tutti, a maggior ragione se personalità pubbliche, dovrebbero recuperare un linguaggio di senso, rispettoso delle donne e della realtà che ci circonda. «Si riservino piuttosto spazi televisivi e di dibattito, indignazione e veemenza ai tanti, troppi femminicidi commessi da uomini che ancora fanno delle donne oggetti di proprietà da neutralizzare, violare, uccidere», conclude Roberta Mori.

 

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