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CONSIGLIO DI STATO * INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2023: PRESIDENTE MARUOTTI, « LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA È UNA RISORSA, NON UN FRENO PER L’ECONOMIA »

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16.16 - lunedì 30 gennaio 2023

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota inviata all’Agenzia Opinione) –

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Signor Presidente della Repubblica, esprimo la gratitudine mia personale e di tutta la Giustizia amministrativa, per l’onore che ha voluto rendere con la Sua presenza a questa cerimonia. Ringrazio i Signori Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, che hanno voluto essere presenti oggi. Grazie, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, per aver voluto personalmente presenziare al mio insediamento.
Ringrazio i componenti del Governo, il Presidente ed i Giudici della Corte Costituzionale e tutte le Autorità politiche, civili, militari e religiose intervenute.

Ringrazio ancora il Vice Presidente e i componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa e i Presidenti emeriti del Consiglio di Stato. Questi ultimi con la loro presenza testimoniano la continuità di un’Istituzione che guarda all’esperienza del passato per proiettarsi nel futuro.
Un sentito ringraziamento ai Colleghi, di questa e delle altre Magistrature, nazionali ed europee, agli esponenti dell’Avvocatura dello Stato e di quelle degli enti pubblici, del libero Foro, dell’Accademia.

Un ringraziamento particolare al Personale amministrativo tutto della Giustizia amministrativa.
Nel prendere la parola, il mio commosso pensiero si rivolge innanzitutto alla figura del Presidente Franco Frattini, la cui prematura scomparsa ha privato la Nazione di una eminente personalità, la Giustizia amministrativa di una autorevolissima guida, me e tantissimi di noi di un caro Amico.
In questo discorso di insediamento e di apertura dell’Anno giudiziario, mi soffermerò su tre punti fondamentali del mio programma. Metterò in luce i doveri istituzionali del Giudice amministrativo come garante della legittimità dei provvedimenti amministrativi, nonché sul rapporto tra la Giustizia amministrativa e gli altri Poteri dello Stato, che si deve sempre caratterizzare per una forte e leale collaborazione, nel rispetto dei diversi ruoli a ciascuno attribuiti dalla Carta costituzionale.

Evidenzierò come il compito del Giudice amministrativo sia quello di garantire che, nelle materie di propria competenza, l’azione amministrativa incida solo quando risulti inevitabile sulle posizioni giuridiche soggettive e sulle libertà fondamentali.
Rimarcherò come il Giudice amministrativo debba essere percepito da tutti come una figura istituzionale “indispensabile”, in quanto custode della legalità ed elemento costitutivo dello Stato di diritto.
Oltre ad illustrare i tre punti del mio programma, mi soffermerò sull’andamento dell’attività giurisdizionale nell’anno appena trascorso, anche in correlazione al raggiungimento degli obiettivi dettati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Nell’insediarmi quale Presidente del Consiglio di Stato, sento tutta la responsabilità per il ruolo di guida della Giustizia amministrativa che sono chiamato a ricoprire, in un momento storico complesso, di lacerazioni internazionali e di grave crisi economica e sociale.
Tutte le Istituzioni del Paese devono fare uno sforzo imponente per dare stabilità ed agevolare la ripresa economica, in un contesto impoverito prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina.
In questo quadro, alla nostra Istituzione è chiesto ancor più di agire con imparzialità, con indipendenza, ma anche con professionalità unita alla celerità, per garantire al contempo legalità e sviluppo.
Nell’architettura costituzionale, il Giudice amministrativo è innanzitutto il giudice naturale degli interessi legittimi ed il giudice dei diritti soggettivi, nei casi previsti dalla legge.

I Tribunali Amministrativi Regionali ed il Consiglio di Stato sono i Giudici del corretto esercizio del potere pubblico. Essi sono chiamati a garantire la legittimità dei provvedimenti amministrativi e ad operare quel delicato bilanciamento tra i poteri delle Autorità e le esigenze di libertà, bilanciamento che è proprio dello Stato di diritto.
Per questo la Giustizia amministrativa è una risorsa e non un freno per l’economia, una risorsa non solo necessaria sotto il profilo costituzionale, ma, come ho già detto, essenziale presidio di legalità e guardiano dell’effettivo soddisfacimento degli interessi pubblici.
La giurisdizione amministrativa, tutelando per sua natura la legittimità e la legalità dell’azione amministrativa, contribuisce a realizzare un’Amministrazione moderna al passo con i tempi, rispettosa della legge e garante dei diritti e degli interessi dei singoli e delle imprese.
Questa delicata attività di controllo giudiziario deve essere svolta nella rigorosa osservanza del principio di divisione dei poteri, salvaguardando le prerogative e le scelte che spettano all’Esecutivo, ma, al tempo stesso, operando in piena indipendenza ed autonomia.
Durante la mia presidenza, mi impegnerò in ogni modo affinché la funzione giurisdizionale e quella consultiva della nostra Magistratura siano perfettamente conformi al modello disegnato dalla Costituzione.

Tale esigenza è tanto più significativa in questo periodo, in cui lo Stato, come storicamente avviene in ogni momento di crisi, ha dovuto ampliare il suo ruolo, non solo nel campo economico, ma anche in ambiti più direttamente incidenti sulle posizioni giuridiche individuali.
Il Giudice amministrativo, quale Giudice del potere pubblico, è diventato di conseguenza sempre più il Giudice dell’economia ed il Giudice dei diritti fondamentali incisi da atti dell’Autorità pubblica.
Si può affermare, quindi, che il Giudice amministrativo è anche il Giudice degli interessi legittimi fondamentali.
Sfide come queste impongono che i Magistrati tutti siano consapevoli del delicato compito loro attribuito e che essi svolgano le proprie funzioni non solo con la necessaria abnegazione, ma anche con approccio etico, rigore morale, rispetto assoluto delle regole di integrità, poste a tutela dell’indipendenza della Magistratura, a Lei tanto cara, Signor Presidente della Repubblica.
Non basta essere imparziali, ma occorre apparire sempre imparziali: dobbiamo essere consapevoli che l’attività istituzionale può risultare inattaccabile soltanto se manteniamo condotte coerenti anche quando non indossiamo la toga.
Non solo l’attività amministrativa deve essere svolta in una casa di vetro: anche l’attività giurisdizionale va esercitata con trasparenza, sia nella fase organizzativa, sia in quella decisoria.
Occorre pensare ad un ammodernamento del sistema, che militi nella direzione di valorizzare le eccellenze, ma anche di perseguire condotte in contrasto con la legge ed i doveri etici e professionali, avendo sempre come obiettivo primario la tutela degli interessi dell’Istituto e della collettività.

Il Giudice amministrativo deve essere percepito dalla Comunità come un Arbitro, chiamato a far valere le regole in modo imparziale.
Per il solo fatto che vi è un Giudice amministrativo, le regole per lo più sono spontaneamente rispettate. Se una regola è violata, il Giudice amministrativo impone la sua applicazione.
Ma, per far questo, egli deve rispettare le regole più di ogni altro.
Peraltro, occorre che il ruolo del Giudice amministrativo venga inteso come indispensabile non solo dalla Comunità, ma anche dalla stessa Amministrazione, perché il giudice, quando rileva un profilo di illegittimità dell’azione amministrativa, ripristina la legalità, nel superiore interesse pubblico.
Questa equidistanza da tutte le parti, siano esse pubbliche o private, deve tanto più caratterizzare il sindacato sull’attività discrezionale della Pubblica amministrazione.
Negli anni scorsi, la crisi di fiducia nei confronti della Pubblica amministrazione ha talvolta generato tendenze legislative dirette a svuotare di contenuto la discrezionalità, sostituendola con precetti normativi sempre più puntuali, talvolta non coordinati tra loro.
I funzionari – nel timore di incorrere in responsabilità amministrative, civili, contabili e penali – hanno in più occasioni assecondato questa tendenza normativa, chiudendosi in quello che è stato icasticamente definito lo ‘sciopero della firma’.
La discrezionalità, vero organo respiratorio del sistema amministrativo, è stata troppo spesso percepita come un fattore di rischio criminogeno.
Invece, essa è un fondamentale strumento di governo per effettuare scelte politiche e valutazioni volte al migliore perseguimento dell’interesse pubblico, perché, se alcune fasi procedimentali possono essere standardizzate, il più delle volte la disposizione generale ed astratta non è in grado di cogliere la complessità e le sfumature della realtà.

La semplificazione è un obiettivo fondamentale da raggiungere, ma non deve in alcun modo incidere sulla capacità di scelta della Pubblica amministrazione e sulla assunzione delle relative responsabilità.
La recente legislazione, in coerenza con la normativa europea, sta ampliando gli spazi di scelta dell’Amministrazione e, in più occasioni, la Corte Costituzionale ha definito la discrezionalità quale componente necessaria per affrontare in modo efficace le problematiche più complesse.
E anche lo schema del Codice dei contratti pubblici, trasmesso al Governo da poche settimane dalla Commissione istituita presso il Consiglio di Stato e di cui si dirà più avanti, sin dalle sue disposizioni di principio, ha inteso dare il segnale di un cambiamento profondo, per valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici, fermi restando i principi sanciti dagli articoli 28, 54 e 97 della Costituzione.
A questi fini, lo schema del Codice ha enunciato il risultato quale criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto ed ha messo al centro dell’azione pubblica la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle Pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici.
La fiducia va però meritata: gli operatori economici e le Amministrazioni non la devono dare per scontata.
Oggi l’Amministrazione si apre verso nuove frontiere.
La discrezionalità è spesso supportata da scelte basate sull’intelligenza artificiale, che crea problemi nuovi e delicati, già affrontati dal Giudice amministrativo.
Una discrezionalità di questo genere presuppone un rigoroso rispetto del principio del giusto procedimento e in particolare dell’obbligo di adeguata motivazione, che consenta la ricostruzione dell’iter decisionale, potendosi altrimenti riscontrare l’illegittimità dell’atto.
Essa deve essere poi sottoposta, da parte del giudice, ad un rigoroso controllo che si basi su un pieno accesso al fatto, come consentito dal Codice del processo amministrativo, ma che sia al tempo stesso rispettoso della motivata scelta politica.
Trovare il punto di equilibrio tra queste esigenze, stando al passo con la modernità, sarà la sfida più importante per il futuro della Giustizia amministrativa.

Più in generale, a noi Magistrati amministrativi è chiesto un impegno forte per rendere la Giustizia uno strumento sempre efficace per la tutela dei diritti, affinché nel rispetto della legalità vi siano ricchezza e sviluppo.
È indispensabile anzitutto che la giurisprudenza amministrativa sia stabile e raggiunga una uniformità di giudizi, senza per questo eliminare il naturale dibattito che è fonte di evoluzione del diritto, in modo da orientare l’Amministrazione, i cittadini e le imprese con i loro investimenti.
In questo senso determinante è il ruolo nomofilattico che l’ordinamento attribuisce al Consiglio di Stato ed in particolare alla sua Adunanza Plenaria.
È fondamentale inoltre il dialogo con la Corte di Giustizia e con la Corte europea dei diritti dell’uomo: il diritto sovranazionale ha impregnato di sé anche il diritto amministrativo e i giudici nazionali devono conoscerlo profondamente e darvi attuazione senza temere, ove sia necessario, di ribaltare orientamenti consolidatisi nel tempo.

Sotto tale profilo, i Magistrati e le Amministrazioni devono essere consapevoli che anche le più consolidate regole del nostro ordinamento impongono un rigoroso esame sulla loro compatibilità con il diritto europeo e con la giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo.
È fondamentale, poi, un costante dialogo con tutte le Corti supreme degli altri Paesi.
Pure per questa ragione, proseguirà nel corso della mia presidenza una intensa attività della Giustizia amministrativa, sia all’interno delle Associazioni europee e mondiali di cui essa fa parte (ACA-Europe – Associazione delle Corti Supreme dei Paesi della UE; AIHJA – Associazione Internazionale delle Alte Giurisdizioni Amministrative ed ENCJ – Associazione Europea degli Organi di Autogoverno della Magistratura), sia nell’ambito di rapporti bilaterali.

Affinché le pronunce di giustizia siano effettive, e ciò rileva soprattutto per le pronunce della Magistratura amministrativa, esse devono essere chiare, tempestive e di agevole esecuzione.
Occorre innanzitutto uno sforzo di chiarezza. Le nostre decisioni sono date in nome del Popolo e si rivolgono essenzialmente alla Pubblica amministrazione e a quanti entrano in contatto con essa.
Un linguaggio chiaro e un argomentare sintetico, che facciano capire con immediatezza le ragioni della decisione, saranno in grado di tracciare le linee interpretative di indirizzo, ponendo in tal modo le basi per una applicazione giusta ed eguale delle regole per tutti i consociati.
In questo senso è importante sottolineare il ruolo che il Giudice amministrativo ha sempre svolto per la Pubblica amministrazione.
Il Giudice amministrativo non valuta solo fatti del passato, ma si rivolge al futuro per orientare con le sue sentenze la successiva attività dell’Amministrazione, pur se nel rigoroso rispetto delle prerogative degli altri Poteri dello Stato, disegnate dalla Carta costituzionale.
Più le nostre decisioni saranno linguisticamente alla portata di tutti, più il Giudice amministrativo sarà inteso non come un giudice lontano, ma come il giudice di ogni parte in lite.

Nello scrivere una sentenza, dovremo sempre metterci alla prova e chiederci se la nostra decisione avrà bisogno di essere ‘interpretata e spiegata’ dall’avvocato al cliente: soltanto se la risposta sarà negativa, potremo ritenerci soddisfatti e certi di avere parlato alla Pubblica amministrazione e alle altre parti del giudizio.

Fondamentale per il raggiungimento di questo obiettivo è l’impegno comune, dei Magistrati e degli Avvocati, di attenersi alle regole sulla sinteticità degli atti e sul dovere di leale collaborazione nel processo.
Significativo, sotto questo profilo, è il ruolo svolto dall’Ufficio studi e dall’Ufficio del massimario; il primo con l’attività di formazione – che si aggiunge a quella di redazione di pareri su rilevanti questioni – rivolta ai Magistrati, il secondo con le segnalazioni delle sentenze più importanti che, pubblicate sul sito istituzionale della Giustizia amministrativa, consentono di far conoscere la nostra giurisprudenza non soltanto ai cultori della materia, ma a tutti i cittadini.
Per quanto riguarda la tempestività delle pronunce dei Magistrati amministrativi, non posso che segnalare come il vigente Codice del processo amministrativo consenta già la più rapida definizione dei giudizi, talvolta anche con l’emanazione di una sentenza all’esito della fase cautelare.
Non occorrono dunque particolari riforme delle regole processuali.
Tuttavia, una ulteriore accelerazione dei giudizi, senza alcun onere per la finanza pubblica, si potrebbe ottenere con una riforma che meglio chiarisca i criteri di riparto della giurisdizione.

C’è un ultimo punto nodale per rendere più forte la nostra funzione ed è un punto a cui tengo particolarmente: l’unità della Magistratura amministrativa.
Gens una sumus.
Indiscutibile è la specificità dei Magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato.
La diversità di accesso e le differenti funzioni loro attribuite dalla Costituzione devono costituire ragioni di confronto e di arricchimento, giammai di divisione.
La divisione indebolisce i Magistrati amministrativi e indebolisce la funzione che la Costituzione assegna loro.
Un ruolo fondamentale assume, in questo senso, il Consiglio di Presidenza della Giustizia amministrativa, i cui membri laici, oltre a rappresentare la società civile, possono dare un contributo essenziale per ricondurre ad unità le diversità esistenti.
È necessario che i rapporti tra i Magistrati della Giustizia amministrativa si basino sempre sulla massima correttezza e che le proposte di riforma non siano iniziative estemporanee, ma il frutto di dibattiti pur accesi, ma sempre leali.
Solo in questo modo possiamo fornire il nostro contributo alle Istituzioni repubblicane per traghettare l’Italia fuori da questo periodo di crisi, che ha toccato direttamente la vita, la salute e la libertà delle persone.
In questi ultimi anni, l’intervento dello Stato non ha riguardato soltanto il rilancio del sistema economico, ma ha avuto altresì ad oggetto la tutela della salute pubblica. La gravità della pandemia ha imposto misure eccezionali, che hanno inciso sui diritti fondamentali dell’individuo.
Anche in questa fase, il Giudice amministrativo è stato attento a salvaguardare la legittimità dell’azione amministrativa, dimostrando di ben valutare e soppesare il delicato bilanciamento tra la tutela del bene supremo della salute pubblica e la salvaguardia dei diritti individuali. Ogni sforzo è stato profuso per dare un’interpretazione adeguata ed un’applicazione uniforme della legislazione dell’emergenza.
È così tornato centrale il tema dei diritti fondamentali e dei rapporti con gli altri diritti individuali, fondamentali e non, e con gli interessi della collettività.
Anni fa ho avuto modo di affermare che esistono gli interessi legittimi fondamentali e che garante di questi è il Giudice amministrativo, dotato dal Codice del processo amministrativo di poteri di sindacato molto ampi, tali da garantire piena, rapida ed effettiva tutela giurisdizionale.
In altre parole, oltre ai diritti fondamentali ed incondizionati di prima generazione, esistono diritti fondamentali o sociali di seconda generazione, connessi a prestazioni e a bisogni essenziali, oppure oggetto di valutazione e di bilanciamento da parte di Autorità pubbliche.
A tale riguardo, come ho già osservato, è compito del Giudice amministrativo garantire che, nelle materie di sua competenza, l’azione amministrativa non incida oltre quanto risulti indispensabile su diritti e libertà fondamentali.

Il grave periodo di crisi attraversato dal nostro Paese e gli obiettivi fissati dal P.N.R.R. hanno aperto una importante stagione di riforme.
Il Consiglio di Stato ha dato il suo contributo sia con i numerosi pareri resi dalla Sezione per gli atti normativi, sia con i testi elaborati dalle Commissioni speciali di volta in volta incaricate di redigerli.
Va qui ricordato lo sforzo compiuto dalla Commissione istituita per redigere la bozza del nuovo Codice dei contratti pubblici, bozza che è stata elaborata e trasmessa al Governo in pochi mesi. La Commissione è stata composta, oltre che da Magistrati amministrativi, ordinari e contabili, anche da professori universitari, funzionari della Banca d’Italia, economisti, ingegneri e da un accademico della Crusca, per far sì che la riforma potesse rispondere alle concrete esigenze delle Amministrazioni e degli operatori economici.
Manifesto sin da ora la piena disponibilità a proseguire il rapporto di leale collaborazione con il Governo, sia nelle funzioni di consulenza giuridico-amministrativa previste dall’art. 100, primo comma, della Costituzione, sia attraverso l’apporto dato dai Giudici amministrativi al Governo nelle strutture di vertice della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri.
Colgo l’occasione, Onorevole Presidente del Consiglio, per segnalare la possibilità di affidare al Consiglio di Stato il compito di redigere uno schema di Codice dell’azione amministrativa, che raggiunga obiettivi di reale semplificazione, anche coordinando le disposizioni sui procedimenti amministrativi, sparse nell’ordinamento.

La Giustizia amministrativa ha svolto le funzioni attribuite dalla Costituzione, non solo curando la qualità delle decisioni, ma anche incrementando progressivamente il numero delle controversie definite.
Sotto tale ultimo profilo nel 2022 è stato abbattuto in modo consistente l’arretrato anche per conseguire gli obiettivi fissati dal P.N.R.R.
Per ottenere questi risultati, l’attività istituzionale della Giustizia amministrativa è stata resa oggetto di incisive misure di riorganizzazione.
Nel 2022 sono stati raggiunti significativi traguardi, grazie ad alcune novelle legislative ed al rafforzamento dell’Ufficio per il processo, con l’importante ruolo di supporto degli assistenti giudiziari assunti con i fondi del P.N.R.R.
Si è assistito, infatti, ad una sensibile diminuzione delle pendenze rispetto al 2021: presso le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, tale diminuzione al 31 dicembre 2022 è stata pari al 21,6%, il che ha consentito di raggiungere l’obiettivo intermedio previsto dal P.N.R.R.
L’attività di smaltimento dell’arretrato è stata realizzata anche con gli strumenti ‘ordinari’ previsti dal Codice del processo amministrativo, utilizzando modalità organizzative del tutto nuove.

Il preliminare studio dei fascicoli pendenti da parte dei funzionari dell’Ufficio per il processo, con la guida dei Magistrati coordinatori, ha permesso l’individuazione di una serie di cause aventi ad oggetto questioni controverse simili e quelle di più agevole definizione.
In tal modo, l’abnegazione e lo spirito di servizio di alcuni Colleghi e di alcuni dipendenti hanno consentito di decidere in ogni udienza ordinaria fino a 200 controversie ulteriori, rispetto a quelle previste dalle regole vigenti.

Per far ciò, i fascicoli sono stati divisi sulla base di criteri di raggruppamento incrociati, che hanno consentito trattazioni congiunte.
Così, ad esempio, la Terza Sezione ha smaltito nel 2022 quasi un migliaio di cause in più rispetto all’ordinario e già pesante contenzioso dell’anno, con il sostanziale azzeramento dell’arretrato in materie di delicato impatto sociale, quali l’immigrazione e la sicurezza.
Ciò è avvenuto senza sacrificare il contraddittorio tra le parti e l’analisi approfondita delle cause, come testimoniano le ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale e all’Adunanza Plenaria in tema di tutela di diritti fondamentali in materia di estradizione e immigrazione.
La riduzione dell’arretrato ha caratterizzato anche i Tribunali Amministrativi Regionali, presso i quali le pendenze sono diminuite al 31 dicembre 2022 del 12,1%.

Il raggiungimento di questi risultati si deve allo sforzo dei Magistrati e del personale amministrativo, ai quali tutti desidero esprimere il mio personale ringraziamento.
Va rilevato come negli ultimi anni il Legislatore ha riformato il processo amministrativo con misure volte ad accelerare la definizione del contenzioso in alcune specifiche materie, quali gli appalti.
Basti pensare, da ultimo, alle misure introdotte per i processi amministrativi che hanno ad oggetto questioni legate al P.N.R.R.
Nei processi in materia di appalti pubblici, dove sensibile è la contrazione dei tempi processuali, la durata media di un giudizio è di 111 giorni in primo grado e 159 giorni in appello.
Ma vorrei rimarcare che i tempi sono contenuti anche nelle altre materie, per le quali non sono state introdotte disposizioni speciali.
In media, un ricorso in materia di immigrazione è definito in 95 giorni in primo grado e 195 giorni in appello; in tema di lotta alla criminalità organizzata (ad esempio in caso di impugnazione di misure interdittive), il giudizio è definito, in media, dal Tar in 130 giorni e in secondo grado in 142 giorni; in materia edilizia (ad esempio in caso di impugnazione del diniego di rilascio del permesso di costruire), in 114 giorni in primo grado e 190 giorni in secondo grado.

Questi tempi risultano in linea o addirittura inferiori alla media europea.
Ritengo, pertanto, che non siano necessarie ulteriori riforme processuali che incidano sul contraddittorio tra le parti, rischiando altrimenti di ledere il diritto alla difesa, garantito dagli articoli 24 e 111 della Costituzione.
È mia intenzione, comunque, adottare presso le Segreterie degli Uffici giudiziari misure organizzative che, grazie anche all’informatica, riducano ulteriormente i tempi dei processi, nonché promuovere l’indizione di nuovi concorsi per l’accesso ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, con l’auspicio che sia possibile anche ottenere un aumento degli organici.

Una Giustizia amministrativa al passo con i tempi non può che avere un apparato amministrativo moderno.
I Giudici, per esercitare le proprie funzioni, hanno bisogno del qualificato apporto del personale amministrativo. Per questo, anche in considerazione della prossima attivazione di ulteriori Sezioni presso alcuni Tribunali amministrativi regionali, il Segretariato generale ha avviato una intensa politica assunzionale e di rinnovamento delle infrastrutture tecnologiche, quest’ultimo sotto la regia del Servizio per l’Informatica.
Sotto il profilo delle risorse umane, sono stati banditi i concorsi che hanno consentito di assumere numerosi dirigenti, funzionari e assistenti in poco più di cinque mesi, per colmare le vacanze degli organici.

Inoltre, si è realizzato un rafforzamento delle competenze e degli assetti ordinamentali, attraverso l’attuazione del nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021.
Gli schemi adottati dal Segretariato sono stati utilizzati da altre Amministrazioni.
La nostra Istituzione è così un punto di riferimento anche quando esercita l’attività amministrativa e non soltanto quella giurisdizionale.
Nonostante questi risultati lusinghieri, credo che possiamo pretendere ancora di più da noi stessi ed è per questo che ho intenzione di chiedere al Segretario generale della Giustizia amministrativa di avviare una organica riorganizzazione delle strutture amministrative.

Anche quest’anno il Giudice amministrativo non si è quindi sottratto alle sfide che ha imposto la trasformazione del ruolo dello Stato, cui ho fatto cenno.
Il Giudice amministrativo non è stato solo il Giudice dell’economia o del rapporto tra privato e Pubblica amministrazione, ma è stato anche il Giudice della complessità tutte le volte in cui nel diritto ambientale o sanitario ha deciso complesse questioni relative alle nuove frontiere del sapere.
È stato il Giudice che ha risolto le controversie tra le Amministrazioni contitolari di poteri nella medesima materia.
È stato il Giudice della legislazione dell’emergenza con riferimento alle misure sanitarie adottate per fronteggiare la pandemia.
È stato sempre più il Giudice dei diritti fondamentali, in tutti i campi di giurisdizione esclusiva e, in particolare, in tema di diritto alla salute o all’ambiente salubre e in tema di diritti delle persone con disabilità e dei più deboli.
È stato il Giudice dei consumatori e degli investitori, delle regole dello sviluppo tecnologico, come è avvenuto nelle numerose cause che hanno avuto ad oggetto il sistema delle telecomunicazioni o gli algoritmi usati dalle Pubbliche amministrazioni.
È stato il Giudice della tutela dei beni culturali e paesaggistici, del territorio e dello sviluppo sostenibile.
È stato il Giudice che ha garantito il rispetto della normativa nazionale e sovranazionale in tema di immigrazione e di integrazione degli stranieri nel tessuto economico sociale del Paese.
È stato, soprattutto, il Giudice della legalità e del contrasto all’infiltrazione criminale nell’apparato burocratico e nel mercato. Basti pensare al riguardo alla copiosa giurisprudenza in tema di interdittive antimafia e di scioglimento dei Consigli comunali.

Nell’avviarmi alle conclusioni, voglio soffermarmi proprio sul ruolo del Giudice amministrativo come giudice della legalità.
Per me questo punto è cruciale.
Dal 1831, quando l’Editto di Carlo Alberto ha istituito il Consiglio di Stato, la Giustizia amministrativa ha via via mutato il suo volto per adeguarsi ai cambiamenti dell’economia e della società.
Il tratto sempre costante – sia in sede consultiva che in sede giurisdizionale – è stato però quello di porsi come baluardo della legalità nella Pubblica amministrazione e nel mercato.

Sento con forza che questo è l’in sé dell’essere Magistrato e dell’essere Magistrato amministrativo in particolare.
Nella mia storia personale ho fatto dell’impegno per la legalità il mio faro. Sulla linea già segnata dal mio caro Amico e predecessore, il Presidente Franco Frattini, pretenderò che ogni risorsa della Giustizia amministrativa sia orientata a garantire la legalità dell’azione amministrativa e a rendere la legalità la via più sicura per lo sviluppo economico del Paese. In questi anni di mia presidenza, inoltre, non solo continuerò a far celebrare a Palazzo Spada la giornata della legalità, ma personalmente mi incontrerò con gli studenti per parlare di legalità come strumento di realizzazione personale in una società più sicura, più inclusiva, più giusta. Ed ai giovani Magistrati amministrativi voglio rivolgermi in chiusura perché sia stretto tra tutti noi un patto generazionale che renda la Giustizia amministrativa forte, unita e pronta a rispondere alle sfide del futuro, a garanzia della Costituzione e al servizio del Paese. Signor Presidente della Repubblica, con questi impegni e con questi auspici, che ci guideranno nell’esercizio dell’attività consultiva e giurisdizionale, dichiaro aperto l’anno giudiziario.

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